Cara Thailandia, odi et amo.
Ti odio, e te lo voglio dire in faccia. Si dice che soltanto dall’odio può nascere un grande amore: non saprei, sono sincera. Si dice anche che per andare d’accordo bisogna parlare, quando tu, non sai nemmeno che cosa significa “parlare”.
Ho sposato un uomo delle tue parti e mia figlia è thailandese quanto te.
In Italia, mio marito ha un permesso di soggiorno valido dieci anni: può entrare e uscire quando crede, mentre io, per rimanere qua con la mia famiglia, devo rinnovare il visto ogni anno.
Sebbene ritenga una seccatura questa modalità di regolarizzazione della mia presenza, sto alle regole senza fiatare.
Così, anche quest’anno, ad un mese dalla scadenza del visto ho preparato tutta la documentazione – con tanto di foto di me e mio marito dentro e fuori casa! – e sono andata all’immigrazione.
Il dossier è lo stesso dell’anno scorso, non ho né divorziato né mi sono risposata e tu, fredda e calcolatrice come chi crede di essere costantemente derubato, dopo aver visionato tutto almeno tre volte mi guardi dritto negli occhi e vuoi sapere dove si trova mio marito. Mi manca l’aria.
Con rabbia vorrei urlarti che “io non ho bisogno di nessuno e che non c’è scritto da nessuna parte che devo rinnovare il visto familiare alla presenza di mio marito”.
Telefono ad Alee che mi raggiunge nel giro di un’ora.
Ora sul passaporto ho il prolungamento del visto di un mese, il tempo che ti serve per le valutazioni del caso, allo scadere del quale devo ritornare all’immigrazione per l’estensione del visto di un anno.
Cara Thailandia, te lo chiedo ancora: “ti serve altro?”.
Me lo spieghi perché ogni tre mesi devo tornare all’immigrazione per quella che chiami “the 90 days notification?”. Mi sento come un ultrà diffidato che durante la partita deve andare in questura a firmare, un trasgressore che se va avanti così finisce male, un teppistello che devi tenere d’occhio, uno studente che ha bisogno di una raddrizzata.
Ma chi sei tu, in realtà? Di che cosa hai paura? Parla!
Tu non parli, è così e basta.
Cara Thailandia, tu sposi tutti, non ti chiedi che cosa possa trovare di interessante una giovane thailandese in un uomo straniero di settant’anni; a Bangkok le coppie miste si sposano in processione dopo aver preso il numero alla reception e i testimoni sono la coppia con il numero che segue.
Questo, devo ammettere, mi piace di te: suona di libertà, non discuti e te ne freghi, una sorta di vivi e lascia vivere. Uno uomo che sposa una thailandese per rimanere in Thailandia deve mostrarti il conto in banca, depositare una consistente somma di denaro per mesi. Chi ha un permesso di lavoro valido, uomo o donna che sia, se non è sposato con una o un locale ogni tre mesi deve uscire dal territorio. Questo in linea generale.
Chiunque tu abbia davanti, ti riservi il diritto di richiedere informazioni aggiuntive e di decidere chi rimane dentro e chi invece deve uscire. A me, in quanto donna, moglie e soprattutto madre di cittadini thailandesi, hai riservato un trattamento più dolce che però non mi fa sentire benvoluta.
Ogni volta che vado all’immigrazione mi sembra di sostenere l’esame di laurea, anzi peggio: è come se firmassi il consenso informato prima di un’operazione a cuore aperto. Le regole, le tue regole non sono chiare, gli interpreti traduttori non le spiegano e i pochi blog fondati da stranieri non danno che informazioni parziali, legate all’esperienza di chi scrive.
Il tuo inglese fa acqua da tutte le parti, e io troppe volte non capisco e mi sento fuori luogo.
Ho portato tua figlia nel mio grembo per nove mesi, ha i tuoi stessi geni e ora parla la tua lingua. Devi accettarmi per questo.
Cara Thailandia, odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior*.
*ti odio e ti amo. Come possa fare questo, forse ti chiedi. Non lo so, ma sento che così avviene e me ne tormento.
Chi sono
1 Commento
Questo tuo ” odio” io lo capisco veramente anche se noi viviamo in Australia e in Tailandia però ci siamo conosciuti! Anche io ho odiato a morte questa trafila lunga e invasiva durante tutto il processo del visto….appunto: processo, come fossi imputata. E anche adesso che siamo finalmente diventati cittadini e ci manca solo il passaporto per cui dobbiamo fare richiesta la trafila non è finita, anche stavolta vogliono l’ultima scheggia di inquisizione e quindi qualcuno con certe caratteristiche deve firmare e garantire per noi….ancora una volta, l’ennesima volta dopo anni e anni di documenti, foto, esami. Non si può fare a meno di prenderla sul personale perché sembra ingiusto ad un certo punto ma per il paese di adozione purtroppo non c’è niente di personale, siamo solo casi da approfondire e numeri da applicare.