Il bilinguismo nella pratica
Mia figlia Alice è nata a Lisbona tre anni fa.
Mio marito è portoghese ma tra di noi abbiamo sempre parlato in italiano, perché è in Italia che ci siamo conosciuti e per tanti anni abbiamo vissuto a Roma.
Non abbiamo mai avuto dubbi sul fatto che con i nostri figli avremmo parlato ognuno la propria lingua sin dal primo giorno di vita, tuttavia avevamo delle perplessità sul raggiungimento del bilinguismo perfetto. In fin dei conti, vivendo in Portogallo, io sarei stata l’unica “fonte” costante di italiano in un mondo pieno di stimoli portoghesi: sarei riuscita in questa impresa da sola?
Vi racconto com’è andata.
Sin dal primo giorno, per me è stato naturale parlare in italiano con Alice; lei era solo una neonata, ma intanto il suo piccolo cervello immagazzinava suoni che le sarebbero stati familiari.
Per assurdo che possa sembrare, la difficoltà maggiore nella comunicazione è stata per il papà: abituato a parlare solo italiano in casa, si è trovato “costretto” a parlare in portoghese con la figlia appena nata e non gli veniva affatto naturale; è incredibile, vero?
Superate le prime settimane di assestamento, la comunicazione in casa ha preso una routine che siamo riusciti a mantenere.
Nel momento in cui la piccola Alice ha iniziato a interagire concretamente con noi, verso il primo anno di vita, ci siamo impegnati per cercare di trasmetterle contemporaneamente stimoli linguistici in entrambe le direzioni.
Come? Faccio degli esempi concreti.
I momenti serali di riunione familiare, dopo gli impegni quotidiani, sono stati fondamentali.
In molte famiglie si cerca di far cenare i bambini molto presto per poi mandarli a letto il prima possibile.
Noi, invece, abbiamo sempre mantenuto l’abitudine di cenare tutti insieme, ad orari compatibili per tutti.
A tavola abbiamo insegnato a nostra figlia a formulare le prime parole: il papà descriveva gli oggetti presenti sul tavolo ed io, a mia volta, ne davo la corrispondenza in italiano.
La stessa cosa succedeva durante il bagnetto, un altro momento sacro in cui la presenza di entrambi i genitori è stata essenziale per lo sviluppo del bilinguismo.
Tra uno schizzo e l’altro, Alice ha iniziato a ripetere i numeri da 1 a 10 in italiano, in portoghese e poi, per gioco, pure in inglese. Giocando con i pupazzetti che galleggiano, ha imparato i nomi degli animali e i rispettivi versi nelle due lingue.
Per lei era puro divertimento quando, terminata l’esibizione in una lingua, l’altro genitore le chiedeva di ripeterlo anche nell’altra.
Sempre a tavola, poi, con il passare dei giorni, siamo passati alle frasi semplici. Se Alice al papà diceva “A massa é muito boa“, alla mamma doveva dire “La pasta è molto buona“, altrimenti la mamma continuava a dire di non aver capito.
Anche questo è diventato un gioco e, da un certo momento in poi, intorno ai 2 anni, ha iniziato lei stessa a dire le frasi nelle due lingue, rivolgendosi prima ad uno e poi all’altro genitore.
Nelle riunioni di famiglia ha iniziato a fare da “interprete”, specialmente nelle occasioni di incontro tra i 4 nonni che parlano lingue diverse.
La parte difficile è arrivata nel momento in cui è entrata all’asilo.
Il contatto quotidiano e prolungato con tanti bambini e maestre lusofoni ha fatto automaticamente passare l’italiano in secondo piano.
È qui che è iniziata la vera sfida per me: cercare di stimolarla ogni giorno a parlarmi in italiano, anche quando le parole non le conosce. Spesso capita che, quando mi racconta cosa ha fatto a scuola, parla automaticamente in portoghese.
Allora io le chiedo che me lo dica in italiano; a quel punto inizia il discorso ma poi si perde perché, a volte, le mancano alcuni termini. In questi casi intervengo suggerendole la parola corrispondente e lei riprende o ricomincia daccapo il discorso, ampliando il suo vocabolario. Se invece sono sicura che conosce già la parola o che sa dire l’intera frase in italiano, mi limito a dire che non la capisco, fin quando lei non attiva il pulsante magico del cambio lingua. 🙂
Ci giorni di maggiore ribellione in cui capita che questa mia pretesa la infastidisca. Allora semplicemente la ignoro e in pochi secondi lei inizia a parlarmi in italiano per ottenere tutta la mia attenzione.
