Cari parenti e amici
ovvero L’orribile destino degli expat in vacanza in patria
Qualunque sia l’opinione personale sull’expat e sul perché delle sue scelte di vita, su un particolare concordano tutti: l’expat ama viaggiare.
Questo è tanto vero quanto tragico.
È tragico perché, se l’expat non è ricco, quei tre soldi che mette da parte li usa per una sola cosa: andare a trovare mamma e papà.
Ahhh, home sweet home.
Nell’esatto istante in cui acquista il biglietto online, l’expat chiude gli occhi e pregusta il profumo di sugo fatto in casa.
Vede immagini di pomodori degni di essere chiamati tali, si figura sua madre con mestolone e cucchiara accoglierlo alle 8 di mattina con “buongiorno, è pronto il caffè”.
Sente il morbido dei cuscini del divano affondare sotto di sé quando si siede accanto a suo padre che legge il giornale, ormai con gli occhiali da presbite perché la vista si è abbassata.
Avverte la brezza del vento che smuove i suoi capelli (se non è un expat pelato), mentre passeggia per le strade di quando era infante.
Si ferma al solito bar. Dal panettiere. Dal giornalaio.
Ha i suoi riti, i suoi ritmi, le sue cose. Ha bisogno di rilassarsi e ritrovare un po’ di radici per qualche giorno, insomma.
O almeno, gli piacerebbe.
Nell’esatto istante in cui acquista il biglietto online, l’expat chiude gli occhi e sa già che ha appena pagato per una tragedia collettiva, della quale si ritroverà attore protagonista senza averlo chiesto (e teatro greco scansati proprio).
L’expat, che quando ha ferie vorrebbe tanto andare a visitare qualche spiaggia esotica o qualche nuova rovina, fiuta entro il primo anno la fregatura della vacanza, e si ritrova ogni santa volta a casa di mammà per questioni di budget e per questioni di tempo.
D’altronde vive solo all’estero, mica è diventato zio Paperone, quindi ha lo stesso numero di giorni di vacanze della popolazione mondiale.
Allo stesso modo, il suo tempo è suddiviso come quello di un qualsiasi altro essere umano. Un paio di settimane di vacanza non sono poi così tante e di certo non bastano a rivedere tutti.
Se l’incontro non avviene: orrore. L’expat è un conoscente morto.
Tipologie di parenti e amici in attesa dell’expat
L’egocentrico non aspetta di vedere l’expat, gli dà udienza. Attende che si faccia vivo e, se non lo fa, si rintana borbottando pensieri cupi e mantra contro la sua persona. Questo tipo non concepisce la possibilità che l’expat non abbia il tempo di incontrare proprio lui.
Il vittimista agisce a livello subdolo. Posto che lui non ha mai colpe, perché ha la grande abilità di scaricare ogni responsabilità su altri esseri umani/sul fato, dà per scontato che si vedrà con l’expat; se ciò non accade, si rintana anche lui borbottando; a differenza dell’egocentrico, tuttavia, sciorina una serie di frasi costruite ad arte per farlo sentire una brutta persona.
L’amicone si definisce dal motto “ci vediamo sicuro!” e poi sparisce. Salvo farsi vivo a 48 ore dalla partenza dell’expat, chiedergli un appuntamento sapendo che non potrà avere il tempo materiale di organizzarsi all’ultimo, e concludere con un “peccato, ci tenevo proprio”. Menzione speciale per l’amicone che si fa vivo 24 ore dopo che l’expat è ripartito, con la frase “ma come eri quiiiiiii????? Non lo sapevoooooo”, nonostante abbia visualizzato tutte le sue storie sui social fino al giorno prima.
Il puzzone fa capire all’expat che sa che c’è ma aspetta che gli scriva lui. Se non lo fa, si offende fino a togliergli il saluto, sparlando di quanto il nostro sia diventato snob da quando vive all’estero.
Il vip, infine, fa un gran favore all’expat decidendo di incontrarlo. È molto impegnato e non sa se riuscirà a liberarsi, dà risposte secche e non fa domande. Possibilmente è meglio se gli si chiede cosa stia facendo di importante, perché è bene ricordarsi che il vip ha una vita, sicuramente più interessante di quella dell’expat.
