Da 0 a 3 anni: bilingui precoci, ritardi e lingue mischiate
Oggi torniamo su un argomento discusso: la soglia entro la quale si parla comunemente di “bilingui“. Per bilingui si intende in genere il bilingue precoce ovvero quel bambino esposto a due o più lingue dalla nascita. Gli studiosi non sono concordi sulla soglia oltre la quale il bilinguismo non viene più considerato precoce. Chi dice 3 anni, chi la estende a 4. Sicuramente esiste una soglia, forse anche individuale, entro la quale l’introduzione di una seconda lingua viene elaborata dal bambino come la lingua materna. Tutti sono concordi nel dire che i primissimi anni di vita siano fondamentali per l’apprendimento di una seconda lingua a livello di lingua madre. Questo è dovuto alla straordinaria plasticità del cervello di un bambino che permette la facile formazione di connessioni neuronali. La plasticità va poi progressivamente riducendosi fino all’età adolescenziale. Si è potuto anche constatare che durante i primi anni di vita il processo di apprendimento linguistico segue un percorso di memorizzazione diverso rispetto ad età più avanzata. Imparare una seconda lingua in quella fase significa seguire quello stesso processo di memorizzazione della lingua materna, quindi le aspettative di raggiungere una padronanza più completa sono più elevate.
Parlare di padronanza linguistica è comunque piuttosto generico. Una lingua è composta da vari aspetti che andiamo ad analizzare nel dettaglio considerando la nostra prospettiva bilingue.
A livello fonologico l’apprendimento precoce di una lingua comporta notevoli vantaggi poiché quello fonologico, ovvero la pronuncia, è uno di quegli aspetti che il nostro cervello riesce ad elaborare alla stregua della lingua materna solo entro un certo arco della vita, oltre il quale la pronuncia acquisterà in genere il cosiddetto accento straniero.
Per quanto riguarda la grammatica vi sono degli aspetti che possono essere appresi anche nel corso della vita, altri che si fissano prima e la loro rielaborazione resta aperta solo entro un breve arco di tempo. Prendiamo ad esempio le preposizioni: quando noi da adulti impariamo una lingua straniera le preposizioni sono un elemento che crea spesso disagio e che rappresenta un ostacolo a volte difficilmente insormontabile. Le preposizioni sono uno di quelle categorie grammaticali che si fissano in tenera età e che difficilmente sono rielaborabili in seguito. Anche i bilingui precoci in certi casi possono presentare lievi carenze e ritardi nell’uso corretto delle preposizioni. Questo è un aspetto che va curato maggiormente rispetto al coetaneo monolingue.
Il lessico invece è una di quelle categorie linguistiche che resta aperta per tutta la vita. Memoria permettendo, possiamo continuare ad imparare vocaboli nuovi per tutta la vita. Dunque anche nei bambini bilingui il lessico può continuare ad ampliarsi all’infinito.
Una precisazione va fatta in questo senso. Dai test sui bambini bilingui precoci è emerso che il loro bagaglio lessicale, ovvero il numero di parole conosciute, risulta più ridotto in ciascuna lingua rispetto ai coetanei monolingui. In realtà però se si sommano i concetti conosciuti in entrambe le lingue il numero è pari, se non superiore, a quello dei coetanei monolingui. Dunque non si tratta di una vera e propria riduzione di vocabolario, ma di una conoscenza suddivisa tra le lingue conosciute. Del resto, se pensiamo all’apprendimento di una lingua straniera da adulti ci renderemo conto che conosciamo vocaboli legati a determinati ambiti in base alle esperienze che ci hanno permesso di apprenderli. Non sapremo parlare di finanza in una lingua, a volte anche nella lingua madre, se non ci è mai capitato o servito di imparare i vocaboli legati a questo settore, mentre conosceremo la terminologia finanziaria nella lingua in cui abbiamo studiato o utilizzato la finanza. Per i bilingui precoci è lo stesso: è necessario tener conto di questo fatto quando si formulano le aspettative riguardo alla crescita di un bambino bilingue; il bilingue non è un traduttore simultaneo, non è la somma di due monolingui, è una persona che vive con due lingue. Questo lo vedremo ancora più avanti quando parleremo di miti e pregiudizi sul bilinguismo.
Alla luce di quanto detto finora, nel nostro progetto linguistico familiare è opportuno tener conto del fatto che i primissimi anni di vita del bambino possono essere fondamentali. Mi preme qui ricordare che, nonostante i numerosi test condotti, studi e teorie formulate, è sempre necessario tenere presente l’individuo. Ognuno è diverso e geneticamente qualcuno è più portato per determinate attività rispetto ad altre. Per le lingue è lo stesso, ciò non significa che non si possa imparare, ma ognuno avrà anche risultati in base alle proprie predisposizioni e al proprio carattere. Anche all’interno dell’universo «lingua» ci può essere una maggiore predisposizione alla comprensione orale, a quella scritta, alla produzione orale o scritta, alla riproduzione fonetica, insomma ciascuno di noi ha caratteristiche diverse che si manifestano anche nell’apprendimento linguistico, anche se precoce.
Il ritardo linguistico
Nell’ambito di tali differenze individuali rientra anche un margine di ritardo linguistico in alcuni bambini. E’ vero che in genere le prime paroline compaiono verso i 12-13 mesi, è altrettanto vero che alcuni bambini parlano più tardi. Nel caso dei bilingui, se questo avviene, tendenzialmente si attribuisce il ritardo alla presenza di più lingue. L’idea che il bambino debba elaborare più codici linguistici fa sì che un adulto ragioni con la logica che conosce, ovvero la fatica che comporta imparare una lingua straniera. Per il bilingue precoce, tuttavia, imparare due lingue simultaneamente non è uno sforzo, avrà sì più informazioni da elaborare ma il procedimento sarà lo stesso per entrambe le lingue, quindi non si tratta di uno sforzo in più. In realtà, anche per questo, dobbiamo considerare che ognuno è diverso e, accertatisi che non vi siano ritardi dovuti a deficit effettivi, il bambino imparerà a parlare come gli altri. Probabilmente avrebbe parlato più tardi in ogni caso, anche se fosse stato esposto ad una sola lingua, ma il bambino può aver bisogno di soffermarsi più a lungo in una determinata fase dello sviluppo del linguaggio rispetto ad altri coetanei senza essere per questo meno intelligente. Non si tratta di una gara, come purtroppo a volte genitori e educatori dimenticano, ma si tratta di offrire opportunità ai propri figli in termini non solo professionali, economici, sociali, ma anche e prima di tutto emotivi, identitari, culturali. Se si tiene ben presente questo obiettivo primario si procederà con maggiore serenità all’educazione bilingue dei nostri figli.
