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Brexit e infermieri: quali prospettive?

di Mary Sheffield
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Brexit e infermieri: quali prospettive?

Ben ritrovati a tutti.

Lo scorso inverno, dopo aver pubblicato un articolo su COME trovare lavoro essendo infermieri in U.K., torno a parlare dell’argomento al di là della firma apposta dalla Queen Elizabeth sul documento che permette al P.M. Theresa May di invocare il (poco) sospirato articolo 50 del trattato di Bruxelles, ovvero sancire il divorzio dall’Europa.

Devo dire che, come sempre, c’è da sottolineare la differenza tra il come vengano percepite queste notizie poco piacevoli, almeno per noi italiani emigrati qui, in Italia ed in U.K.: bisogna sempre stare molto attenti a distinguere le notizie reali dalle pure illazioni e, almeno in questo argomento, grazie ancora all’indecisione del Governo inglese su come affrontare l’argomento, devo dire che di queste ultime ce ne sono molte, forse troppe.

Nelle intenzioni della May c’e’ la cosiddetta ”Hard Brexit ‘, cioè la piena inclusione del divorzio commerciale dal resto della Comunità Europea e, nei suoi disegni, anche quello di voler limitare il libero transito dei lavoratori includendo, con la piena disapprovazione di Boris Johnson, Ministro per gli Affari Esteri, anche gli studenti universitari.

Pensando alle grandi e rinomate, con giustizia, città Universitarie inglesi, non solo Oxford e Cambridge, ma Bristol, Liverpool, Sheffield, Edinburgh solo a volerne citare alcune, viene da pensare immediatamente al tracollo dell’economia delle stesse, basato – è evidente – sulla frequentazione anche degli studenti europei che, se non sono la maggioranza allo stato attuale, sono comunque almeno un buon 40%.

Attendendo di sapere come andranno esattamente le cose vediamo di orientarci, almeno secondo la mia personale esperienza, nel mondo del lavoro della sanità inglese.

Premettendo che non lavoro direttamente con l’NHS ma per una grande catena ospedaliera privata convenzionata con lo stesso, dal numero di interventi che effettuiamo su pazienti provenienti dal pubblico, posso tranquillamente dire che il lavoro non manca, semplicemente perché l’NHS non ce la fa più a contenere la richiesta.

Non solo: sono nettamente al di sotto con lo staff medico ma sono in perenne crisi con quello infermieristico e purtroppo, sotto questo punto di vista devo dire che noi in privato non siamo messi meglio.

La richiesta da parte dell’NMC, organo regolatore della professione infermieristica inglese, dello Ielts 7.0 per poter accedere all’iscrizione indispensabile per poter lavorare, è il grande deterrente all’iscrizione di lavoratori europei da un anno a questa parte.

L’effettiva necessità di comprendere la lingua per poter erogare il giusto servizio non dovrebbe avere un limite così alto, per mio modestissimo parere, ma è evidente che, negli anni passati, ci siano stati troppi che ne hanno approfittato, partendo dai rispettivi paesi per venire a lavorare qui con un inglese 1.0 cioè al livello di ”the cat is on the table”, tanto per capirci.

Secondo grosso gap, che però ha solo il pubblico e non il privato: i quiz matematici e di calcolo dei farmaci, che bisogna fare PRIMA di accedere al colloquio Vale a dire che, se li sbagli, la tua sorte è segnata a meno che tu non faccia un colloquio più che brillante.

Deterrente non da poco, se si pensa che sono in parecchie le persone a non averli passati e che, comunque, nella vita di reparto di ogni giorno ben difficilmente verranno applicati, se non quelli strettamente di base.

Io per esempio, e lo dico con tutta onestà, nonostante i miei quasi ormai 28 anni di esperienza, di cui uno qui in U.K., non ci sono riuscita. D’accordo, l’ho fatto già lavorando qui e solo per sapere di cosa si trattasse, però rimane il fatto che, per chi non è abituato o comunque non sia in buona amicizia con la matematica, possono rappresentare un impedimento.

Devo dire quindi che, un po’ ovunque, la situazione staff sta diventando problematica.

Reperire nurse è diventato sempre più difficile e le politiche degli organi competenti non ci danno una mano. Sempre più spesso si viene chiamati a fare straordinari e questo perché la soluzione per sopperire alla mancanza endogena di personale è far fare ore extra allo staff esistente, o  ricorrere  alle agency nurses, cioè alle nurses messe a disposizione da agenzie specializzate, che pero’ sono COSTOSISSIME: basti pensare che  una ICU nurse (infermiera di Terapia Intensiva) di agency può essere pagata fino a 40 £ l’ora esentasse per turno.

Inutile dire che sono sempre più gli infermieri che lavorano a tempo indeterminato con l’NHS che scelgono di lavorare part – time con quest’ultimo, per poter svolgere turni extra strapagati.

Per contro, dopo la colossale bugia di Farage, per indurre i britannici a votare Leave, sul fatto che i soldi devoluti all’Europa settimanalmente pari a 350 milioni di Pounds potessero essere impiegati per l’NHS, cifra sbagliata perché parte dal presupposto che il Regno Unito paghi annualmente 18 miliardi di sterline come “tassa” per la permanenza nell’Unione, farà si che i cordoni della borsa sanitaria si stringano ancor di più.

In realtà, in virtù di alcuni accordi particolari stipulati da Margareth Thatcher, l’Europa applica ai britannici uno sconto immediato di 5 miliardi di sterline: il che equivale ad un “costo” di 250 milioni di sterline a settimana. Senza contare, ovviamente, il fatto che parte di questi soldi (ogni paese membro è tenuto a versarne) torna indietro sotto forma di sussidi e finanziamenti, per un totale che si aggira intorno ai cinque miliardi di sterline.

Ritornando alla Brexit, finché non sarà chiaro che la P.M. intenderà garantire la reciprocità per i lavoratori comunitari in U.K. e per quelli inglesi in Europa, per il momento probabilmente nulla cambierà, o perlomeno ci saranno cambiamenti contenuti.

La domanda pertanto resta la seguente: posso o meno ancora sperare di emigrare in U.K. come infermiere?

Per il momento , se si supera lo Ielts, secondo me, sì.

  1. Sì perché sicuramente la richiesta è alta e, specialmente se si è giovani e freschi di studi, i presupposti per riuscire sono più alti;
  2. Sì perché l’U.K. resta un paese altamente meritocratico e facilita prospettive inesistenti in Italia, come una buona carriera (non un’escalation, come prospettano molte agency, ma conseguita a prezzo di studi, qualifiche e training, dando ampio riscontro delle proprie capacità);
  3. Sì perché, per arrivare alla conclusione del divorzio invocato dalla May il 29 marzo dall’Europa tramite l’articolo 50 del trattato di Lisbona, con ogni probabilità ci vorranno molti più anni che i due previsti.

E, come ben sappiamo, almeno sotto questo punto di vista, il tempo aiuta… se non altro a prenderne dell’altro.

In Italia, per contro, la prospettiva dopo la laurea di essere impiegati dignitosamente è pari quasi allo zero, inutile perdersi in esempi e discorsi ormai sotto gli occhi di tutti. Fra questo e una situazione dubbia, ma sicuramente remunerativa ed appagante, c’è soltanto la Manica di mezzo.

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