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Aborto e contraccezione nel mondo

di Cinzia Gallastroni
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Aborto e contraccezione nel mondo

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Nel precedente articolo si è parlato di aborto e contraccezione in alcuni Paesi europei; ma come funziona nel resto del mondo? Oggi lasciamo l’Europa per andare a scoprire come altri Stati affrontano questa spinosa tematica.

La contraccezione in Argentina

In Argentina il sistema sanitario è gratuito e universale, con l’aggiunta della mutualità privata per categorie di lavoratori (vedi il nostro sistema prima della riforma del 1978) e di polizze assicurative individuali.
La pillola contraccettiva è gratuita se comprata con una ricetta di un medico di una obra social o di un’assicurazione. Con ricetta di medico privato la paghi a prezzo intero; senza ricetta, nella mia esperienza a Buenos Aires, te la vendono senza problemi.
La pillola del giorno dopo è gratuita in tutti gli ospedali e consultori dello stato (per argentine e straniere con e senza permesso di soggiorno); gratuita in farmacia con ricetta della obra social, a pagamento con ricetta del medico privato. Sempre a Buenos Aires viene venduta anche senza ricetta.

L’aborto in Argentina

In Argentina l’aborto è vietato salvo che la gravidanza non metta a rischio la salute fisica (esclusivamente fisica) della donna. Esiste però un protocollo che consente l’aborto se la gravidanza è il risultato di uno stupro (non serve denuncia né visita medica per accertarlo, basta una dichiarazione della donna): tuttavia il protocollo è applicato male o non applicato nelle diverse province federali e anche negli ospedali di una stessa città.
Gli aborti clandestini sono molto numerosi e le complicanze colpiscono soprattutto le donne povere, che non possono ricorrere a cliniche private che garantiscano discrezione e sicurezza.
Nel 2018 una legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’aborto, sul modello della normativa italiana ed europea, ha superato l’esame della Camera dei Deputati ma non del Senato. Il governo attuale aveva annunciato l’intenzione di presentare un disegno di legge in tal senso, ma la pandemia ha bloccato tutto.

L’aborto in Cina

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Dall’intervista a Reggie Littlejohn, presidente di Women’s Rights Without Frontiers si deduce che molti, tutt’ora, sono gli aborti forzati.
Si contano circa 23 milioni gli aborti all’anno in Cina. A provarlo è un rapporto del Dipartimento di stato americano, uscito questo mese, che spiega: “La Commissione per la salute della popolazione nazionale e la pianificazione delle famiglie cinese ha calcolato che 13 milioni di donne abortiscono ogni anno.”
Non ci sono stati grandi cambiamenti dopo l’abolizione della politica del figlio unico da parte del partito comunista. Continuano gli aborti forzati, quelli selettivi delle femmine e la sterilizzazione forzata. L’attivista cieco Chen Guangcheng lo ha scritto in un suo tweet: “Non c’è nulla di cui essere contenti. Prima il partito comunista uccideva ogni bambino nato dopo il primogenito. Ora ucciderà tutti quelli concepiti dopo i primi due”. Il motivo di questo cambiamento è demografico, lo scopo è bilanciare la popolazione e affrontare la sfida di quella che invecchia.
Dopo l’annuncio della fine della politica del “figlio unico”, il viceministro della Salute e della pianificazione familiare ha detto: «La Cina non abbandonerà le restrizioni sulla pianificazione familiare».  Attraverso i procedimenti impossibili per ottenere “il permesso di nascita”, gli informatori pagati dallo Stato per controllare le donne e le ecografie obbligatorie per verificare che la spirale contraccettiva sia al suo posto. Il problema cruciale è che tutt’ora si impone un limite alle nascite.

Come avvengono gli aborti forzati e che conseguenze hanno sulle donne?

Gli aborti forzati sono molto violenti e spesso sono causa di morti o di suicidi generati in seguito all’impazzire della donna.
Secondo uno studio del 2009 pubblicato dal British Medical Journal in nove province sono nati 160 secondogeniti maschi ogni 100 femmine. In altre due erano 190 su 100. A causa di questo femminicidio si conta un altissimo dislivello tra popolazione maschile e femminile, si presuppone che 37 milioni di maschi cinesi potrebbero rimanere single a vita. Questo squilibrio è una potente forza motrice della tratta delle donne e della schiavitù sessuale. Non solo in Cina, ma anche nelle nazioni vicine.