L’importante è essere convinti di questo e non farsi prendere dall’ansia. Anche quando noi adulti impariamo una lingua straniera attraversiamo una fase detta «del silenzio», durante la quale ascoltiamo, immagazziniamo, cerchiamo punti di riferimento. Questa fase può essere più o meno lunga a seconda dell’individuo e delle sue caratteristiche: c’è chi ama produrre immediatamente utilizzando i pochi elementi a sua conoscenza, magari per fissarli meglio nella memoria, e chi ama ascoltare in silenzio e scrivere lunghi elenchi di parole che rielaborerà poi a casa. Le differenze individuali, sia nella predisposizione genetica che per carattere, determinano il metodo di apprendimento di ciascuno. Una persona poco loquace per natura non sentirà questo bisogno impellente di esprimersi neanche nella lingua straniera e sarà soddisfatto di ascoltare e capire.
Cosa accade se il bambino mischia le lingue?
Ampi studi dimostrano che le fasi dello sviluppo del linguaggio nei bambini bilingui sono le stesse che nei bambini monolingui. Nei bilingui si inseriscono alcune specificità dovute alla loro condizione. Quando compaiono le prime parole, il vocabolario dei bilingui include in genere parole di ciascuna lingua. Sia in bilingui che in monolingui si è osservato l’uso di strategie di comunicazione analoghe, come ad esempio il ricorso alla generalizzazione: se un animale a quattro zampe si chiama cane, tutti gli animali si chiameranno cane.
Quando emerge la fase della combinazione di due parole, i bilingui potrebbero mischiare le due lingue. Niente paura, ciò può accadere e può anche protrarsi nel tempo, l’importante è che ciascun genitore continui ad essere coerente nella comunicazione. Se il genitore mischia, trasmette al bambino il messaggio che mischiare è una forma comunicativa efficace e alimenterà così questa abitudine. Il bambino ha una capacità innata di distinguere tra le sue lingue e con il tempo le separerà da solo. La terza fase dello sviluppo del linguaggio interesserà invece la produzione di frasi più lunghe e complesse.
In tutte le fasi i bilingui tenderanno a produrre gli stessi errori dei monolingui, come la difficoltà di pronuncia di lettere o gruppi consonantici più ostici (la ‘r’ o la ‘gl’) oppure la tendenza ad applicare forme regolari anche in presenza di forme irregolari. “Sono moruto” come diceva Pulcinlla! Altri errori sono tipici dei bilingui, come ad esempio applicare una regola di una lingua all’altra. I miei figli bilingui italiano-olandese hanno entrambi passato la fase in cui mettevano in italiano il verbo alla fine della frase, tipico di alcune strutture sintattiche germaniche:’Sono a letto andato’… la situazione si è normalizzata in pochissimo tempo parola di linguista e di mamma di bilingui!
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38 Commenti
Ho trovato molto interessante e utile questo articolo. Mi aiuta a guardare con meno severità le aspettative linguistiche sul mio secondo genito: concepito e nato in contesto linguistico bilingue Franco- italiano fino ai suoi 2 anni e mezzo, immesso in monolingusimo italino fino ai 6 anni, introdotto nel contesto anglofono dai 6 ai 9 e rientrato in regime solo Italiano da un anno. A scuola lamentano “povertà lessicale” ma per me la sua ricchezza sta nel poter leggere e scrivere ed esprimersi in 3 lingue, a 10 anni, con una forte prevalenza di correttezza e padronanza in italiano, una pronuncia impeccabile in Inglese e Francese, una difficoltà come per i suoi coetanei ad essere preciso nell’ortografia, di per se impegnativa, in Francese, ed una sporadica imprecisione nell’Inglese scritto. Ad ogni modo, senza attirare le invidie di madri italiane che investono somme importanti in programmi di pluringusimo infantile e tutor privati, so che i miei figli hanno già assimilato in una qualche misura altre due lingue e che l’acquisizione ai livelli cosiddetti “scolastici” di altre lingue seconde, nei Paesi in cui hanno vissuto (Tedesco, arabo, Afrikaans, Zulu) avviene in modo più diretto ed “indolore”.
Ciao Katia, grazie del tuo commento. Come ho scritto, il lessico nei bambini bilingui sembra più povero perché alcune parole possono conoscerle in una lingua ma non nell’altra. Agli occhi di un monolingue ovviamente quella determinata parola manca all’appello del vocabolario che un bambino dovrebbe conoscere a quell’età. Pero’ non è detto che il bambino non la conosca in una delle sue altre lingue e comunque sta poi a noi genitori, educatori a colmare le lacune. Per farti un esempio mio marito ha sempre parlato in olandese con nostra figlia (scolarizzata in olandese in Lussemburgo) ed io sempre italiano, pero’ la bambina ad un certo punto non conosceva le parole tipiche per le femminucce: molletta, treccine, coda, insomma quello di cui mio marito non parlava con lei, mentre le conosceva in italiano. Accortici della lacuna abbiamo provveduto a rimediare e poi lei crescendo ci ha pensato anche da sola ed ora corregge il papà (in olandese): Non sono codini questi sono treccine!
Ciao Katia, io ho un figlio di quasi 4 anni completamente bilingue nel lessico parla italiano e slovenokanche qui il sistema scolastico prevede a 6 anni 3 lingue parlate e scritte :italiano(perché vivo in un area bilingue Koper/Capodistria), sloveno(lingua molto difficile perché influenzata da parole serbo croato tedesco), ed inglese americano(qui si insegna più questo tipo di pronuncia.. Non so perché questa preferenza). L’ho inserito in un asilo italiano(paritario) che è pubblico essendo una minoranza storica di italiani, e mi trovo con quello che dici. La classe è mista di 20 bimbi (di cui solo 4 sono italiani, altri sloveni, 1 russa e 1 croata), ma lui ha appreso in classe anche lo sloveno in modo precoce(con mio stupore) e con una buona padronanza linguistica di tutte e due le lingue. Ora mi chiedo.. Anche i vostri stanno avendo una predominanza di lingua del luogo e solo con la madre usano la madrelingua?
