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Canada: esami prima di Natale

di Elena Vancouver
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Canada: esami prima di Natale

Da alcuni anni per me il periodo pre natalizio coincide con la pesante sessione di esami che conclude il primo semestre accademico.

Decine e decine di studenti sostengono il loro ultimo scritto di Italiano e l’orale finale. Quest’ultima è una prova abbastanza complessa articolata in tre parti basate principalmente sulla conversazione guidata.

Questo è il primo anno che l’esame, dallo scritto all’orale, si è svolto completamente online, come tutto il corso d’altra parte.

Non ho mai incontrato fisicamente i miei studenti, come non ho mai incontrato quelli della sessione estiva, ma mi ha fatto meno impressione la prima volta, forse perché erano meno ed il corso più breve. 

Questa volta, complice forse anche una certa emotività che in questo periodo prende tutti, la conclusine dei nostri 4 mesi insieme sembra un po’ più amara, sento la mancanza di un reale saluto. 

Di solito all’ultima lezione portavamo un panettone e un pandoro da condividere, spostavamo i banchi e facevamo un gioco, ci salutavamo con la certezza di rivederci nei corridoi della facoltà nei mesi successivi. 

Questa Fall session 2020 è stata profondamente diversa e ne ho sinceramente sofferto. 

Io devo stare in classe con i miei ragazzi, li devo guardare da vicino, li devo ascoltare, ho bisogno che siano anima e corpo in contatto con quello che imparano. L’emotività, la condivisione, la connessione psicologica tra loro e con me è fondamentale per apprendimento della lingua.  Per altre materie non so, non mi pronuncio, vedo molti colleghi quasi sollevati dal non dover più interagire personalmente con gli studenti.

Io i miei li conosco tutti per nome, dal primo all’ultimo, so cosa gli piace e cosa no, so perché studiano la mia materia, so quanti fratelli e sorelle hanno, so da dove vengono, gli do un fazzoletto di nascosto se gli viene da piangere.

Non chiudo mai la porta del mio ufficio perché devono venire a trovarmi quando possono, adatto a loro il programma e non credo nel contrario, sorrido ogni volta che entro in classe e ricevo molti sorrisi in cambio, non mi predo sul serio perché voglio che sappiano che non c’è nulla di grave, nulla di rigido, nulla di insormontabile nella nostra relazione.

Io adoro i miei studenti, li amo perché sono giovani, sono fragili, sono pieni di potenzialità e di paure e sento una fortissima responsabilità generazionale, accademica e umana nei loro confronti.

Non ho scelto la carriera universitaria perché mi pagano bene e faccio tante vacanze, o per dedicarmi alle mie ricerche e pubblicazioni, non sono una raccomandata che è finita dietro una cattedra grazie all’amico o alla famiglia ed è quindi scivolata in una scelta di comodo.

Io insegno perché mi piace da morire.

Mi dà una carica ed un’energia incredibili, mi fa crescere, mi mette in contatto con persone speciali mi dà la possibilità di darmi, di dare, di fare la differenza nella vita degli altri.

Non ci ho trovato nulla di buono in quest’isolamento che viviamo da mesi, nulla di positivo in un campus che sembra una città fantasma, in un’interazione online che ci siamo fatti andare bene per forza, che potrà anche essere stata occasione di rinnovamento metodologico e ci ha certamente insegnato che molto è possibile sfruttando la didattica online,  ma che è arida e toglie moltissimo in termini di apprendimento e scambio. 

Senza offesa per quelli che riescono a vedere il bicchiere mezzo pieno, ma è da sociopatici trovare del buono in quello che ci sta capitando, che sta capitando ai nostri ragazzi.

Mi apprestavo quindi a concludere mestamente questo ciclo di esami, dopo aver concluso altrettanto mestamente il corso un paio di settimane fa. Ma che sorpresa mi hanno fatto i miei studenti! Quando ho aperto Zoom per iniziare i test con loro li ho trovati vestiti con le maglie della nazionale di calcio Italiana, o con quelle della scuderia Ferrari, cappellini  rossi o blu e background alle loro spalle con stadi, circuiti di formula uno, panorami fiorentini, libri in italiano dei loro nonni che sono passati a loro ora che stanno imparando la lingua. 