Come tutti immaginano l’expat
A spasso per i campi, con i piedi all’aria, a mangiare lasagna e a incontrare chiunque, mentre se la tira raccontando storie che non interessano a nessuno su come lui sia diventato qualcuno all’estero.
È noto che l’expat abbia tutto il tempo del mondo e, fondamentalmente, se dice di non potersi liberare per una cena è perché non gli interessa.
Cosa succede nella realtà
Pant pant pant. È il suono dell’expat affannato, emesso dal momento in cui il poverino mette piede sul territorio casalingo fino a quello in cui lo rimette sulla scaletta dell’aereo.
Corre da matti, dorme poco e rientra più stanco di quando era partito.
Viene strapazzato e tirato per gambe e braccia ma, invece di sentirsi il cantante di una boy-band all’ingresso dell’albergo, somiglia a un registratore degli anni ’80 che spara le ultime cartucce.
Risponde sempre alle stesse domande che nemmeno un call center, tutte della stessa natura: quanto guadagni – quanto paghi di affitto – quanto mangi italiano. Può anche aver scalato un monte a mani nude, nel frattempo, o essere diventato Sindaco del paese, non se ne accorge nessuno.
Ingrassa: fedele suo malgrado al motto “ti vedo deperito”, l’expat viene rimpinzato e guai a dire di no.
Prova a rilassarsi cercando di rubacchiare qualche giorno di vacanza – in fondo non era questo l’obiettivo del viaggio? – , ma viene ugualmente inseguito dalla sveglia, perché la Zia Pina ha suonato alla porta.
Se poi vive nel paese dei medici pazzi come la sottoscritta, spende metà del suo tempo in visite mediche con medici veri.
Infine, fa la conta di chi è rimasto fuori. Un, due, tre: occhi chiusi, pesca il bigliettino e via.
Qualcuno bisogna pure sacrificarlo.
Postilla
Cari parenti e amici, nessuno è sacrificabile.
Ci piacerebbe vedervi tutti, ogni volta.
Ci piacerebbe avere un orologio speciale che dilata il tempo, e una resistenza fisica che ci consentisse di stare svegli 20 ore su 24.
Ci piacerebbe avere uno stomaco di ferro, per assorbire tutte le peperonate de mammà e tutti i dolci che ci arrivano in regalo.
Ci piacerebbe anche poter reggere tutti i bicchieri di vino buono che ci propinate, bevi qualcosa, vuoi bere qualcosa?
Ci piacerebbe, tanto che a volte si preferisce non chiamare: fare come se si fosse in punta di piedi, a entrare sul palcoscenico cercando di non far scricchiolare le assi sotto il proprio peso.
Meglio andare e venire in silenzio, a volte, per milioni di motivi.
Per non deludervi.
Per non dover per forza parlare.
Per godersi l’abbraccio di casa più lungo del mondo.
Per goderci un tempo tutto nostro, di quella tanto bella amata Italia.
Cari parenti e amici,
ci vediamo alla prossima.
Chi sono
8 Commenti
FANTASTICA!!!!!!!!!!!!!!! Mi piace un sacco e mi ci ritrovo!!! Ogni volta pensero’ a questo scritto e sorridero’ !! Grazie per averlo scritto!
Grazie Monica 🙂
Mi succede da 25 anni….
descrizione perfetta, hai colpito nel centro .
Mi dispiace deluderti, ma con gli anni non cambia poi molto 😊
Nessuna delusione, non ho mai pensato il contrario 😀
Tutto verissimo! Confermo al 300%. Inclusa la « zia » che suona alla porta di prima mattina
Si…confermo. l ultimo w.e sono ho duvuta scappare in una spa…mi son fatta 3 giorni di spa, ma cmq non mi ero ripresa. Sono partita stanchissima, esausta. Volevo gridare ” pietà,
Pietà, non vedete che proprio non ce la faccio più?”
Che meraviglia!!! fai morire dal ridere Paola. Io ho risolto sacrificando qualche soldo, torno in patria ma prendo casa al mare, chi mi ama mi segua..portandosi lenzuola e cibo però ahahhah
mi pare giusto 😀