Arrivederci Essaouira
Dopo quattro anni, sto rimettendo tutta la mia vita in qualche scatola: il lavoro ci porta, questa volta, da Essaouira a Marrakech, dove apriremo il nostro secondo locale.
Un altro trasloco, un nuovo inizio ed un nuovo addio.
Essaouira mi è entrata nel cuore e nella carne con violenza.
Sono arrivata qui un po’ ingenua ed impaurita e, come tanti, inizialmente mi sono sentita estranea e quasi respinta dalla città stessa e dai suoi abitanti.
Tutto, in questa città, è eccessivo.
Il vento la scuote per i tre quarti dell’anno; a volte è una brezza leggera che rinfresca e pulisce, altre volte un vento prepotente che sbatte le finestre e porta la sabbia in giro per la città. Ogni tanto è una tempesta che rompe, urla e spinge.
Il sole sembra pallido dietro a qualche nuvoletta oppure si nasconde dentro l’aria fresca e ti sembra quasi che non ci sia; ma poi la sera ti accorgi che era lì ed ha lasciato le tracce: la pelle arsa, i brividi di freddo e il mal di testa.
La pioggia è quasi sempre inaspettata.
Ho imparato che nelle giornate in cui il vento arriva dal mare, il cielo – da chiaro e terso – d’improvviso si tinge di grigio, e in pochi minuti inizia un lungo temporale estivo.
Qualche volta nell’anno parte il tam tam dell’allerta, sui giornali, in tv, di bocca in bocca non si parla d’altro e nel giro di pochi giorni la natura fa sentire tutta la sua violenza.
Il sole sparisce: in alto solo nuvole scure, il vento spazza via tutto quello che si trova di fronte, porta il mare fino in mezzo alla strada, copre ogni rumore con i suoi forti boati, abbatte parabole e persiane. La pioggia sopraggiunge pesante da tutti i lati, entra dalle finestre e dai muri. Bagna, inonda, innaffia la terra pietrosa; solleva i tombini, sferza le case sul lungomare ed alza onde fino a sei metri d’altezza, sollevandole oltre i bastioni e i grandi pescherecci ormeggiati nel porto.
Se farete un giro per le stradine della medina rimarrete incantati dai suoi colori.
I muri delle case sono bianchi, le porte blu, le entrate dei negozi invase di tappeti tinti con i colori della terra, di scarpe e borse di cuoio, di sciarpine, coperte, occhiali, gioielli, ceramiche variopinte che creano un arcobaleno lungo tutto il percorso. Il cielo è di un azzurro così intenso che non si può non stare a guardarlo: ti ipnotizza e rende tutto ancora più bello, ed è quella cosa che quando parti ti manca di più.

passeggiando per il porto
Poi ci sono gli odori.
Le spezie, il coriandolo, la menta, il profumo di cibo che esce dalle cucine dei piccoli ristoranti tipici; l’odore di cuoio delle borse, la puzza che arriva dal mercato del pesce e dal porto dove l’igiene è intollerabile, e quella dell’immondizia e dei negozi di polli nei giorni caldi d’estate.
Infine c’è la gente: i locali sono brulli, semplici e aridi come la loro terra, invadenti come il mare in tempesta, gentili come la brezza d’aprile.
Entrare a far parte della comunità, integrarsi, non è semplice. Sembra quasi di dover essere messi alla prova.
Chi vive qui inizialmente è diffidente, scostante, quasi respingente; ti osserva da lontano, valuta la tua capacità di adattamento.
Ti tratteranno da “turista”, con un cordiale distacco; finché non dimostrerai di essere all’altezza del luogo, di saperti adattare e di rispettare la città ed i suoi abitanti.
A quel punto, ti spalancheranno le porte delle loro case trattandoti come un fratello: un loro koya.
Chi sono
1 Commento
uongiorno Francesco,
Sono Costanza, 50 anni. Da 17 vivo e lavoro in Italia. Vengo dalla Transilvania, parte centro occidentale della Romania.
Adesso vorrei andare altrove, guardo verso il Marocco.
Non è stato semplice venire da sola dalla Romania qui, sarà ancora più difficile andare in Marocco da sola…
Cortesemente vorrei chiederLe delle cose, potrebbe cortesemente scrivermi in privato?
La ringrazio.
Grazie mille.
Costanza