Il governo comunista porrà termine alla violenza?

Probabilmente il partito comunista cinese non abbandonerà mai questi metodi. La politica del “figlio unico” fu istituita nel 1979 in risposta alla crescita della popolazione. Oggi, come allora, sebbene il tasso sia sceso a livelli preoccupanti, il potere sulle famiglie resta comunque nelle mani di un partito che governa attraverso il terrore intrinseco alla logica comunista.
– Negli ospedali pubblici, i medici non sono tenuti a dire il sesso del bambino, così da evitare una “preferenza” da parte delle famiglie.
– Gli ospedali privati possono dire se si è in attesa di un bambino o una bambina. Le donne gravide si recano spesso a Hong Kong per partorire, così da far ottenere al bambino la cittadinanza. Devono però camuffare la pancia, è rischioso per loro partorire lì perché potendo ottenere la carta honghina spesso viene vietato il transito al border.
– Ultimo ma non meno importante da menzionare lo scandalo della pillola abortiva “Baby kaput”, prodotta a Pechino. Ha causato numerose emorragie. Le pillole sono tuttora vendute su internet.

La contraccezione in Giappone

In Giappone la legalizzazione della pillola contraccettiva è avvenuta solo nel 1999, fino ad allora esisteva ma era un’opzione solo per problemi di salute, non come contraccettivo.
Oggi è previsto un check up con un dottore e in certi casi diventa obbligatorio per rinnovare la prescrizione ogni 3 mesi. Le visite a volte sono coperte dall’assicurazione sanitaria, ma le pillole non lo sono (costo mensile 16,50€ > 25€).
La loro popolarità oggi non è allo stesso livello dell’occidente o anche di altri paesi asiatici. Infatti una ricerca del World Contraceptive Use ha rivelato che nel 2005 il contraccettivo più usato era il preservativo maschile (40%) mentre le pillole contraccettive occupavano appena l’1%. Altri metodi a base di ormoni, spugne o anelli sono molto meno popolari e alcune marche non sono nemmeno in vendita in Giappone.
Altri metodi come spermicidi, preservativi femminili e spirale sono reperibili: il costo per la spirale e l’applicazione varia tra i 50.000 e i 75.000 yen (413€ > 620€).
Per la pillola del giorno serve la prescrizione e il suo prezzo varia tra i 6.000 e i 20.000 yen (50€ > 165€), ma non è venduta in farmacia: viene data da alcune cliniche, conviene quindi chiamare per essere sicure che abbiano quello di cui si ha bisogno. Esistono due sole marche di pillola del giorno dopo nel paese e una di queste è stata approvata solo nel 2011!