Articolo interrssantissimo! Ma ancora mille domande mi frullato nella testa. Per esempio: qual è il metodo, la maniera più spontanea per insegnare ai bambini le due lingue? Un giorno si parla olandese e l’altro giorno italiano? O la mamma madrelingua italiana parla ai figli con la propria lingua prima e il padre, a sua volta, fa lo stesso? Inoltre vorrei sapere se vale la pena inserire una terza lingua (nel mio caso lo spagnolo) di cui si ha una padronanza C1-C2, o se così si rischia di esagerare. Grazie!
Cara Rossella, grazie per aver condiviso con noi la tua esperienza e i tuoi dubbi. Nel mio post sulle possibili strategie https://donnecheemigranoallestero.com/strategia-linguistica-familiare/
leggerai alcune delle proposte più comuni tipo ciascun genitore parla la propria lingua oppure lingua minoritaria in casa. Cambiare lingua ogni giorno confonderebbe il bambino il quale crea un vero e proprio legame tra lingua e la persona che la parla (person-language bond). Tieni conto anche del contesto in cui vivete, che lingua si parla e in che lingua è o sarà scolarizzato il bambino? Quanto alla terza lingua, personalmente terrei conto del legame che avete con lo spagnolo: avete parenti, amici stretti, possibilità di frequentare persone o paesi ispanofoni? Allora potrebbe valerne la pena ma per te diventa un impegno maggiore. Comincerei con il circoscrivere lo spagnolo ad un’attività specifica, cantare, o un gioco in particolare, un pupazzetto che parla spagnolo, oppure in presenza di una persona specifica (un’amica con cui parli spagnolo). Spero di esserti stata utile. Fammi sapere se hai altre domande.
Mi hai illuminato, Giovanna, con questo commento. Leggero e approfondirò questo argomento che mi affascina e che mi riguarda da vicino. Grazie
Ciao Giovanna, se ti posso aiutare, ti consiglierei 2 o 3 ore di cartoni nella lingua che vuoi fargli apprendere e se la sai anche tu.. Ancor meglio.. Ti chiedera’ come mai parli in quel modo, ma i bambini se gli spieghi sono molto più intelligenti di noi 😅😊 furbi. Anche le maestre, per la mia esperienza personale, si sono stupite che, non avendo il marito sempre a casa, ma vive in un altro Paese per vari mesi l’anno, sia riuscito ad imparare ed ad adattarsi,inizialmente con non molta facilità xchè non capiva perché io parlavo italiano.. In asilo italiano (ma in slovenia) i suoi nuovi amichetti parlassero in un altro modo. Alla fine la tv mi ha salvato(non conoscendo lo sloveno.. Solo un corso base di 70 ore x stranieri) sono riuscita ad aiutarlo nella sua difficoltà.
Ciao Chiara, grazie di aver condiviso con noi la tua esperienza! Di certo tutti i mezzi a nostra disposizione possono aiutarci nel conquistare il bilinguismo e ognuno deve trovare quello che serve meglio il suo scopo. Trattandosi di un articolo sulla fascia di età 0-3 non ho menzionato la tv anche perché in genere c’è una considerazione da fare a priori. Non ci si puo’ affidare principalmente alla tv e sperare che un figlio cresca bilingue. Questa affermazione risponde alle tante domande in cui ci si chiede se la tv puo’ bastare. Crescere bilingui è molto più di questo, ci vuole interazione, motivazione, produzione linguistica, sensibilizzazione alla cultura che la lingua rappresenta. Detto questo, la tv puo’ essere un ottimo supporto sia per i bambini che per noi adulti, come lo dimostra la tua esperienza diretta. Buon proseguimento nel vostro viaggio nel meraviglioso mondo del bilinguismo/biculturalismo!
Buongiorno, gli articoli sono interessanti! Complimenti!
Mi sembra di vedere negli altri commenti delle famiglie italiane che vivono all’estero.. come fare quando la coppia è binazionale? Io sono italiana, lui francese e viviamo per il momento in Francia. Non ho ancora figli, ma sposandomi tra qualche settimana, la questione inizia a porsi…
Il mio fidanzato ha un livello A2 in comunicazione in italiano, io non ho un C2 (accento a parte) in francese, ma ho osservato come con i bambini piccoli abbia una difficoltà a parlare in francese, nonostante conosca il loro vocabolario.
Quindi è fattibile che io parli in italiano e il mio fidanzato in francese? Si può pensare questo sin dalla nascita?
grazie 🙂
Ciao Genny, scusa il ritardo nella risposta. Certo, è fattibilissimo parlare ognuno nella propria lingua! Anzi consigliatissimo 🙂 se vuoi che il tuo futuro bambino cresca bilingue. Se il tuo compagno ha già una conoscenza di base non avrà difficoltà a capire cosa dici al bambino in italiano e poi anche lui ne approfitterà per ampliare il suo vocabolario. Condizione necessaria è che anche lui sia d’accordo ad intraprendere questo percorso di bilinguismo familiare insieme. Il francese sarà la lingua dominante del bambino, specie dal momento in cui andrà a scuola, ma fino a quel momento avrai tempo sufficiente per offrirgli basi solide di italiano e soprattutto per trasmettergli un sentimento di orgoglio di essere bilingue. Quindi, come sempre, leggete molto in entrambe le lingue, anche sin da pochi mesi, parlategli costantemente ognuno nella propria lingua se scegliete il metodo OPOL (potreste anche scegliere di parlare italiano in casa e il francese resta lingua dell’esterno, ma dipende dalla conoscenza e disponibilità del tuo compagno, in ogni caso entrambi i metodi possono dare ottimi risultati). Tra l’altro in Francia potresti trovare anche gruppi di gioco in italiano, ti segnalo l’associazione DULALA (D’une langue à l’autre), non so esattamente dove operino ma prova a consultare il loro sito. Spero di esserti stata utile se hai altri dubbi resto a disposizione.
Salve, vi scrivo perché ho bisogno di un consiglio.
Ho tre figli, sono spagnola in italia, e mio marito è italiano. Con la prima figlia avevo cominciato a parlare italiano e spagnolo mescolati, lei era molto confusa e mi sono concentrata sul parlare in italiano. Lei conosce meglio l’italiano. Con la seconda ho cominciato lo spagnolo. Parlavo con la sorella in italiano.
