Ci sono giorni in cui succede qualcosa di mai visto prima, e quei giorni rimangono indelebili nella memoria, con un ricordo preciso di dove eri, cosa facevi, come hai reagito quando quel qualcosa è successo.
Per me, 9/11/01 nella versione americana o il 9 settembre 2001 è uno di quei giorni.
Ero a casa in maternità, mia figlia sarebbe nata con un cesareo programmato due settimane dopo. Il mio ex marito era a casa con me, non ricordo se in ferie o perché non lavorava. Era una giornata di sole, e per qualche strano motivo quel giorno non stavamo guardando la televisione. Arriva la telefonata della mia ex cognata, che chiede se avevamo la TV accesa. Alla risposta negativa, ci esorta ad accenderla: e così vediamo immediatamente cosa è successo, le torri erano appena state attaccate.
Anche a New York quella mattina era una splendida giornata di sole, e la giornata lavorativa per molti era appena all’inizio. Oppure c’è chi aveva preso l’aereo per una vacanza o viaggio di lavoro o altro. Una giornata iniziata come le altre che presto diventa una giornata che sarà per sempre diversa dalle altre, in un modo così drammatico.
Nel 2001 internet ed i social media non erano così potenti come oggi, quindi era la TV a rimandarci le immagini dell’impensabile che stava succedendo. Il crollo delle torri resta un’immagine alla quale non si voleva/poteva credere. Ricordo benissimo lo sgomento provato, quando subito Bush, l’allora presidente, dichiarò guerra al terrorismo, ed io mi sentii così spaventata: mi alzai, e rimasi a guardare fuori dalla finestra, pensando a come sarebbe cambiato il mondo, e in quale mondo stava per nascere mia figlia.
All’epoca un mio ex collega italiano lavorava a New York vicino alle torri: dopo qualche giorno di incertezza, ebbi la notizia che lui non era stato coinvolto. Purtroppo per tantissime famiglie americane e non solo il passare dei giorni portò loro solo la certezza che i loro cari non sarebbero più tornati. Così per le famiglie dei passeggeri degli aerei coinvolti, così come le vittime al Pentagono.
Le Twin Towers erano, insieme alla Statua della Libertà, il simbolo di New York, protagoniste di migliaia di cartoline, foto, e tanti film. Spiccavano altissime, e per chi – come me – ha avuto la possibilità di salire in cima, la vista di New York era mozzafiato. Ricordo gli ascensori, velocissimi, che ti portavano fino in cima, ed il forte vento.
Al loro posto la città di New York ha costruito due memorial, che io ho recentemente avuto la possibilità di visitare. Si tratta di due grosse fontane, dove l’acqua scorre verso il basso; entrambe hanno un vuoto al centro. Tutto intorno, su lastre di metallo, sono incisi i nomi delle vittime; per i soccorritori, sono raggruppati in base al corpo di appartenenza. Durante il tour guidato ho appreso che il senso dell’acqua è per ammortizzare i rumori della città che circonda la piazza, ed è proprio così. Il traffico non si sente. Il vuoto nel mezzo delle fontane rappresenta il vuoto lasciato da chi perse la vita. Le lastre sono trattate in modo che sono fredde d’estate e calde d’inverno, con i nomi che di sera sono illuminati. E per ogni compleanno delle vittime, lo staff del memorial poggia una rosa sul nome per ricordare. Rimane anche un albero originale della piazza, a rappresentare la vita che va avanti.
Accanto al memorial c’è anche il museo, tutto sotterraneo. Il tour autoguidato, con le cuffiette, ha la voce di Robert de Niro nella versione originale. Nel museo si trova un veicolo dei pompieri, semi distrutto; parti del grattacielo; e molto di più. La sala che per me è stata la più straziante è quella che racchiude le foto di tutte le vittime di quel giorno: 4 pareti tappezzate di persone, uomini e donne, di ogni razza, credo, nazionalità. Ci sono dei monitor sui quali, cliccando su una foto, compare una biografia della persona scomparsa. Ci sono ricordi personali di alcune delle vittime. All’interno della sala ne esiste un’altra, senza porte, con delle panche sistemate lungo le pareti. Qui le vittime vengono “presentate”: prima il nome, seguito dalla data di nascita e morte, una breve biografia, e per alcuni un messaggio registrato dai famigliari, un breve ricordo delle vittime. Porterò con me a lungo le sensazioni provate al memorial ed al museo.
Tutto intorno, il World Trade Center sta rinascendo: una torre è già stata completata, e spicca altissima. Le altre sono in via di costruzione. Al momento, intorno al memorial ed al museo, è tutto un grande cantiere: simbolo della vita che va avanti, che non si piega a chi vuole solo portare terrore.
Per me, la visita al World Trade Center memorial e museum è stata la prima tappa, dovuta, del mio recente soggiorno a New York: un segno di rispetto per chi quel giorno non è più tornato a casa, ed i cui resti non sono mai stati ritrovati, polvere nella polvere.
La data del 9/11 è per me indimenticabile, più di altre altrettanto importante. E’ legata alla nascita di mia figlia, e precede ogni suo compleanno; soprattutto rappresenta l’imprevedibilità della vita, di una giornata iniziata come altre e cambiata per sempre, della vita che deve continuare.
Non dimentichiamo.
Chi sono