Il codice dell’anima
“Partire o Restare?”
Le lettrici, che si trovino in patria o all’estero, quando mi contattano, spesso, mi chiedono: “parto o rimango dove sono?”.
Sono donne interessate all’incontro con il diverso e a una conoscenza più profonda di loro stesse.
Grazie al mio lavoro di terapeuta, ho capito che una delle paure più grandi di una donna è quella di non rispettare le aspettative dell’ambiente sociale; se poi sono coinvolti dei bambini, questa paura dilaga.
Il lavoro fisso, la mancanza o la precarietà del lavoro, il fidanzato che desidera una convivenza, i genitori che “avrebbero voluto qualcosa di diverso”, i figli che devono cambiare scuola e amichetti – la lista non finisce di certo qua – sono tutti ambiti in cui una donna, a livello più o meno consapevole, sente di avere paura di non fare del suo meglio e di far soffrire i propri cari.
Angoscia e senso di inadeguatezza si insinuano precisi come un bisturi dal taglio sottile, e la domanda assume un peso difficile da sopportare: “dove sbaglio?”, e poi: “parto o rimango dove sono?”.
Ho scelto di parlarvi di un libro alquanto insolito sull’argomento expat, poiché esce dagli schemi della psicologia comunemente conosciuti. James Hillman (psicologo analitico, discepolo di Jung) nel libro “Il codice dell’anima” affronta un tema fondamentale: l’esistenza.
L’argomento è complesso, soprattutto se pensiamo che poeti e filosofi se ne occupano da millenni.
La mia sfida consiste nell’aprire una porta nell’immaginario femminile che si discosti dal buon senso comune e che ci aiuti a porre domande diverse da quelle che quotidianamente ci facciamo.
Le donne che emigrano o che vorrebbero emigrare, quando si rivolgono a me, hanno uno di questi problemi o più di uno insieme: ho una laurea e un master e lavoro a progetto o su chiamata – il mio fidanzato ha un buon lavoro e dice che non devo preoccuparmi della situazione economica – non mi fanno il permesso di lavoro anche se in questo Paese non esiste una figura professionale come la mia – ho un bambino piccolo e dovrebbe adattarsi a nuove routine.
A quel punto mi chiedono: “che cosa devo fare?”
Ne “Il codice dell’anima”, l’autore sceglie una strada inesplorata che ci porta a considerare il punto di vista del bambino. L’argomento non è dei più semplici, poiché parla del destino e della vocazione, termini che non si trovano nei testi di psicologia e che non usciranno mai dalla bocca del nostro medico curante.
Hillman sostiene che “appiattiamo la nostra vita con il modo stesso in cui la concepiamo. Abbiamo smesso di immaginarla con un pizzico di romanticismo, con un piglio romanzesco”.
Qualcuno ora potrebbe chiedersi che cosa c’entrano l’immaginazione e il romanticismo con la decisione di emigrare. Hillman, che non è uno sprovveduto, ci invita a stare dalla parte delle bambine che eravamo, affermando che già da molto piccole abbiamo in testa che cosa fare della nostra esistenza, che abbiamo una vocazione da esprimere.
Da donna e da terapeuta, sono convinta che ognuna di noi ha il difficile compito di pensare a se stessa come proiettata nel futuro, poiché sin da quando eravamo bambine abbiamo iniziato ad andare incontro al nostro destino; la vocazione si rivela, in modo più o meno chiaro, già durante primi anni di vita.
Pensiamo a quando i nostri genitori o insegnanti si chiedevano se questa bambina fosse diventata una sportiva, una ricercatrice, o una mamma premurosa; se avesse parlato lingue diverse, fondato un’attività, o si fosse dedicata agli altri. Spesso mi domando se i nostri genitori, in modo più o meno conscio, si siano mai chiesti se avremmo vissuto in un Paese diverso da quello d’origine.
Come direbbe Hillman “dobbiamo immaginare la nostra esistenza con un pizzico di romanticismo”. Soltanto questo ci permetterà di pensare a noi stesse – e ai nostri figli – come persone uniche e irripetibili, dandoci la sensazione che il mondo stesso vuole che siamo al mondo, che non è un desiderio soltanto dei nostri cari.
Il codice dell’anima non dà risposte pratiche, non svela il metodo giusto per risolvere i problemi quotidiani, ma ci tocca nel profondo, e tocca l’idea che abbiamo di noi stesse.
L’autore si ispira al mito di Er che Platone pone alla fine de La Repubblica, un’opera antichissima, scritta circa duemilaquattrocento anni fa. Il mito parla dell’anima, termine che non deve essere inteso in senso religioso. Infatti, esso riguarda un aspetto interiore dell’essere umano, che agisce in base a regole e bisogni molto diversi rispetto a quelli del corpo, ma che come il corpo ha necessità di nutrimento e cure. L’anima ha interessi, desideri, passioni che manifesta secondo logiche che non sono decifrabili a prima vista.
Hillman ci fa notare che il concetto di anima è presente in quasi tutte le culture sulla terra ed è considerato il nucleo della personalità. Per i latini era il genius, per i cristiani l’angelo custode, per gli eschimesi lo spirito, per gli egizi il Ka o Ba, per i greci il daimon.
Il mito di Er spiega che, prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un disegno di vita che poi vivremo sulla terra. L’anima sceglie il corpo, il luogo, i genitori, le situazioni di vita adatte all’anima stessa e corrispondenti alle sue necessità.
Inoltre, l’anima riceve un compagno – daimon – che la guiderà.
Una volta venuti al mondo, dimentichiamo la nostra scelta.
E’ Il daimon che ci ricorda i contenuti del nostro disegno di vita, è il daimon il portatore del nostro destino, o vocazione (termini da intendersi come sinonimi). Platone racconta questo mito affinché non dimentichiamo la nostra anima e le sue scelte.
Perché il nostro destino si compia, il daimon si mette all’opera sin dall’infanzia e non è possibile sbarrargli la strada. I problemi, le paure e le difficoltà dell’esistenza fanno parte del disegno di vita che ci siamo scelti, sono necessari e contribuiscono a realizzarlo.
La vocazione può essere rimandata, negata, persa di vista, non importa: alla fine verrà fuori, perché il daimon non ci abbandona e ha il duro compito di aiutare l’anima a realizzare la sua vocazione.
La domanda “partire o restare” pone un problema dell’anima.
La paura e l’angoscia altro non sono che la pressione del daimon che ci richiama con forza alla nostra natura.
Con affetto e pathos,
Debora Phuket-Thailand
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