La seconda ha cominciato a parlare molto più tardi. E adesso con quattro anni e mezzo comprende tutte e due le lingue, ma ha problemi di pronuncia. Devo dire che non riesco a parlare in una sola lingua. E faccio delle frasi totalmente in spagnolo o totalmente in italiano. Con il padre in italiano ma a volte spagnolo. E viaggiamo anche alla Spagna. E con una figlia una lingua e con l’altra l’altra. Cosa posso fare? L’italiano non è la mia lingua, ma vedendo i problemi cosa faccio? No riesco a capire che strategia prendere. Grazie a chi risponderà
Salve Mercedes, dal tuo post intuisco che tu ti senti più a tuo agio in spagnolo che non in italiano e questo le tue figlie lo percepiscono. Quindi se posso darti un consiglio sentiti libera di parlare nella lingua che più ti è congeniale. Cio’ su cui potresti concentrarti è il non mischiare le due lingue in modo che le tue figlie trovino in te un riferimento linguistico chiaro e univoco.
La questione delle lingue diverse con le due figlie secondo me andrebbe risolta per evitare che sorgano gelosie: l’una potrebbe un giorno sentirsi “meno” figlia tua per il fatto che le parli in una lingua diversa, oppure sentire che prediligi la sorella per averle concesso un’opportunità in più. Sono dinamiche difficili da prevedere, ma possibili quindi magari con la scusa della sorellina piccola con cui parli spagnolo potresti introdurre gradualmente lo spagnolo anche con la maggiore. Inizialmente quando sono entrambe presenti, poi con piccole frasi qua e là e in seguito sempre più spesso. Prova a coinvolgerla nei giochi con la piccola, chiedi alla maggiore di far parlare un pupazzetto alla sorellina, ma purtroppo il pupazzetto parla solo spagnolo… 😉 Non preoccuparti se non ti risponde in spagnolo, non ci è abituata, ma sarà sicuramente presto in grado di possedere una conoscenza passiva che potrà attivare quando le sarà necessario. Quello che consiglio sempre è di creare situazioni di necessità in cui la lingua serve, è utile e quindi emerge naturalmente: compagne di gioco ispanofone, cinema/tv in spagnolo, gruppi di gioco (perché non crearne uno tu, una volta alla settimana?), oppure collegamenti skype con cuginetti in Spagna… Fammi sapere se questi suggerimenti ti sono stati utili e se hai altre domande. Buona fortuna!
Ciao Giovanna
Sono brasiliana sposata con un italiano e viviamo in Italia. Abbiamo 2 maschietti. Il primogenito ha iniziato a parlare bene italiano, portoghese ed inglese soltanto dopo i 4 anni. Sono disperata xche mio secondogenito che ha 3 anni dice soltanto qualche parola… A volte in inglese, a volte in italiano ed a volte in portoghese.
Tutti in famiglia contrari al bilinguismo chiedono spesso xche il bimbo non parla e insinuano che abbia dei problemi seri. Cosa fare? Hai qualche psicologo infantile specializzato in bilinguismo in Campania Che mi potresti indicare? Sono disperata. AIUTO
Ciao Nanni,
grazie di avermi scritto. Innanzitutto ti consiglio di non panicare. Lo dici tu stessa che il tuo primogenito ha impiegato parecchio tempo per mettere ordine nel suo linguaggio quindi è possibile che sia il caso anche del fratellino. Ovviamente io non posso escludere dei disturbi del linguaggio e ti consiglio di rivolgerti ad una/un logopedista. Posso provare ad informarmi ma probabilmente anche il medico di base puo’ indirizzarti.
Pero’ posso rassicurarti sul fatto che tutti gli studi finora condotti sul bilinguismo non hanno mai evidenziato un collegamento tra il bilinguismo e i ritardi nella comparsa del linguaggio, quindi si tratta di una caratteristica di certi bambini parlare più tardi di altri e questo non ha alcun impatto sul loro sviluppo cognitivo, purché si accerti l’assenza di disturbi.
Capisco bene quanto sia frustrante portare avanti un progetto di bilinguismo quando le persone che ti circondano sono scettiche, ma non lasciarti abbattere, è importante che il bambino coltivi le sue radici brasiliane, eventualmente, se ti è possibile, per il momento lascia da parte l’inglese che eventualmente recupererai più tardi quando la situazione si sarà chiarita. Tienimi aggiornata, nel frattempo cerco di informarmi per un indirizzo. Scrivimi al mio indirizzo privato giovannapandolfelliathotmail.com
Ciao Giovanna, solo ora ho letto il tuo articolo e ti faccio i miei complimenti perche l’ho trovato molto interessante.
A gennaio, io e il mio compagno, entrambi italiani, ci trasferiamo a Singapore con il nostro piccolo ometto che avrà circa un anno e 2 mesi. Noi parliamo inglese in maniera fluente ma sappiamo bene che in ogni caso non è come essere madrelingua quindi mi chiedevo se hai ancora qualche consiglio da darmi sulla gestione del piccolo in questo ambito, per me molto importante.
Ti ringrazio per questi spunti di riflessione e per i tuoi suggerimenti!
Ciao Marti,
grazie del tuo messaggio. Per rispondere alla tua domanda, dipende molto sia dal tempo che resterete a Singapore sia dalle vostre aspettative. Genitori non di madrelingua possono fare tanto, ma in un contesto come Singapore il bimbo avrà anche tante opportunità all’esterno della famiglia. Certo, è ancora molto piccolo quindi non so se avrete intenzione di mandarlo al nido o di inserirlo in altre realtà dove possa avere contatti con altri bambini. Se resterete un tempo sufficientemente lungo, per lui sarà l’occasione per immergersi in questa nuova realtà. In ogni caso, se comincia adesso ad essere esposto ad un’altra lingua avrà tutte le opportunità per raggiungere in futuro un bilinguismo bilanciato. Spero di aver risposto alla tua domanda. Se hai altri dubbi fammi un cenno.
Buongiorno, sono una nonna italiana e la mia nipotina di sei mesi vive in Grecia.
La mamma è italiana e parla molto poco il greco , mentre il padre greco parla poco l’italiano.
Tra di loro marito e moglie parlano un inglese scolastico abbastanza fluente.
Hanno adottato il sistema one-parent-on language, ma resta il problema che tra di loro parlano inglese.
Che strategia familire consigli per questa situazione abbastanza complicata ?