Lei sa benissimo che io la capisco anche se parla in portoghese e ci sono circostanze in cui mi sente parlare in portoghese per ovvie ragioni: quando ci troviamo in mezzo ad altra gente, in famiglia, a scuola, al parco. In queste occasioni non voglio sembrare maleducata parlandole in italiano davanti agli altri, ma cerco comunque di farlo, per mantenere una certa coerenza nella nostra comunicazione.
Riassumo dicendo che questo bilinguismo all’inizio mi sembrava molto più facile.
Adesso lo vedo come una missione da portare avanti, accostando all’insegnamento linguistico anche quello culturale: le faccio ascoltare e cantare la musica italiana, le parlo dei personaggi e delle tradizioni, le racconto le storie in italiano, le faccio mangiare “italiano”.
Tra qualche giorno nascerà una sorellina per Alice e il mio sogno è sentirle parlare e giocare tra di loro in italiano: spero di riuscire nell’impresa!
Chi sono
8 Commenti
E’ una fatica ma Alice ti ringraziera’.Io sono cresciuta con mamma norvegese in Italia che ha fatto come te ( veramente e’ stato un caso che abbia perseverato,non avendo per niente l’ aiuto di mio padre che era italiano).Io le ho sempre risposto solo in italiano perche’ tutti gli altri mi facevano sentire sbagliata quando non capivano cosa dicevo,in primis a scuola.Negli anni 70 non era di sicuro una cosa comune come oggi.Ho aperto la diga e sono diventata un fiume in piena a 18 anni quando mi sono trasferita in Norvegia da sola e tutto quello che avevo immagazzinato e’ uscito all’ improvviso.Mi devo scusare con mia madre,mai l’ ho ringraziata per questo immenso regalo che mi ha fatto e che l’ha sicuramente fatta sentire frustrata per anni.Continua cosi’! Tua figlia te ne sara’ grata.
Grazie Tatiana 🙂
Io ho vissuto 3 volte la tua esperienza e due dei miei figli l’impresa è cominciata quando avevano 2 anni circa perché solo con 2 anni sono diventati miei figli ma è andata bene. Per il pochissimo che ho letto, visto che mi sono quasi sempre lasciata guidare dall’istinto, è importante che mantengano l’univocità della comunicazione. Ossia, quando io parlavo con loro lo facevo solo in italiano, non importa che loro mi sentissero parlare portoghese con altri, quando mi rivolgevo a loro era in italiano e basta. Preparati perchè quando entreranno alle elementari l’impresa sarà più ardua e la tendenza a preferire il portoghese sarà sempre più forte, così come leggere in italiano per loro sarà sempre più faticoso…ma non dobbiamo mollare. Aiutano tantissimo i viaggi in Italia. È importante che capiscano che la lingua è cultura, possibilità di comunicare e vivere quella cultura che è anche la loro. I miei poi si cimentano anche con il dialetto…sono così buffi ?
Grazie Rosanna,cercherò di perseverare!
Impresa ardua! Io non riesco altrettanto bene con i miei due figli, ma constato che comprendono perfettamente l’italiano. Hanno quattro anni e mezzo e due anni e mezzo, viviamo in Francia e il papà è francese. Purtroppo, andiamo molto poco in Italia e credo sia il problema maggiore. Ad ogni modo, tutte le sere gli parlo in italiano e gli leggo storie in italiano. A volte il grande rifiuta i libri in italiano e il piccolo, quando dico il nome di un animale in italiano, per esempio « gallina », mi dice: « non ´gallina, poule ! Poule ! ». Cerco comunque di perseverare (il papà non parla italiano, o comunque molto poco). Per quanto riguarda l’inglese, il papà lo parla bene (è vissuto in Inghilterra da piccolo), ma io preferisco evitare ? Grazie per la condivisione!
Grande Claudia!!!!
Bravissima! Spero di avere presto dei figli ed insegnare loro L italiano più la lingua di mio marito. Il mio sogno e’ che siano bilingue e poi magari imparino una terza. Io ho studiato lingue e so qnt sia importante. Vc é una boa mãe!
Consigli e strategie preziose che conserverò per il mio futuro 😉
Auguri Claudia