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Parlar el Català/Catalano: come sono arrivata fino a qui?

di Caterina Barcellona
Figueres; Museo Dalì; Barcellona; guide turistiche
Figueres; Museo Dalì; Barcellona; guide turistiche

Io e tre compagne di corso in gita/studio al Museo Dalí

Ieri mi trovavo al corso di approfondimento per guide turistiche che sto frequentando in questi mesi. Ascoltavo Carles, il professore, parlarci della guerra di successione in Catalunya del 1714. Ad un tratto ho vissuto un vero e proprio black out. Mi guardavo intorno stordita, e nonostante fossi consapevole di dove mi trovassi, mi domandavo:

Cosa ci faccio qui? Come ci sono arrivata?

Circondata da persone semi sconosciute, seguendo una lezione in catalano e prendendo appunti in un misto di spagnolo, catalano e italiano.

Mi scattò il momento Pacca sulla spalla, e pensai:

Brava Caterina! Ne hai fatti di passi avanti!

Non solo parlo e penso constantemente in spagnolo, ma ultimamente lo faccio anche in catalano (stendo un velo pietoso sul come scriva i whats App). E pensare che all’inizio il catalano non mi piaceva neppure tanto!

Quando nel 2012 mi trasferii qui non parlavo nemmeno lo spagnolo. Ammetto di essere sempre stata predisposta nell’apprendimento delle lingue perché sono una gran chiacchierona, e pur di poter parlare… mi butto! Il mio spagnolo si riduceva a qualche conversazione via Skype con Alberto, il mio compagno. Dopo un mese di corso intensivo di spagnolo iniziai uno stage presso un ostello e trascorso un altro mese fui assunta presso l’impresa di Bus turistici della città, Barcelona City Tour. 

Sottolineo che nonostante parlassi quattro lingue, mi sento molto fortunata ad aver trovato subito lavoro: la situazione spesso non è così rosea.

Bus turistico, promoter, Barcellona

Io e un mio collega scherzando sulla Rambla in uniforme Barcelona City tour

Nello stesso anno mi iscrissi ad un primo corso di catalano. La Normalització lingüística  offre corsi per gli stranieri a prezzi ridottissimi, facilitando l’apprendimento della lingua e la conseguente integrazione. Durai una settimana. Vivevo a Barcellona da soli tre mesi e tra il mix spagnolo, italiano, inglese e francese, aggiungere il catalano era davvero eccessivo!

Catalano; lingua; apprendimento; Barcellona

Ce la puoi fare!

Durante il primo periodo di lavoro sognavo tantissimo. Addirittura una volta Alberto si svegliò nel cuore della notte perché io stavo gridando “Green line there! Orange line here!” Un’altra notte dissi: “Me lo puedes repetir, porfavor?” Gli feci talmente pena, che mi abbracciò e mi accarezzò i capelli. Quando la mattina seguente me lo raccontò, ricordai che effettivamente nel sogno qualcuno mi stava parlando in catalano, ed io avevo difficoltà a capirlo.

Nel 2013 attraversai la FASE REPULSIONE. Il quaranta per cento degli italiani residenti a Barcellona sembra non averla ancora superata, a mio avviso. Mettici che il catalano, seppur lingua e NON dialetto (non azzardatevi) ha suoni che possono sembrare più popolari, per così dire.  Può ricordare foneticamente alcuni nostri dialetti (ed a me purtroppo i suoni dialettali non sono mai piaciuti eccessivamente). Aggiungici che a tutti può capitare di incontrare il maleducato (uno appunto, non tutti sono così), che nonostante gli si parli in spagnolo ti risponda in catalano, anche se è evidente che si trova di fronte a una persona straniera. Condisci con i moti indipendentisti (non entro in questioni politiche) e la promozione costante della lingua catalana. Arrivi ad un rifiuto totale. Però per me si trattava anche di una sfida: non mi volevo perdere niente del mio nuovo paese di adozione. E poi, la maggior parte degli spettacoli teatrali sono in catalano e volevo potermeli godere pienamente!

Nel 2013, per attutire queste mie controversie interne, mi iscrissi ad un corso di teatro che si svolgeva in catalano. Capii anche che, dedicandomi al turismo e quindi ai servizi per il pubblico, il mio CV sarebbe stato sempre carente della conoscenza del catalano. Ci sono persone che lavorano in imprese internazionali e magari ne possono fare a meno, ma se ci si vuole dedicare a servizi, educazione, istituzioni, etc., la conoscenza della lingua diventa un requisito indispensabile.

