Circa un anno e mezzo è trascorso da quando scrissi di una mia avventura famigliare risoltasi con l’assunzione di una collaboratrice domestica. Il seguente articolo è il seguito di quella storia, oggi contenuta nell’e-Book di Donne Che Emigrano All’Estero in vendita online. Buona lettura.
Poco più di due anni fa rientrai a Singapore con il mio pargoletto fra le braccia. Avevo partorito in Italia questo tanto desiderato bimbo, arrivato fra noi dopo sette tentativi di fecondazione assistita di cui solo l’ultimo positivamente riuscito proprio qui a Singapore, e concentrata com’ero a dar luce a questa splendida vita non avevo assolutamente considerato cosa sarebbe successo in seguito, come ci saremmo effettivamente riorganizzati nella nostra nuova routine famigliare: io, il bimbo, mio marito e la gatta Miss Zampetti, mitica compagna di mille avventure, con noi da quasi undici anni ed espatriata anch’essa dagli Emirati Arabi Uniti dove abbiamo vissuto, precedentemente, per quasi dieci anni.
Forte del mio carattere attivo, del mio entusiasmo e consapevole di aver sempre gestito i miei mille impegni sia di lavoro che famigliari, non mi sfiorò minimamente l’idea che avrei anche potuto non riuscire così facilmente in questa mia nuova dimensione e, infatti, fu proprio così: da sola, lontana da casa, con quel piccoletto iperattivo dal momento in cui è nato, senza un’idea di come curarlo e senza un qualsiasi appoggio, sono andata in panne lasciando a rotoli la casa e trovandomi completamente stressata e disorganizzata.
Fu proprio in quel periodo che io e mio marito decidemmo che dovevamo trovare una soluzione per ridarci un equilibrio personale e famigliare, e fu lui a suggerire una live-in Foreign Domestic Worker (FDW), detta anche maid oppure helper, in Italia nota come collaboratrice domestica. Un mondo a me completamente sconosciuto e un’idea assolutamente preoccupante visto che, fra le altre cose, il nostro appartamento era uno spazio abitabile onesto ma non certo così ampio da lasciare i dovuti spazi e privacy a tutti. Ma nonostante le mie serie perplessità decidemmo di provare e fu lì che mi buttai a capofitto per cercare di capire appieno a cosa stavamo andando incontro, sia nella positività di tale opportunità con i suoi vantaggi, sia in coscienza dei limiti, che forse, avrebbe potuto portare con sé avere una nuova persona in casa.
Dopo aver intervistato come potevo tutta la cospicua rete di networks italiani e stranieri che abbiamo qui a Singapore, in cui ho spiegato la mia totale inesperienza e chiesto qualsiasi tipo di informazione che potesse aiutarmi a prendere in mano questa nuova avventura, imparai che le Foreign Domestic Workers sono molto spesso persone umili che si allontanano da casa per lavorare lasciando le proprie famiglie, composte a volte da marito e figli oltre che da genitori e parenti. Provenienti per lo più dalle Filippine ma anche da altri paesi del circondario, portano con sé una grande varietà culturale e per fortuna sono molto ricercate nella multietnica Singapore, e il governo fa veramente di tutto per cercare di proteggere queste lavoratrici ed offrire loro contratti onesti, comprensivi tra l’altro di vitto e alloggio, giorno libero, assicurazione sanitaria e viaggio di rientro in patria per vacanza, a un costo generale davvero accessibile per un potenziale datore di lavoro, tutte cose non sempre così scontate ho potuto appurare nel tempo in giro per il mondo.
E’ il governo stesso, inoltre, che per chiunque desideri assumere una Foreign Domestic Worker ha organizzato uno strutturatissimo sito web col quale, dopo aver precedentemente richiesto la famosa SingPass, una password collegata alla propria carta di identità locale che permette al governo di identificare le persone anche online, e pagato in anticipo con carta di credito, si studiano i propri doveri e diritti nei confronti della futura collaboratrice domestica e del governo di Singapore, ottenendo, in conclusione, un certificato di comprensione delle leggi che dà la possibilità di assumere. Una volta ottenuto il certificato, che viene spedito dallo stesso sito web al proprio indirizzo email, si può decidere di assumerla sbrigando personalmente tutti i processi dei documenti necessari presso gli uffici addetti del governo, oppure, di avvantaggiarsi dell’aiuto di un’agenzia specializzata, e quest’ultima fu la nostra scelta.
