Ieri stavo rimettendo in ordine i miei documenti personali. Contratto di lavoro, iscrizione NMC, le normali cose che ognuno custodisce nella cartella apposita. Insieme a questi, c’era anche la striscia identificativa col bar code che era apposta sulla mia valigia di migrante quando sono arrivata ad Heathrow, per poi proseguire per Sheffield. Biglietto di sola andata, come per tutti gli emigranti. Ho conservato quella striscia con la stessa cura con la quale si conserva la gomena che ti salva la vita quando ti traggono in salvo, esile legame a ciò che hai consapevolmente lasciato.
Noi, dopo due anni di disoccupazione, eravamo arrivati al lumicino. In Italia a 50 anni se resti senza lavoro, è finita: troppo giovane per la pensione, troppo vecchia per lavorare. Nel mio, poi, di lavoro, tecnico di anestesia e rianimazione, dove è evidente quanto contino esperienza e manualità, oltre che competenza, è impossibile trovare giovani neolaureati che lo sappiano svolgere, come è giusto che sia.
Quando in Italia ho fatto la mia prima job interview su Skype, ho chiesto scusa alla manager per il mio pessimo inglese e per la mia età. La risposta mi fece capire che stavo affrontando una realtà diversa a quella cui ero abituata: ‘’ it’s all right!! ’’
Cioè, fammi capire, va bene? Ma se sto facendo le selezioni con ragazzini neolaureati di 22 anni…..come può essere all right?? Mah………..comunque, cotta e mangiata. Contratto firmato, destinazione Sheffield.
Ora, lavoro e vivo qui. Non dico che sia stata o sia facile, assolutamente. Lavorare e parlare in una lingua che stai ancora apprendendo è faticare due volte, perché devi capire, elaborare, rispondere in inglese, quando a te viene ancora da dire ‘’ si, ho capito, mò vengo’’, da buona romana quale sono. Ricominciare tutto da capo. Pensavo di non farcela, davvero. Ho lasciato la mia famiglia a Salsomaggiore. Il mio compagno, le tre figlie, i quattro mici, il mio basso. Ma non avevamo scelta. Con la mia professione è stato semplicissimo trovare lavoro qui.
Ho fatto la notte in piedi, attendendo i risultati della Brexit. Con gli occhi gonfi, sconvolta, sto assistendo alla disgregazione di un paese tra i più nazionalisti al mondo, e nel frattempo aperto e curioso verso gli altri più di chiunque altro. Cosa sarà di noi, che abbiamo volontariamente scelto di vivere qui la nostra vita, spinti dalla necessità di lavorare? Non lo sappiamo. Personalmente la prima cosa che temo sono gli episodi di probabile razzismo nei confronti dei lavoratori europei.
Per quanto riguarda il mio lavoro, l’infermieristica, avevamo già chiuso con l’Inghilterra quando dal 18 gennaio l’NMC, il collegio infermieristico inglese, per iscrivere un professionista europeo, richiede l’Ielts, titolo di comprensione della lingua a livello universitario con votazione non inferiore a 7, improponibile per qualsiasi infermiere italiano medio. Ora, siamo nel caos più assoluto. Scrivo all’indomani della Brexit, consapevole che stiamo per iniziare un salto nel vuoto senza paracadute. Qui a Sheffield conosco parecchie ragazze che non hanno un contratto di lavoro stabile, e che vivono la loro vita tra un ristorante italiano, una pizzeria, un bar, lavorando ad ore in più posti nella stessa giornata. Nessuna sicurezza per queste persone. Sono giovani donne come le mie figlie, e sinceramente, sono angosciata al pensiero che la vita in questa nazione scissa non sarà mai più la medesima.
La Scozia, europeista convinta, chiederà il referendum per staccarsi dall’Inghilterra, ed essendo la parte che con Gibilterra ha avuto la quasi totalità dei voti per il Remain, è quasi certo riuscirà nell’impresa. L’Irlanda è portata a chiedere la Reunion, creando così ancora un’altra realtà. E poi c’è l’Inghilterra, dove mi trovo io e la maggior parte delle donne italiane come me.
In questo clima di incertezza totale, non so cosa cambierà a livello di trattamento e di rapporti nel mio lavoro. Spero nulla, ma la realtà di questo paese è cambiata in una notte così tanto, da non poter ipotizzare più nulla.
Vi terrò aggiornate, nei miei articoli mensili, sperando di poter rendere un servizio utile a tutte e tutti, magari in un mese anche se poco, poter scrivere con un animo più sereno. A presto.
2 Commenti
Vivo in Scozia, ma non ho una visione cosi’ nera di quello che e’ successo. Aspettiamo a vedere cosa effettivamente cambiera’ e a quel punto ognuno potra’ fare le proprie valutazioni. Il futuro non lo puo’ prevedere nessuno, e ogni analisi in un senso o nell’altro puo’ portare oggi, a 18 ore dall’esito del referendum, a dire cosa sara’ di noi expat.
Personalmente sono convinto che la professionalita’, la capacita’ e la voglia di mettersi in gioco risultino vincenti ovunque, tranne in Italia.
Raf, la mia non è una visione nera, semplicemente un commento a caldo il giorno dopo il referendum. Sappiamo tutti, e l’ho scritto e sottolineato, che il panorama è incerto. Di sicuro, non potrai dire che l’uscita dall’EU dell’UK produrra’ buoni risultati, almeno in senso economico, e questo lo stiamo gia’ vedendo a distanza esatta di una settimana, i fatti sono sotto gli occhi di tutti, inutile stare qui ad enumerarli. Se non avessi creduto che la professionalita’ e la voglia di mettersi in gioco non pagassero, credo che ora non mi avresti letta su questa pagina. Un cordiale saluto, Flavia.