E fu così che il 2014 diventò per me l’anno del:

PARLAR EL CATALA’!

bandiera catalana; quattro strisce rosse; Barcellona

La Senyera, bandiera catalana

Mi iscrissi nuovamente al corso della Normalització lingüística. Le lezioni mi fornirono le basi per passare all’apprendimento della lingua. Abbandonai dopo due mesi perché personalmente trovavo il corso davvero troppo lento, però compensai iniziando a praticare il catalano con panettieri, donne delle pulizie, addetti alla sicurezza, gatti, cani e quant’altro.

Poi ricevetti una telefonata.

Risposi in catalano. Mi sentivo come una spugna, che stando zitta durante un anno e mezzo, non aveva mai smesso di assorbire e immagazzinare.

Chi mi aveva chiamato? La responsabile dell’organizzazione delle visite guidate al Palau della Musica Catalana che desiderava fissare un colloquio di lavoro.

Palau de la Musica Catalana; Barcellona

Palau de la Musica Catalana

Il colloquio si svolse in catalano, francese, inglese e spagnolo. La responsabile disse che era evidente che mi sapessi esprimere in catalano e  che capissi tutto perfettamente, ancora più importante. In un posto come il Palau, che è il simbolo dell’identità catalana, non può accadere che qualcuno, interpellato in catalano, risponda: “Me lo puedes repetir por favor?”!

Stringemmo un accordo: durante il primo mese di lavoro avrei condotto visite solamente in lingua inglese, e successivamente avrei iniziato alternando quelle in spagnolo, francese, catalano e italiano. Ricordo ancora il giorno che precedeva il mio debutto ufficiale in catalano. I miei genitori stavano trascorrendo una settimana a Barcellona e organizzai una visita di prova anche per loro. Nel salotto, ad ascoltarmi, c’erano Alberto, i suoi ed i miei genitori, mentre io sfoggiavo il mio catalano nuovo di zecca… E loro mi correggevano, ovviamente. In realtà mia mamma si limitava a sorridere: sono già bravi a provarci con lo spagnolo, è meglio che non si confondano troppo!

Catalano; buoni propositi; Barcellona; 2014

Buoni propositi

La temutissima prima visita in catalano andò abbastanza bene. Sopravvissi. Negli anni poi ho acquisito molta scioltezza.

In ogni caso è bene puntualizzare che reputo i catalani un pubblico abbastanza “facile”per uno straniero. Come si dice qui in Spagna, ad un catalano se le cae la baba, (cade in preda all’adorazione più completa), quando sente uno straniero che si esprime nella sua lingua. Mi sembrano poco intransigenti (ben diverso è il terrore che noi guide abbiamo dello sbagliare una pronuncia durante una visita in francese). In generale sono ben disposti ad incoraggiare chi si accinge a parlare a catalano, e perdonano facilmente qualche errore o strafalcione. Sono onorati che qualcuno di un altro paese dimostri interesse per la loro cultura.

Altro discorso se si parla dei contenuti. Chi meglio di un catalano può conoscere (o pensa di, ma questo è un altro discorso) la storia del Palau della Musica Catalana? Può capitare che nel gruppo della visita ci sia il classico saccente di turno che non vede l’ora di dimostrare tutto il suo bagaglio culturale in merito. L’individuo può essere pericoloso nel momento cui interrompe la visita ed entra in contrasto con la guida. Cosa fare?

Dargli la medaglia, il premio! Sia che l’informazione da lui fornita sia certa o no, la cosa migliore è mostrare il proprio sorriso migliore e farselo amico. Successivamente offrire al saccente il protagonismo che tanto anela, magari citando una delle sue affermazioni. In seguito, continuare tranquillamente il proprio discorso: il nemico è stato neutralizzato, ha ottenuto ciò che desiderava ed è quasi certo che non disturberà più.

Quindi, vi è venuta voglia di imparare il catalano? Spero proprio di sì! Andate sul sito http://www.cpnl.cat/ e iscrivetevi ai corsi: in un baleno sarete pronti a…

parlar el català!

P.s. Da quando lo parlo, mi piace molto di più!

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