L’aborto in Giappone

Secondo la legge del codice penale giapponese del 1948 l’interruzione di gravidanza (妊娠中絶 ninshin chusetsu) è illegale, ma di fatto le eccezioni a questa legge sono ampie a sufficienza da renderla praticabile.
Solo un dottore certificato può praticare l’interruzione di gravidanza ed essa è legale in questi casi:
– crimine sessuale (come violenza o incesto);
– la madre o il padre soffrono di malattia ereditaria o malattia mentale;
– un parente fino al quarto grado ha sofferto di data malattia;
– uno dei genitori è affetto da lebbra;
– la salute della madre può essere compromessa per motivazioni fisiche, economiche o sociali.
Ed è questo ultimo punto in particolare a lasciare più ampia interpretazione per l’applicazione della legge.
A questo punto la possibilità di interruzione dipende da altri fattori:
-C’è bisogno di un consenso scritto della madre e del padre del bambino (quella del padre può essere omessa nel caso in cui sia morto, non sia presente o se la gravidanza è frutto di violenza sessuale). Non sembra venga fatto alcun controllo sulla paternità, quindi in realtà se non si vuole coinvolgere il padre basterebbe chiedere ad un amico di firmare.
Abortire è possibile senza troppi problemi nel primo trimestre, mentre nel secondo trimestre è possibile solo se c’è un serio pericolo di salute.
L’operazione non è coperta dall’assicurazione sanitaria nazionale.
Inoltre è bene sapere che in Giappone le tempistiche sono calcolate in maniera leggermente diversa dato che la gravidanza viene ritenuta di 10 mesi e non 9:
Trimestre iniziale 妊娠初期
0 – 15 settimane (1 – 4 mesi)
Praticata in day hospital
Costi tra i 100.000 e i 200.000 yen (827€ > 1.650€)
Trimestre di mezzo 妊娠中期
16 – 28 settimane (5 – 7 mesi)
Richiede alcuni giorni di ricovero
Costi variabili a seconda dell’età del feto tra i 200.000 e i 500.000 yen (1.650€ > 5.000€) + i costi dell’accettazione nella struttura.
La clinica è obbligata ad emettere un certificato di morte, avvengono le procedure di cremazione e un opzionale collocamento al cimitero se lo si vuole.
Trimestre finale 妊娠後期
28 – 40 settimane (8 – 10 mesi)
Non è possibile operare
Nessuna interruzione di gravidanza “chimica” (ad esempio la pillola abortiva) è legale, quindi è possibile attuarla solo tramite operazione chirurgica.
Dati e numeri da http://www.johnstonsarchive.net/policy/abortion/ab-japan.html e dal testo originale delle leggi

                                                                                                                                                                           

L’aborto in Indonesia                                                                                                                                                                           

bambino-indonesia 

Contraccezione e aborto in Indonesia: un argomento delicato e spinoso. Il sesso prematrimoniale è stigmatizzato e questo costringe milioni di donne non sposate a rivolgersi a un mercato nero non regolamentato, a volte pericoloso, per acquistare la pillola anticoncezionale o altri strumenti per il controllo delle nascite (a parte i preservativi che sono in vendita in quasi tutti i supermarket).

L’educazione sessuale è limitata, l’aborto è illegale salvo casi eccezionali di pericolo per la partoriente o per stupro ed è quindi praticato di nascosto. Per praticare l’aborto legalmente occorre una prescrizione da un medico certificato. Ma la maggior parte dei medici si rifiuteranno di prescriverti il ​​controllo delle nascite se non sei sposato.

Perché è così difficile?

A causa del modo in cui sono scritte le leggi.
Il Consiglio di pianificazione familiare indonesiana (BKBBN) ha stabilito che solo le coppie sposate fertili dovrebbero avere accesso al controllo delle nascite. Ma il BKBBN ha anche affermato che non raccomanda il controllo delle nascite per le persone non sposate.

L’attuale legge indonesiana sull’aborto si basa su un disegno di legge nazionale approvato nel 1992. L’aborto viene consentito solo se la donna fornisce conferma da un medico che la sua gravidanza è un pericolo per la vita, una lettera di consenso di suo marito o di un suo familiare, un risultato positivo del test di gravidanza e una dichiarazione che garantisce che in seguito praticherà la contraccezione.

Quindi cosa dovrebbero fare le donne non sposate?

Il problema inizia dalla scarsa educazione sessuale praticata a scuola e negli ambienti familiari. Agli studenti viene insegnata l’astinenza prematrimoniale ma dai sondaggi dalla Central Statistics Agency (BPS) si è evidenziato che il 20 % degli intervistati di età compresa tra 15 e 24 anni era già sessualmente attivo, ed erano solo coloro che hanno avuto il coraggio di ammetterlo. In teoria le donne non sposate dovrebbero praticare l’astinenza sessuale. Ma dalla teoria alla pratica… Cosa accade in realtà? Molte donne si rivolgono alle strutture, anche se non sposate.

