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L’anno del COVID in Marocco, tra addii e nuovi volti

di Veronica Mosticone

L’anno del COVID in Marocco, tra addii e nuovi volti

Giorno del trasloco. Cinque anni di Marocco in un furgoncino.

Dicembre 2019, la notizia: c’è un virus, è partito dalla Cina, è arrivato in Italia.

L’incertezza. Ma questo virus, cos’è? In Marocco si preannuncia il lockdown, ma ancora niente ufficiale. Gli aperitivi continuano a suon di playlist “Quarantena” e ridiamo dei tempi che verranno, ancora inconsci dei tempi duri che avremmo dovuto affrontare.

16 Marzo 2020: il confinamento è ufficiale anche in Marocco.

Il numero di contagi aumenta e con esso anche quello dei decessi. La paura. Frontiere chiuse, informazioni confuse sui voli di rimpatrio. A quali condizioni? Fino a quando saranno disponibili? Poi la dura decisione di restare a Rabat al posto di raggiungere la mia famiglia in Italia. Una scelta a cui si sono messi a confronto anche tutti  (o quasi) gli espatriati in Marocco. E così sono cominciati i primi arrivederci di persone che pensavano di partire giusto per un paio di mesi trasformatisi in un semestre, e gli addii di quelli che hanno fatto i conti con sé stessi e hanno capito che era giunto il momento di far su baracca e burattini, riempire la valigia con l’essenziale e dire addio ad anni da espatriato in Marocco.

Poi, un bel giorno, gli interminabili mesi di lockdown sono finiti.

Purtroppo con essi, non sono terminati gli addii. Anzi, sono arrivati i peggiori. Il primo? La mia coinquilina che dopo 3 anni di convivenza non posso che considerare come una grande amica, compagna di avventure e disavventure. Di lì la decisione di trasferirmi e di abitare sola.

Un mese dopo è un altro amico a lasciarci che, approfittando della riapertura delle frontiere, ha deciso di partire per inseguire i suoi sogni lontano dal suo paese di nascita.

Finalmente arriva l’estate e anche io riesco a prendere un volo e trascorrere un po’ di tempo con i miei cari. Tiro un sospiro di sollievo, rivedere familiari e amici anch’essi rientrati “a casa” fa bene.

Rientro in Marocco soffocando le lacrime all’aeroporto, anche se ormai ci avranno fatto l’abitudine a vedermi in coda al check-in piangendo (almeno questa volta il naso arrossato era ben nascosto!) e cercando i miei con lo sguardo finché non arriva il mio turno. Agosto in Italia è stato come scrivere l’ultima parola di una pagina per cominciare un nuovo capitolo.

Ricordo di una festa di addio

Non sapevo, però, che non ero arrivata alla fine del capitolo ma solo di un’altra pagina: la lista degli addii non era giunta ancora alla fine.

Prima dell’anno nuovo saranno altri due a dirci addio.

Non sono ancora pronta ad ulteriori saluti. Però c’è un però, uno bello.

Ed è che nonostante tutti gli scatoloni e gli imballaggi che ho visto fare, ho anche trovato qualcuno che la valigia l’ha disfatta. Qualcuno da “aiutare” a integrarsi in un paese nuovo in quest’anno burrascoso. Qualcuno con cui poter trascorrere le  feste  a Rabat.

Qualcuno che, per ora è troppo presto da poter chiamare amico, ma il futuro dovrà pur aver in serbo qualcosa di buono.

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