Ho ricevuto mille ringraziamenti per un corso che ho faticato tanto a rendere più umano e temevo di esserci riuscita solo parzialmente, ed invece è stato il migliore del loro semestre.

E’ stato  quello a cui “andavano” con piacere, l’unico in cui hanno fatto amicizia con i loro compagni.

“Grazie Professoressa, ‘cause for the very first time in 20 years I was able to understand my nonna last Sunday!”,  mi ha detto M., canadese doc con nonni emigrati qui dall’Italia 50 anni fa.

“I really enjoyed your class Professoressa, I’m graduate next semestre but I’ll keep study italiana it’s so easy for me!”, mi ha dato L., un ragazzo Franco Congolese che già parla 4 lingue.

“I’ll go to Italy soon, and I hope I can visit Maranello!”,  mi ha detto M. appassionato di formula uno. 

“Grazie per essere stata comprensiva”, mi ha detto in italiano O.

“Grazie, so che per Lei è stato difficile insegnare online ma mi sono divertita!”, ha detto L., “Si vede che Lei ci tiene a noi”, ha aggiunto I.

Sì ragazzi, ci tengo, non siete un numero di matricola, non vi valuto per punti percentuali.

Vi vedo per quello che siete, per la forza e la debolezza che avete. Vedo quanto vi è stato tolto in questi mesi, i sacrifici che fate per studiare, lavorare, vivere lontano dai vostri genitori in un momento così difficile. Vedo la frustrazione di chi è dovuto tornare in posti da cui era fuggito e dove internet è illegale, quella di chi non può partire e si sente solo.

Vedo quanto riuscite ancora a ridere e prendere le cose con leggerezza, vedo la certezza che avete quando parlate dei vostri progetti futuri, di come ripagherete il prestito universitario lavorando, dei viaggi che volete fare, delle persone che volete conoscere. 

Non sono un professoressa “facile” non lo è nemmeno il mio corso, ma sono una persona empatica e questo fa tutta la differenza. Mi costa moltissimo in termini di energia insegnare , perché ce la metto tutta, dò tanto. Ma vengo sempre ripagata dai mie studenti, con tempistiche più dilatate e sempre attraverso uno schermo ma è arrivata la loro ondata di affetto e riconoscenza anche questa volta.

Vi dico il segreto per insegnare con successo?

Gli studenti imparano cose che gli interessano da persone che hanno interesse verso di loro. Niente di più, niente di meno.

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1 Commento

Elisabetta 20/12/2020 - 08:00

Ho letto con interesse e commozione il tuo scritto !!!!! Scrivo da Padova,Veneto operoso,chiuso ancora di più rispetto al resto di Italia……Mi sento in linea con il tuo pensiero: i ragazzi di oggi sono privati della loro giovinezza,del loro sapere in aula,delle risate alle spalle dei proff…..degli scherzi fatti ai proff…..della stanchezza di essere in classe attenti e partecipi alla lezione…della interrogazione a sorpresa…del brutto voto se non sei preparato.Io ho frequentato il liceo ai tempi del terrorismo,il rapimento di Moro.All’universita alla lezione di economia politica serale sentii le sirene: Dozier,il militare americano rapito,era stato liberato a Padova.Ricordi indelebili…Il 7 aprile 1976… il terremoto del Friuli che anche a Padova fu forte….Tutto questo mi appartiene.Questa FACCENDA il virus mondiale NON la reggo più.Sono stata rigorosissima questo inverno: a Pasqua chiusa in casa con un sole estivo !!!!! Ora mi hanno RUBATO la mia libertà!!!! Natale significa casa ,origini,luoghi del cuore: chiuso tutto!!! Perché??? Perché molte persone non hanno compreso il significato di chiusura,attenzione,rispetto delle regole impartite per fermare il propagarsi del virus!!!! Il mio vicino di casa,abita sotto il mio appartamento, lui avvocato il figlio primogenito avvocato ha fatto ciò che ha voluto!!!! Il giorno di Pasqua erano in 15 persone a fare festa in casa….cosa fai il di’ di Pasqua??Chiami la polizia per segnalare assembramenti?!? No cerchi di stare sereno.Il risultato è questo.Buone Feste 2020

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