Cara nonna Maurizia, grazie per averci scritto. Comincio col rassicurarti perché la situazione puo’ sembrare complessa ma non è affatto rara. Io vivo in Lussemburgo ed ho visto tantissime famiglie in una situazione analoga, anzi anche con più lingue in ballo. Dunque niente paura! Da quello che mi dici tua figlia e tuo genero stanno affrontando la situazione con cognizione di causa, l’ideale è che entrambi siano d’accordo sull’usare questa strategia di OPOL un genitore una lingua, e che siano il più coerenti possibile. Quanto all’inglese, resterà una lingua inizialmente passiva per la piccola e quando poi avrà l’occasione di studiarla a scuola ne avrà già delle basi. Dipenderà poi dalle scelte dei genitori ad esempio sulla scuola che frequenterà, su un’ eventuale babysitter che potrebbe essere anglofona ad esempio. E non ultimo dalle frquentazioni che hanno e avranno. Tuttavia, l’ideale per poter raggiungere un buon livello di bilinguismo italiano-greco è che soprattutto tua figlia non ceda alla tentazione di parlare greco o inglese alla bambina. L’italiano sarà probabilmente la sua lingua minoritaria quindi sta a voi, alla mamma e a te, nonna, fare in modo che la bambina abbia opportuntià di parlare l’italiano e soprattutto di amarlo. Perché i bambini, ma anche gli adulti, per imparare una lingua devono amarla, amare la cultura che questa rappresenta e le persone che per lei rappresentano la lingua. Dunque questo è compito vostro che sono sicura sarete bravissime a svolgere. Inoltre, l’italiano è molto amato in Grecia e se non erro ci sono anche ottime scuole italiane nel caso… Comunque cara Maurizia sappi che il ruolo dei nonni puo’ rivelarsi fondamentale anche a distanza poiché voi rappresentate il legame con l’Italia. Quindi buon proseguimento e buon viaggio nel meraviglioso mondo del bilinguismo!
Buonasera Giovanna,
nonna Mauriizia ha descrito una situazione molto simile alla mia: io sono italiana e vivo in Germania con mio marito (Tedesco) e il mio bambino di 19 mesi. Noi adottiamo anche una strategia OPOL, ma tra mio marito e me parliamo in Inglese. Anche io ho conoscenze ed esperienza più o meno diretta di altre famiglie con un simile set up: 2 lingue madri, una per genitore, e una “passiva” che i genitori utilizzano tra di loro. Ho visto il metodo funzionare abbastanza bene con altri, però ne sto dubitando nel mio caso.
Mio figlio non dice alcuna parola. è molto reattivo, sveglio. Un monello che fa scherzi e cerca il contatto di contunuo. Fa capire forte e chiaro cosa vuole, con gesti e suoni, ma senza alcuna parola. A Luglio, a 13 mesi, diceva “mamma” e faceva il verso del cane e del maiale. Poi ha smesso e mai ripreso… Noi leggiamo tantissimo insieme, lo stesso libro viene letto (o meglio le figure descritte) da me in italiano e da mio marito in tedesco. Io e il piccolo Alessandro facciamo lunghe videochiamate giornaliere con mia madre a Roma (viva le nonne), e la radio in italiano è sempre accesa. Siccome d’abitudine in casa non guardiamo la tv, non ho utilizzato finora questo mezzo ausiliario. Alessandro va al nido tedesco. La mia impressione è che lui senta molto bene, e che capisca moltissimo. Se per esempio gli dico “vai amore, fai il giro del tavolino se da questa parte non ci arrivi” “oppure. prendi le scarpe e la giacca che poi usciamo”, lui reagisce senza esitazione e nel modo atteso. Se gli chiedo di individuare sul libro la sedia, lo sgabello,il bicchiere, la giraffa, l’orologio, il treno e tanti altri vocaboli, non ha esitazioni e indica l’elemento giusto. In tedesco l’ho visto fare altrettanto con il padre. Però non parla…
Secondi te Giovanna, dovrei iniziare a preoccuparmi e chiedere ad un medico, o rivolgermi ad un logopedista? Ho sentito dire che prima dei 3 anni comunque un logopedista non prende in cosiderazione trattamenti. Abbiamo bisogno di trovare un esperto in sviluppo del linguaggio in caso di plurilinguismo o piuttosto ritieni che quest’ultimo non abbia alcuna relazione col ritardo nel parlare di Alessandro? So che ogni bambino è diverso, ma nemmeno “mamma” o “papà”!!! Grazie in anticipo per un consiglio Giovanna, se puoi
Cara Ilaria, grazie di aver condiviso con noi i tuoi pensieri. Capisco benissimo la tua preoccupazione, pero’ il bambino è ancora molto piccolo e non sarei cosi’ precipitosa nel parlare di ritardo. In ogni caso, se il bambino è reattivo significa che ha già una conoscenza passiva. Provate a stimolarlo a ripetere semplicemente sillabe: ca per casa, ma per mamma bi per bimbo ecc. Come dici tu, ogni bambino è diverso e di certo questo non dipende dal bilinguismo, ho visto bambini in situazione analoga esposti tuttavia ad un’unica lingua e alla stessa età. Potrebbe dipendere anche dal carattere, magari è un bambino che non si butta nelle cose se non è assolutamente sicuro. Io ti consiglierei di continuare come state facendo, leggete molto, e chiedete di ripetere. Ad esempio imita il verso degli animali? Provate anche a cantare, canzoncine semplici e ripetitive. Non ti dico di non essere vigile, monitora la situazione ma è molto probabile che comincerà a parlare tutto insieme e poi chi lo ferma più? 🙂 Comunque se ti va tienimi al corrente. Buon proseguimento!
Buongiorno Giovanna,
Mio marito ed io siamo italiani e viviamo in Francia da alcuni anni. Nostro figlio di tre anni è immerso nell’italiano e nel francese fin da i suoi primi mesi di vita: in casa abbiamo sempre parlato italiano, mentre lui ha sempre “interagito” in francese sia con la babysitter, sia ora alla scuola materna. Qualche mese fa avevamo notato un lieve ritardo nell’esprimersi in francese, cosa che ci ha stupito, dato il livello avanzato di italiano che aveva raggiunto, ma ora che sta iniziando a relazionarsi con i compagni alla scuola materna abbiamo notato un veloce miglioramento. Dai due anni e mezzo abbiamo iniziato a fargli vedere qualche breve cartone animato in inglese, in quanto vorremmo approfittare in futuro della conoscenza molto avanzata dell’inglese di mio marito per inserire questa ulteriore lingua nell’apprendimento linguistico di nostro figlio. Pensavamo quindi di fare in modo che mio marito passi gradualmente dall’italiano all’inglese con lui. Cosa ne pensa? Potrebbe essere un errore? Premetto che non ci sarebbe nessun altro con cui nostro figlio possa parlare esclusivamente in inglese.
