Finalmente, dopo quasi due anni, questa estate sono tornata in patria per le mie vacanze italiane.
Tre settimane di pura full immersion tra parenti, amici, cibo, luoghi del cuore. La seconda volta che torni, così mi hanno detto, è quella che quando finisce ti pesa di più. Non ho ancora avuto un terzo rientro ma credo di poter dire che è vero. La prima volta è stato quasi uno shock, probabilmente complice il cattivo tempo, il trasloco da organizzare, le emozioni difficili da gestire il Jat Lag…non ne conservo un buon ricordo. Questa volta è stato un sogno. Da quando ho messo piede all’aeroporto Internazionale di Napoli dove ci attendevano nonni e zii è stato come vivere nel momento che avevo desiderato per mesi. Quando a Vancouver pioveva e faceva freddo, quando lavoravo come una matta, quando avevo dimenticato il profumo di cucinato, le carezze amorevoli della mia casa….Pianificato, organizzato nei dettagli, desiderato da tanto, eccoci nel viaggio il cui pensiero ci ha sostenuto negli ultimi tempi. Che bello tornare sulle spiagge dove i miei piccoli hanno fatto i primi bagnetti, mangiare il cornetto più buono del mondo al bar di fronte al porto, abbracciare forte amici, cugini, ex colleghi, tenere in braccio i nuovi nati e guardare i bimbi cresciuti, i cuginetti ritrovati, i compagni di asilo che avevamo salutato 3 anni fa, le mie amiche di sempre che ormai vedevo solo su skype…
Ho aspettato un po’ prima di scrivere questo pezzo per cercare di prendere distanza dalle emozioni e capire quanto c’era di vero e duraturo che non fosse dettato dall’onda dell’emotività. Devo ammettere che è stata potente questa esperienza di ritorno, che mi porto dentro un’energia preziosa, accumulata consapevolmente in quei giorni per essere conservata ed utilizzata nei mesi che verranno, sicuramente molti, lontano dalle persone e dai posti del mio passato.
Sarà che la prima volta che torni non lo sai, ma la seconda sei consapevole di quello che significa poi ripartire e vivi più intensamente le tue giornate, assapori tutto, riesci a dare il giusto valore alle cose, alle persone, al tempo che hai. Anche le piccole grandi disfunzioni del nostro Paese, che la prima volta mi hanno così infastidita, stavolta mi facevano quasi sorridere. Se vuoi sapere quanto hai assimilato della tua patria adottiva, torna in Italia dopo qualche anno e dimmi come ti trovi a guidare nel traffico, a trovare un bancomat che funziona ogni 5, a fare lo slalom tra macchine parcheggiate selvaggiamente, venditori ambulanti, caldo torrido (in estate chiaramente) e trasporti pubblici sgangherati … Mi sono scoperta molto canadese! Una volta ero perfettamente a mio agio in quell’ambiente e capacissima di districarmi in ogni situazione. Stavolta mi sono sentita un pesce fuor d’acqua e questo non mi è piaciuto del tutto.. Il ritorno è un punto di vista. Si ritorna non tanto da dove si è partiti ma dove ci si sente a casa. Questo me lo hanno insegnato i miei figli che chiamano casa Vancouver e andare “a Italia” è qualcosa di molto esotico non meno che andare “to Mexico”. Loro son certamente più canadesi di me e la prima volta che hanno messo il naso fuori casa a Napoli il commento accigliato e stupefatto di uno di loro è stato “mamma, ma qui non c’è neanche un fiore?!”, no amore, le nostre città, dove in un quartiere ci sono quattro teatri e almeno due musei, dove cultura e arte trasudano ad ogni anglo, non sono fatte per i bambini. Questi due settenni che hanno vissuto il 70 % della loro vita in Italia e della quale ricordano poco, erano molto meravigliati dal fantasioso approccio alle regole che vedevano in strada, dai rumori forti del traffico e dei locali, dalla folla che fluiva sui marciapiedi risicati. Li ho visti felicemente frastornati dall’incredibile numero di abbracci e baci ricevuti in pochi giorni, dal viso familiare, ma non del tutto, dei cugini grandi e piccoli, dai regali e dai libri in italiano ricevuti. Ogni volto che li guardava chiedeva con gli occhi o con le parole: “ti ricordi di me?”
Ti ricordi? E’ necessario ricordare, sapere da dove si viene per costruirci un’identità forte, che resista a traslochi, cambiamenti, nuove lingue. Che ci renda resilienti, parola molto di moda oggi, ma che semplicemente significa positivi, forti, capaci di adattarci alla vita. Tornare a casa è importante, non perdere mai i contatti, rinforzare i legami per noi e per i nostri figli, non permettere loro di dimenticare la lingua, gli odori, la cultura da cui provengono. Sarà un bagaglio leggero e utile che si porteranno dietro nel posto in cui stanno crescendo ed in quello in cui li porterà il loro futuro.
Chi sono
1 Commento
Ciao, che bella lettera d’amore che hai scritto per Napoli tua 😀 Bellissima l’ osservazione di tuo figlio sui fiori, importante, cosa che oggi qui, i ragazzi delle nuove generazioni, li fotografano i fiori e fanno di tutto tranne che stare in mezzo alla natura … sono contenta di leggere questa tua storia, io sono molto attratta dal Canada e molto presto la visiterò 😀 Spero che i tempi in cui deciderò di trasferirmi siano comunque buoni, vivibili, civili e educati 😀
Ciao
Prisca