Cara mamma,
mi trovo in un aeroporto e ti penso.
Non è la prima volta che mi succede, quando, da due anni a questa parte, gli aeroporti sono diventati i posti dove i miei occhi si perdono totalmente nei tuoi.
Ho appena sbirciato una madre salutare da lontano, con timidezza, la figlia in partenza.
Un po’ come fai te, in silenzio, senza troppa teatralità.
Ti ho rivista sai, in quella mano che fluttuava nel vuoto, e in quegli occhi che sembravano dire “Mi raccomando, appena atterri chiama”.
Eh.. i tuoi occhi e gli aeroporti.
Che accoppiata letale sono diventati, per me, da quando sono partita: dolore o gioia immensa.
I tuoi occhi negli aeroporti.
Che mi cercano agli arrivi e quando li incrocio il cuore si scioglie; che non mi mollano nemmeno per un secondo alle partenze e quando li saluto il cuore si spezza.
I tuoi occhi, che ovunque essi si trovino mi guidano da quando sono bambina, tra espressioni di rimprovero e altre di orgoglio.
Sono, forse, la cosa di te che più mi manca, così grandi e intensi, così scuri e belli, capaci di indicare, sempre, la via giusta da seguire.
E forse, in ventisette anni, la strada più bella me l’hanno indicata tre anni fa, nel 2015, quando mi hai dato nelle mani un biglietto per Londra.
Eppure per anni ho creduto che una donna tradizionalista e conservatrice come te mi avrebbe incoraggiata a percorrere un sentiero normale, comune a chi come me viene da un paesino di 7000 abitanti e da una famiglia umile di operai.
Una laurea conseguita nei tempi previsti, e poi un lavoro nel raggio di 20 km. Una casa vicino a voi, una vita totalmente ordinaria.
Invece no, non era questo che volevi per me e quando mi hai regalato Londra l’ho capito.
Il giorno che sono partita per la città più bella del mondo i tuoi occhi mi dicevano quello che non avevano mai avuto il coraggio di dirmi.
Vai, parti, conosci, incontra, vivi. Fai quello che io non ho mai fatto, non avere paura che comunque vada io sono qua.
Non mi hai regalato solo un’esperienza di studio all’estero, ma un pezzo di mondo nuovo e diverso, che ho sentito mio dal primo istante.
Mi hai dato quello che tu sapevi non avresti potuto darmi personalmente. L’incontro con la bellezza della diversità, gli stimoli di una città internazionale e aperta.
Hai lasciato che la mia strada si incrociasse con quella di altri giovani da tutto il mondo, conscia del fatto che tutto questo mi avrebbe inevitabilmente cambiata. Per sempre.
Sospiro, mamma, mia dolce e bella mamma, che mi hai sempre dato tutto, senza volere mai nulla in cambio.
Sospiro perché ora ti vorrei qua con me, in attesa, al gate 18.
Con la tua “ansia da aereo”, che mi chiedi se adesso puoi mettere via il passaporto. Se ti ricontrolleranno il bagaglio o se questa bottiglietta devi buttarla prima di salire a bordo.
Vorrei portarti via, per un weekend tutto nostro, magari in una bella città italiana sul mare, a respirare l’aria buona e a mangiarci un cornetto alla crema, il nostro preferito.
E invece io sono in America e il meglio che posso trovare è una ciambella colorata piena di zuccheri da far venire il vomito e tu… ti conosco sarai a casa sul divano perché la colazione al bar non te la concedi mai.
Fammi una promessa mamma: goditela questa vita!
Ti prego, fallo perché te lo meriti, dopo tutti questi anni in cui hai dato tutto agli altri e quasi niente a te stessa.
Smettila di vivere di sacrifici e di rinunce, compratela quella gonna nel negozio sotto casa che ti piace tanto, fattela una gita con papà in Toscana.
Se adesso chiudo gli occhi, non posso far altro che rivederti in quella madre che mezz’ora fa salutava la figlia.
Tu che sventoli quel braccio mingherlino cercando di non farti notare troppo dai passanti, tu che incassi in silenzio il colpo di una figlia di nuovo in partenza.
Tu, la donna semplice di provincia, che senza viaggiare, mi ha cresciuta cosmopolita.
Tu, che mi hai insegnato che conta di più la qualità della quantità, che mi hai educata a circondarmi di cose belle e autentiche.
Mi chiedo, come ho fatto altre mille volte, se l’immenso amore e riconoscenza che provo nei tuoi confronti potranno mai essere abbastanza.
Intanto, sappi che ti penso, mamma, in questo lungo volo che vorrei tanto mi portasse direttamente tra le tue braccia e nei tuoi grandi occhi, agli arrivi di Malpensa.
7 Commenti
Silvia, non sono riuscita a finire il tuo splendido articolo e lettera senza versare una lacrima. Quante volte mi fermo anche io a fissare mamma e figlia che si salutano emozionandomi,pensando ‘dove sarà ora mamma?’. Ci hanno regalato il mondo,come dici tu. Grazie mille per aver messo su parole tutti quei momenti che rimangono sospesi tra gli occhi e il cuore. Un abbraccio grande, Marta (attualmente in Svizzera:)).
Mi ritrovo in ogni singola parola. e rivedo la mia di mamma nella signora in aeroporto e nella tua mamma che ti saluta. Mi hai fatto commuovere tanto. Stiamo vivendo una vita bella piena di nuove esperienze ma in fondo in fondo al nostro cuore resta sempre un po’ di malinconia per aver lasciato la nostra famiglia a casa e non poter condividere con loro la nostro quotidianita’.
Sei riuscita a farmi piangere…
Bellissimo, non so dire altro. Mi hai fatto commuovere!
Grazie, per avere messo per iscritto quello che provo sempre in areoporto quando la mia mamma mi saluta o mi riaccoglie a Malpensa! Mi hai fatta commuovere per la profonda verità che sta nei nostri sentimenti.
Sono una mamma ed ho pianto nel leggerti.
Grazie per queste bellissime parole.
Io invece sono la mamma che saluta sua figlia dalla altra parte della fila, ciao Susanna, ormai sono 6 anni che ci facciamo ciao con la mano,e non molliamo i nostri occhi l una sulla altra finché l’ultima porta non si chiuderà, ciao , ma quanta nostalgia ,malinconia e al tempo stesso orgoglio di avere figlie così !