Grazie mille per l’articolo, è veramente interessante.
Saluti
Elisa
Cara Elisa, grazie per aver condiviso la tua storia con noi. Da quello che mi racconti mi sembra che abbiate le idee chiare su come procedere nella vostra politica linguistica familiare e già questo è un aspetto molto positivo poiché il bambino beneficerà di una strategia chiara e condivisa. Per quanto riguarda l’inglese, non ci sono “errori” che potete fare, dal momento in cui voi tutti in famiglia vi sentite a vostro agio con la decisione. L’unico ostacolo che posso vedere è la reazione del bambino di fronte ad un cambiamento nella sua comunicazione con il papà. Per questo vi consiglio di introdurre il cambio di lingua gradualmente, inizialmente limitandolo a brevi momenti ben definiti. Il bambino non ha conoscenza neppure passiva dell’inglese quindi dovete vedere come reagisce ai cartoni animati. Con il papà potrebbero introdurre un gioco nuovo (qualsiasi, un momento al parco, una nuova macchinina …) riservato all’inglese. Ideale sarebbe trovare un amichetto anglofono (o magari anche un domani una babysitter anglofona?). So che in Francia operava un’associazione molto attiva per il bilinguismo, DULALA, d’une langue à l’autre, penso fossero a Parigi, ma non so se anche altrove. Nel caso vedi se tramite loro o altre realtà è possibile avere contatti con bambini anglofoni. Considera pero’ che con l’inizio della scuola, il francese diventerà la sua lingua dominante. Forse avrà occasione di studiare l’inglese a scuola, ma l’italiano probabilmente resterà lingua minoritaria e dovrete invece concentrarvi su questo se vorrete che mantenga la lingua di origine ad un livello approfondito. Tienici al corrente di come vanno le cose (e per favore dammi del tu!;) Se hai altri dubbi non esitare e se hai richieste particolari su un argomento specifico fammi sapere, scrivero’ volentieri un post su richiesta! Questo vale per tutte le lettrici e i lettori, ovviamente. Buon viaggio nel meraviglioso mondo del bilinguismo!
Buongiorno, Giovanna!
Mio figlio ha appena compiuto da pochi giorni 2 anni e oggi abbiamo fatto la visita canonica di questo periodo.
Mi hanno dato un foglio con 57 parole e dovevo crocettare quelle che usa in modo attivo. Siamo una famiglia bilingue italo-tedesca e nostro figlio impara italiano e tedesco con il metodo OPOL. Di quella lista (tra l’altro molto discutibile per quanto riguarda le parole contenute) ne ho crocettate 10, perché poi nostro figlio ne dice anche diverse altre che non erano presenti.
Adesso la dottoressa ci ha mandati dall’otorino per assicurarsi che non abbia problemi di udito…
Detto che non ci sembra proprio che nostro figlio abbia problemi di udito (sente anche i rumori in lontananza), è davvero una situazione da ritardo linguistico?!
Buongiorno Chiara, grazie di aver scritto a Donne che emigrano all’estero e della fiducia che mi accordi. Da quanto descrivi non ci sono elementi per dedurre che si tratti di un ritardo linguistico. Inoltre, come tu ben noti, l’elenco di parole era arbitrario e tuo figlio ne dice altre che non erano comprese. Suppongo che il test sia stato fatto in tedesco. In questo caso posso aggiungere un elemento che potrebbe chiarire eventuali dubbi. Fermo restando che la ricerca non ha sinora mai evidenziato ritardi linguistici specifici in bambini bilingui, questi ultimi hanno invece dimostrato di possedere un vocabolario più limitato nelle loro singole lingue rispetto ai loro coetanei monolingui. Questo significa che il tuo bimbo potrebbe (e dico potrebbe) conoscere meno parole in tedesco rispetto ad un bimbo esposto solo al tedesco. Ad esempio, quando mia figlia era all’asilo (nella lingua del papà), la maestra ci fece notare che non conosceva il vocabolario relativo a capelli, pettinatura (mollette ecc.) e questo perché tipicamente è la mamma che si occupa dell’acconciatura e non il papà 🙂
Tuttavia, sempre basandomi sulle ricerche nel settore, ti garantisco che i bilingui possiedono un numero di concetti pari, se non superiore, a quello dei loro coetanei monolingui, sommando tutte le parole che conoscono in entrambe le loro lingue. Pertanto il tuo bimbo potrebbe conoscere una parola in una lingua ed una nell’altra. In generale, a due anni ci possono essere divari notevoli nello sviluppo linguistico che di solito si colmano nel giro di pochi mesi. Come consiglio generale, cercate di leggere molto ad alta voce con il bambino in entrambe le lingue, nominando gli oggetti ed indicandoli visivamente allo stesso tempo. Potete inoltre cercare di assicurarvi che conosca le stesse parole in entrambe le lingue. Questo puo’ farlo anche un genitore da solo chiedendo al bambino: “Questo come lo chiama la mamma/il papà?” In questa maniera il bimbo associerà le due parole allo stesso concetto arricchendo il suo vocabolario in entrambe le lingue. Spero che ti sia stata di aiuto. Non esitare a riscrivere se hai altri dubbi. Buon viaggio nel meraviglioso mondo del bilinguismo!!
Ciao, Giovanna!
Ti ringrazio per la tua pronta e approfondita risposta.
Avendo fatto lingue e letterature straniere sapevo quello che mi dicevi. Però non avendo mai approfondito nel dettaglio l’aspetto del bilinguismo, mi faceva piacere avere una conferma da parte di qualcuno che fosse più nell’argomento di me…
Buona giornata
Chiara
Buongiorno,
articoli molto interessanti! io e mio marito abbiamo due gemelle di 15 mesi. Io Italiana, lui di origine turche, viviamo in Germania e tra noi parliamo in inglese….un calderone di lingue!
Io parlo con loro solo Italiano, mio marito solo turco. Inizieranno a breve l asilo che sará tedesco e abbiamo deciso di fare sentire canzoni, che adorano, in italiano turco e tedesco e cartoni prettamente in tedesco.
mio marito é madre lingua tedesca e turca mentre il mio tedesco é zoppicante, per questo preferiamo continuare a parlare inglese tra noi, non vorrei mai che imparassero il tedesco sbagliato da me. Cerchiamo di non parlare a loro inglese ma mi rendo conto che qualcosa comunque capiscono.