A volte entrano già incinte. Nel sondaggio dalla Central Statistics Agency sei donne su dieci hanno ammesso di avere avuto una gravidanza indesiderata che hanno interrotto, con aborti non regolamentari. Un’alternativa praticata è quella di procurarsi un certificato di matrimonio falso. La maggior parte delle cliniche finanziate dal governo non scriverà una prescrizione senza prima aver visto un certificato di matrimonio. I medici temono che fornire alle giovani donne metodi anticoncezionali sia di fatto un avallo del sesso prematrimoniale. I preservativi sono prontamente disponibili e venduti da banco nella maggior parte dei negozi di alimentari, ma i giovani (uomini e donne) sono spesso troppo imbarazzati per comprarli. La società in generale associa ancora il sesso prematrimoniale all’immoralità e questo comporta che le giovani donne non si sottopongano neanche ai controlli del PAP test o HPV test per non dover rivelare al medico la propria storia sessuale.

La contraccezione in Indonesia                                                                                                                                                                      

Come contraccettivo, molte donne usano una puntura ormonale, la suntik kb, costa poco ed è accessibile quasi a tutti. Questo metodo contraccettivo ormonale contiene l’ormone progestinico, ma non contiene estrogeni. Questa contraccezione agisce impedendo il rilascio dell’uovo in modo che non ci sia fecondazione e copre per circa tre mesi, ma le donne che fanno questo trattamento si gonfiano come palloncini e accusano spesso effetti collaterali come: mal di testa, dolore al seno, sbalzi d’umore, nausea, perdita di capelli, riduzione del desiderio sessuale e comparsa di brufoli.

Quali sono le conseguenze?

Ogni anno in Indonesia milioni di donne rimangono incinte involontariamente e molte scelgono di interrompere la gravidanza clandestinamente con metodi non sicuri.
Sebbene non esistano prove attendibili, i ricercatori stimano circa due milioni di aborti all’anno con un tasso di mortalità che rappresenta il 14-16% di tutte le morti per parto nel sud-est asiatico.

E Bali?

Bali segue le regole dell’Indonesia ma con una variante. La maggior parte dei matrimoni avvengono con la sposa incinta. Questo perché gli uomini sono più motivati ad affrontare il matrimonio se la procreazione della specie è garantita.

                                                                                                                                                                              

L’ aborto a Mauritius                                                                                                                                                                                           

Nel 2012 il parlamento della repubblica di Mauritius si è finalmente espresso per depenalizzare i reati legati alla legge sull’aborto. Con questo voto storico e rivoluzionario la repubblica di Mauritius ha cambiato la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, infatti fino a quel momento la legislazione in materia portava la data del 1838 e la schiavitù era stata abolita da appena 3 anni. La proposta del nuovo governo accettata in massa dai parlamentari fu di legalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza nei 4 casi specifici:

– la donna non avesse compiuto 16 anni;

– la gravidanza risultasse essere frutto di una violenza sessuale;

– se ci fossero rischi reali per l’incolumità della donna o del bambino e se il feto fosse deforme.

Il tutto doveva avvenire entro la 14esima settimana di gravidanza.

Chiudendo definitivamente occhi e orecchie alla chiesa e non solo (buddismo, induismo, islam), seguendo una politica filoeuropea, Mauritius ha deciso di allinearsi in parte con la maggioranza degli stati del mondo. Questa vecchia legge, trascinata per oltre 174 anni, aveva fatto nascere un mondo illegale parallelo, un mercato clandestino di aborti gestito e controllato da cliniche private il cui medico, rischiando 30 anni di prigione e la chiusura della struttura, toglieva dall’imbarazzo tutti.

In altri casi le famiglie, con un semplice volo aereo di 30 minuti, atterravano all’isola di Réunion, territorio europeo dove l’aborto era legale da diversi anni.
Chi non aveva risorse economiche aveva una sola alternativa, l’aborto volontario fatto da soli spesso senza aiuto e con metodi e utensili caserecci. La certezza della pratica è dimostrata dalle decine di ragazze morte con un senso di vergogna assurdo e un peso troppo pesante da far sopportare alle famiglie.
La legge sull’aborto è entrata ufficialmente in vigore il 15/10/2012.

La contraccezione a Mauritius

A seguito della legge che legalizza l’aborto, anche la contraccezione è diventata legale, ad esclusione della pillola abortiva che continua ad essere vietata.

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