La nostra collaboratrice domestica è una donna musulmana di quasi quarant’anni, sorridente, educata, versatile, discreta, lavoratrice e onesta. Non potevamo immaginare di essere tanto fortunati nell’incontrarla quel giorno che ci siamo presentati all’agenzia per i nostri primi colloqui. In città è noto che non sempre le cose funzionano fra le impiegate e i datori di lavoro, a volte a causa delle famiglie che le hanno assunte, a volte per il comportamento delle impiegate stesse. Il governo quindi spinge ad una seria considerazione prima di decidere per tale assunzione: la convivenza, a quanto pare, non è una cosa da dare per scontata. Una volta assunta la collaboratrice domestica poi, la persona diventa responsabilità del datore di lavoro anche nel suo tempo libero, e questo, in taluni casi, può generare serie complicazioni.
Nel nostro caso, e nella speranza che continui sempre così, la nostra collaboratrice domestica è diventata sicuramente una persona importante all’interno del nostro nucleo famigliare: da parte nostra è stato fatto il possibile per cercare di far procedere i rapporti nel migliore dei modi; da parte sua un buon carattere, intelligenza e tanta discrezione, qualità che la rende naturalmente capace di essere presente o di assentarsi a seconda di ciò che serve nei vari momenti della giornata e della famiglia, l’hanno fatta apprezzare veramente tanto. Il suo aiuto è chiaramente indiscusso, ci ha permesso di ritrovare il nostro equilibrio e di migliorare la nostra qualità di vita, specialmente del tempo speso col bimbo, oltre che dargli la possibilità di abituarsi a persone di cultura diversa, nonché di condividere la doppia lingua in casa, caratteristiche molto importanti per quel che riguarda la nostra famiglia.
Col tempo la nostra collaboratrice domestica ha ricavato il suo spazio e la sua indipendenza anche nel gestire le cose di casa, benché la mia presenza sia continua come l’aggiornamento sulle attività da svolgere giornalmente e durante la settimana. Infine, le insegno a cucinare. Saper cucinare non è stata una nostra priorità ai tempi dell’assunzione, ma siccome è interessata la rendo partecipe in tutto ciò che preparo e, ogni tanto, ci divertiamo anche ad impastare le nostre Piadine Romagnole: io con lo strutto e lei con l’olio, nel rispetto dei suoi principi religiosi.
La domenica la nostra collaboratrice domestica frequenta la moschea, sia per la preghiera che per studiare. Nella famiglia presso cui ha lavorato a Singapore in precedenza questo non le era stato regolarmente permesso, mentre noi desideriamo che abbia una vita serena anche nelle sue attività di interesse personale, e così studia religione, storia della religione e arabo, sia parlato che scritto, per leggere e capire meglio il sacro Corano. Presso la moschea, oltre alle attività religiose e di studio, la collaboratrice domestica e i suoi amici svolgono anche attività conviviali pranzando e celebrando varie occasioni assieme, organizzano gite ed escursioni e svolgono azioni di volontariato e beneficenza per i più poveri, portando cibo e assistendo i malati e i bisognosi, per esempio. E’ felice di appartenere ad una vera comunità, preziosa per la sua crescita e dove può ritrovare un altro tipo di dimensione familiare. Il velo non è un problema in casa nostra, ma liberamente lei lo indossa solo la domenica quando esce di casa. La sera poi, quando si ritira, spesso prima di dormire studia. Una delle cose più belle e affascinanti di Singapore è la palpabile serenità della convivenza nel rispetto reciproco dei propri ideali, senza il timore che nessuno possa infrangere i propri spazi e la propria vita in alcun modo, e in una situazione di tale serenità non si riesce a non venire coinvolti anche dalle attività altrui, di tradizione o di religione che esse siano, non fosse altro per tutte le festività di vario genere che nel paese si svolgono regolarmente e frequentemente, proprio nel rispetto dell’origine di tutta la sua variegata popolazione, e a cui tutti sono invitati a partecipare.
Una cosa che riempie di gioia sia me che mio marito è vedere come la collaboratrice domestica si sia affezionata al nostro bambino, e questo sentimento è davvero reciproco. Ora che il bimbo ha cominciato a pronunciare le prime parole è divertente ascoltare la sua vocina che la chiama per nome, e lei ne è compiaciuta, come noi. Ho lasciato loro modo di trascorrere giornalmente del tempo assieme: scendono in giardino e incontrano gli amichetti con cui condividere i giochi all’aria aperta, in libertà, senza la mia presenza che in qualche modo potrebbe limitare la loro spontaneità. E anche questo spazio credo sia molto educativo. Io e la collaboratrice domestica abbiamo accordato in precedenza quali sono i principi di educazione della nostra famiglia, e benché lei non sia assolutamente un nostro sostituto, crediamo però che, in linea col nostro pensiero, lei possa rafforzare le regole di educazione che già sto cercando di insegnare al bimbo, nella continuità dell’esempio e delle parole che porta avanti con lui in nostra assenza. In quel giardino, il bimbo ha cominciato a camminare, a correre e a condividere i giochi con i bimbi delle più svariate nazionalità.