La mia domanda é sulla lingua comune di casa, rischiamo di confondere le bimbe parlando inglese? al momento non é difficile rivolgerci a loro in lingue diverse ma quando saranno un po piú grandi e si parlerá tutti assieme che lingua utilizzare? mi avventuro col tedesco non perfetto (B2)?
al momento non parlano ancora, dicono solo Mamma Baba (papá in turco). Ma per ora credo sia normale, giusto?
grazie ancora per i contenuti!
Ciao Francesca,
grazie a te per aver condiviso la tua storia.
Innanzitutto ti rispondo subito sui 15 mesi: è perfettamente normale che dicano solo mamma e baba, vedrai che a breve il loro linguaggio esploderà. Ti ricordo che dai dati di ricerca non emerge un rischio di ritardo nel linguaggio a causa del bilinguismo.
Passando alla tua domanda sulla vostra lingua in comune, secondo me potresti avventurarti con il tedesco anche perché essendo tuo marito di lingua madre potrà aiutarti a migliorare in breve tempo e ne beneficerai anche tu nelle tue relazioni sociali.
Quanto alle bimbe, se resti sull’inglese non c’è un reale rischio di confusione, per loro rimarrebbe a livello passivo per il momento. Tuttavia, il tuo tedesco imperfetto sarebbe anche solo passivo e a loro non mancherebbero invece input di un tedesco corretto sia dal papà che dall’ambiente circostante.
Attenta solo a non cedere a parlare tedesco con loro, non perché ci sia alcun pericolo, ma piuttosto perché rischieresti di far retrocedere l’italiano. L’italiano resterà per loro lingua minoritaria, e in più sarà “in concorrenza” con il turco, quindi entrambi voi genitori dovete impegnarvi con loro a coltivare le vostre lingue se desiderate che le bambine crescano trilingui.
Comunque tu decida, se parlare inglese o tedesco con tuo marito, devi sentirti a tuo agio quindi un eventuale passaggio puo’ anche avvenire gradualmente.
Spero ti sia stata utile, non esitare a riscrivermi se hai altre domande.
e come dico sempre…buon viaggio nel meraviglioso mondo del bilinguismo 😉 !
Ciao, grazie mille. Mi è servito quanto scritto. Io e Marcia abbiamo un bimbo di due anni nato a Bahía Blanca Io sono italiano, lei è argentina. Tutti e tre viviamo nella nazione di mia moglie. Sapevamo che sin da subito gli avremmo dovuto parlare ognuno unicamente nella propria lingua madre, ed è così che stiamo facendo. Io però ho un debole: amo cantare e suonare ( specie insieme a loro) e per questo, spesso (quasi sempre) mi ritrovo a cantargli canzoni in spagnolo. Ciò potrebbe ostacolargli l’ apprendimento italiano? O confonderlo sul fatto di non mischiare le due lingue? Ci tengo a precisare che Vitino comunica alla grande, utilizzando parole di entrambe le lingue. ( Con una percentuale maggiore per lo spagnolo, che a quanto pare, preferisce usare anche con me) ma questo è normale, vero? Un abbraccio
Ciao Samuel, grazie del tuo messaggio e di aver condiviso con noi la tua storia e i tuoi dubbi. Nel vostro caso è ovvio che lo spagnolo sia la lingua dominante dei tuoi figli, tuttavia per l’italiano tutto dipende da ciò che sono i tuoi desideri e obiettivi. Se per te è sufficiente che capiscano l’italiano ed abbiano una base per poterlo eventualmente approfondire un giorno nel caso dovesse loro servire, penso che non avranno problemi a farlo anche grazie alla vicinanza tra le due lingue. Se ci tieni che invece abbiano sin d’ora una conoscenza più approfondita e un uso più fluido, allora ti suggerisco di cercare anche altri stimoli in italiano ad esempio altri bambini o famiglie italofoni, puoi tu leggere dei libri con loro e motivarli a risponderti in italiano, e magari anche rispolverare un repertorio musicale italiano, perché no? Questo non significa che tu non debba mai più cantare con loro anche in spagnolo se è una cosa che vi unisce e fate volentieri insieme. Tuttavia, in generale, la motivazione maggiore per i bambini ad utilizzare una lingua, e di conseguenza ad approfondirla, è il gioco con altri bambini, l’utilizzo con il genitore con cui si crea un legame persona-lingua e, non ultimo, il senso di orgoglio e di appartenenza alla comunità linguistico-culturale, quindi in questo caso alla comunità italiana. Ogni spunto per avvicinarsi all’Italia, all’italiano, alla cultura italiana, al cibo possono incrementare nei bambini il motivo di orgoglio di essere anche Italiani e da qui il desiderio di parlare la lingua. Quindi ad esempio delle belle cene all’italiana, una pizzata, dei libri, o cartoni animati in italiano, e anche la musica, possono contribuire a tutto questo. Spero di averti dato degli spunti, se hai ancora domande non esitare!
Grazie mille per il tuo tempo e per l’ esaustiva risposta. Metterò in pratica i tuoi preziosi consigli. A presto!
Molto interessante l’articolo. Avrei una domanda. Ho un nipotino di 14 mesi che vedo spesso e gli ho sempre parlato in inglese. Ancora non parla ma reagisce a certe parole che gli dico come prendi la palla o cose semplici .. Tuttavia i genitori gli parlano in italiano e gli fanno ascoltare canzoncine anche in inglese. Volevo sapere cosa aspettarmi visto che lo vedo quasi tutti i giorni per circa 1 oretta tranne i fine settimana e forse è poco? Grazie. Giovanni
#nonnobilingue
Buongiorno Giovanni e grazie del suo interesse per l’argomento. Nel suo caso, si puo’ sperare che per il suo nipotino si crei il cosiddetto person-language bond, dunque lei per il nipotino sarà “il nonno che parla inglese”. Un’ora al giorno, sebbene possa essere sufficiente per acquisire una discreta padronanza della lingua, non sarà garanzia affinché il bambino parli correntemente. Il forte rischio sarà che le parlerà in italiano, pur avendo una conoscenza passiva dell’inglese. Con il tempo sarebbe necessario creare altre fonti di riferimento per l’inglese, idealmente dei coetanei in modo che il piccolo si senta spinto a parlare la lingua e non si senta diverso dagli altri bambini monolingui. Potendo, una scuola bilingue o anglofona sarebbe ideale, ma mi rendo conto che costi e logistica potrebbero creare degli ostacoli. In alternativa, anche babysitter anglofone, o frequentare altre famiglie, altri contesti puo’ essere di grande aiuto. I genitori hanno comunque un ruolo fondamentale in quanto, pur non parlando loro stessi in inglese, possono contribuire al suo sentimento di orgoglio lodandolo, creando ppotunità di esposiione alla lingua sia con altri bambini che anche con canzoncine e cartoni animati in inglese. Leggere ad alta voce rappresenta una grande risorsa, dunque questo puo’ farlo sia lei (anche già da subito con libretti adatti) che i genitori stessi se se la sentono anche in inglese. Descrivere le stesse illustrazioni o narrare la stessa storia sia in italiano sia in inglese aiuterà il bambino a sviluppare un vocabolario più bilanciato in entrambe le lingue. Spero di aver risposto alla sua domanda, non esiti a ricontattarmi se ha altri dubbi. Le auguro un buon viaggio nel meraviglioso mondo del bilinguismo!
Complimenti per il post trovato navigando su internet… mi hai aperto un mondo. Noi siamo due italiani da un anno in francia con un bimbo di tre anni scolarizzato francese e baby sitter frnacese. Noi parliamo sempre italiano (francese ne sappiamo poco e niente, per lavoro usiamo l’inglese). Mio figlio ormai capisce tutto molto bene ma parlare ha ancora un po’ di vergogna non tanto con la baby sitter o maestre ma con i coetanei. Come posso aiutarlo? Cantiamo insieme le canzoncine francesi e guarda cartoni in francese. Servirebbe se gli parlassi francese o lo confonderebbe e basta? Soprattutto considerando la mia pessima pronuncia e conoscenza base. Mi dispiace perché è un gran chiacchierone e conosce veramente tanti vocaboli in italiano e ovviamente in francese no e questo credo lo blocchi e limiti,
Grazie in anticipo per la considerazione
ciao Stefania, grazie per aver condiviso con noi la tua storia e i tuoi dubbi. nel vostro caso non mi preoccuperei, penso sia una questione di tempo. Assicurati che si trovi bene all’asilo, che ci sia un ambiente accogliente e nel caso prova ad invitare un amichetto alla volta in modo che il bambino senta meno pressione e sia più libero di esprimersi.
Quanto alla lingua usata a casa tendenzialmente resterei sull’italiano per i motivi che mi hai detto e anche perché a breve avrete il problema opposto ovvero mantenere l’italiano che diventerà lingua minoritaria.
Ciò che già fate guardare la tv e cantare in francese è già sufficiente. Puoi provare ad aggiungere una tecnica che ho sempre trovato efficace. Quando il bambino nomina un oggetto prova a chiedergli come lo chiamano a scuola quell’oggetto. Questo lo aiuterà a fare la connessione tra le due lingue e sentirà anche il vostro interesse come genitori per il suo mondo quando è senza di voi.
Spero che questi suggerimenti ti siano di aiuto. Se hai altri dubbi non esitare a ricontattarmi.
Buonasera, io sono italiano e mia moglie polacca, nostro figlio ha tre anni e capisce entrambe le lingue ma non parla tranne che poche parole di risposta se gli facciamo domande. Mi può dare un consiglio.
Salve Leonardo, grazie della tua domanda che potrà essere utile anche ad altri genitori.
Se il bambino comprende ciò che gli dite è già un fattore positivo che esclude rischi di problemi all’udito ad esempio.
Quando dici che il bambino risponde con poche parole dovremmo capire cosa intendi esattamente. Unisce due parole tipo “mamma fame”? Sapresti indicare se tra il polacco e l’italiano possiede un vocabolario di una cinquantina di parole?
Diciamo che se questi criteri sono soddisfatti potrebbe trattarsi solo di un ritardo nel linguaggio, tuttavia a 3 anni compiuti sarebbe bene fare un controllo dal pediatra purché si tratti di un medico informato sul bilinguismo. Anche una visita logopedica potrebbe chiarire eventuali dubbi.
Come suggerimento generale, consiglio di stimolarlo con la lettura quotidiana e osservarlo nel suo comportamento con altri bambini. In alcuni casi lo stimolo giusto con un coetaneo che rispetti i suoi tempi e i suoi tratti caratteriali può motivarlo ad esprimersi con maggiore precisione.
Tienici al corrente se vuoi e non esitare a ricontattarci se hai altre domande. Buon proseguimento!
Buongiorno, inansituto grazie per il bel articolo, molto interesante. Vorrei introdurre la mia situazione sperando lei mi possa dare un consiglio. Ho una piccola di quasi 4 anni. Io sono messicana allora da che è nata parlo con lei in spagnolo. Il suo papa è italiano e da la nascita parla con lei in italiano. Lei capisci perfetto ambi lingue, ma mi trovo nella difficoltà che da che lei è nella scuola materna (1 anno fa) mi rispondi unicamente in italiano. Prrima parlava in spagnolo ora unicamente risponde in italiano non ostante Io continuo a parlarli in spagnolo. Come posso risolvere questa situazione. Anche mi trovo nel dubbio se devo o no introdurre una terza lingua (inglese), non vorrei farli confusione. Lei capisce e parla perfetto il italiano. Lei capisce perfetto il spagnolo ma non vuole rispondere in spagnolo. Sarà il momento di introdurre la nuova lingua? Come faccio per farla rispondere in spagnolo?
Grazie
Buongiorno, articolo molto utile, Grazie!
Noi siamo in una situazione complicata, io sono marocchina e mio marito e Italo peruviano e abbiamo una bimba di 15 mesi. Viviamo in Italia e tra di noi parliamo italiano ovviamente, i parenti di mio marito parlano spagnolo e italiano e i miei arabo francese e italiano, quindi quando siamo riuniti tutti si parlano 4 lingue tutte insieme. Spesso nella stessa frase vengono mischiate due o tre lingue, abbiamo sempre pensato che esponiamo la nostra bimba in modo confusionario pur avendo notato che capisce italiano, spagnolo arabo e francese. Ovviamente leggendo l’articolo e vari commenti, mi rendo conto che non stiamo usando il metodo giusto per aiutarla ad assimilare le varie lingue. Cosa ci consigli di fare? Grazie mille