Il colloquio di lavoro con la nostra Foreign Domestic Worker (FDW), ad ogni modo, non è stato un incontro idilliaco a primo impatto, e questo grazie al comportamento che io ho deciso di tenere, quel giorno, con tutte le possibili future impiegate. Pur essendo sempre stata estremamente educata e gentile ho comunque mantenuto un atteggiamento di freddo distacco e, volutamente, la fermezza del mio sguardo e delle mie parole hanno avuto una pesante valenza durante tutta la chiacchierata.
Non era mia intenzione, nel limite del possibile e con la conoscenza generale che mi ero fatta attraverso l’esperienza di diverse altre persone, di sbagliare persona ai colloqui, scoprendo troppo tardi, per entrambe le parti, che potevamo non essere fatte l’una per l’altra. Ma decidere tutto questo in un solo colloquio è una cosa veramente difficile e, sinceramente, credo che il fattore dominante in tale situazione sia anzitutto una buona dose di fortuna. Nella speranza che questa fortuna ci baciasse, la strategia che ho scelto di seguire è quella di mostrare una pesante severità e di marcare ripetutamente le cose che in casa mia non sarebbero state tollerate, e principalmente quelle che avrebbero leso oltre che le leggi di Singapore, anche la nostra famiglia. Solo dopo un pesante colloquio per metterla sotto pressione quel tanto per capire le sue reazioni e opinioni in merito, mi sono rilassata e sorridendo le ho spiegato che, benché tutte le cose di cui avevamo parlato fossero vere e sarebbero dovute essere rispettate, la nostra casa sarebbe stata una casa serena e noi tutti saremmo stati felici di accoglierla nella nostra vita quotidiana. Alla nostra collaboratrice domestica, di fatto, il mio atteggiamento non aveva creato nessun tipo di problema, mi raccontò in seguito, in quanto capiva bene il perché di tante precisazioni conoscendo personalmente le storie di diverse sue colleghe in città alcune delle quali hanno subito mancanze di rispetto da parte dei datori di lavoro, mentre altre, invece, hanno deliberatamente mancato dello stesso causando anche difficili problemi alle famiglie presso cui lavoravano. Alla fine del colloquio eravamo tutti convinti della nostra scelta, io e mio marito ci siamo rilassati, abbiamo incrociato le dita e ce ne siamo andati via col contratto in mano.
Diversamente è purtroppo andata ad alcune mie care amiche che, con tutti i più buoni propositi sia ai colloqui di lavoro che in seguito a casa, si sono ritrovate a collaborare con persone che hanno mostrato atteggiamenti non consoni agli accordi presi, tanto da avvilire le mie povere amiche e portarle a pensare di non assumere più alcuna collaboratrice domestica dopo avere riportato all’agenzia le attuali. Una di loro, per fortuna, consapevole della precedente esperienza, ha ritentato immediatamente un nuovo colloquio e ha trovato subito un’ottima sostituta con la quale ora convivono felicemente. L’altra amica, dopo aver inciampato in due spiacevoli realtà, ha preso un periodo di pausa e ha preferito, al momento, tornare nella dimensione di casa sua da sola.
Non esistono regole nell’approcciare l’avventura della Foreign Domestic Worker (FDW), forse speranza, onestà intellettuale e buoni propositi possono essere fra gli ingredienti base, per entrambe le parti, che associati a una buona dose di fortuna, fanno sì che si incontri la realtà che si desidera. Benché la collaboratrice domestica sia una spesa accessibile a Singapore, io continuo a considerare il suo aiuto un privilegio avuto in un momento importante della mia vita, e continuo a svolgere i miei compiti e a mantenere salda la mia presenza e i miei ruoli in casa, per tutti, consapevole che in ogni momento le cose potrebbero cambiare ancora e potremmo tornare a riassumerci tutti i doveri pratici, come in effetti li abbiamo sempre svolti in precedenza.
Nel frattempo, complici e compiaciuti degli attimi di pace ritrovati, io e mio marito assaporiamo la realtà della nostra famiglia, ci re-innamoriamo giornalmente del nostro bambino e brindiamo più frequentemente del buon lavoro che abbiamo realizzato assieme. E dopo più di un anno trascorso assieme, auguriamo con tutto il cuore lunga vita alla nostra cara Foreign Domestic Worker (FDW).