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Come il pizzo di una Kebaya

di Cinzia Gallastroni
cerimonia

Come il pizzo di una Kebaya

bali

Un detto recita “L’abito non fa il monaco”. Ma questa frase corrisponde a verità?

O basta indossare qualcosa di bello per sentirsi diverse?

Sapete cosa è una kebaya?

E’ un indumento tradizionale femminile, tipico dell’Indonesia e di altri stati dell’estremo Oriente. Si tratta di una camicetta sagomata, affusolata in vita e leggermente svasata sui fianchi .
A Bali le Kebaya più belle sono realizzate in delicato pizzo e sono indossate sopra un corsetto molto aderente, abbinate a un sarong e a un’ampia fascia in organza da stringere in vita, il selendang.

Non importa se poco prima di indossare il vestito tradizionale la donna era a vendere il pesce in un banco del mercato o a lavorare in una risaia con le gambe immerse nel fango. 

Con una Kebaya addosso la donna balinese si trasforma, diventa regale altezzosa sexy.

Le poche ore della durata della cerimonia sono spesso i soli attimi di gloria e bellezza, dovuto anche alla grazia che dona questo abito, in un paese dove la condizione della donna è ancora arretrata.

Si parla spesso di quanto la donna si sia evoluta.

EVOLUTO :
• Che è più adatto a vivere in un ambiente rispetto alle forme da cui deriva 
• Che ha acquisito piena consapevolezza del proprio ruolo sociale
• Privo di pregiudizi.

Di quanti privilegi possa disporre oggi, delle tante situazioni che riesce a gestire e che in passato erano riservate esclusivamente al maschio.

Per anni siamo state vittime di odiose dicerie sulla donna, che la volevano fondamentalmente malvagia, pettegola, priva del senso dell’unione e collaborazione, schiava di vanità gelosia e invidia.

Per troppo tempo noi stesse abbiamo alimentato queste dicerie: siamo state in disparte, insicure e rancorose, spiando da dietro le tende un mondo che non era nostro.

Titubanti e mai veramente libere di esternare le nostre reali capacità.

Oggi le cose per molte di noi sono cambiate. Forse ci siamo veramente evolute, liberate da vecchi pregiudizi .

Ma nel mondo ci sono ancora tante realtà arretrate.

Esistono ancora paesi che vedono la nascita di una femmina come una maledizione. Dove ancora, per un’ignoranza radicata, si praticano abusi, follie e restrizioni nei confronti del genere femminile.

E in questo paese che mi ospita che ruolo ha la donna?

L’Indonesia è vasta, con tante religioni e culture diverse, difficile descrivere tutte le condizioni, che sono diversissime per ogni isola, spesso addirittura la situazione cambia da distretto a distretto.

L’Asia è fatta anche da apparenza e illusione e Bali ne è una valida rappresentanza, la sua cultura cosi unica, è intricata e restrittiva.

Mi limiterò a parlare della condizione della donna balinese di fede hindu.

Sotto quel meraviglioso pizzo, lieve e delicato di Kebaya, tra sorrisi e modi garbati si cela un mondo vietato e indecifrabile.

Le Balinesi sono donne forti, che lavorano duramente fuori e dentro le mura domestiche.

Ma con molti limiti voluti dalla cultura, talmente radicati nella mente delle donne stesse che non fanno nulla per liberarsene, e che ancora oggi tramandano da madre a figlia.

La donna lavora fuori casa, spesso al pubblico a contatto con i turisti, indossa jeans e t-shirts, può anche essere truccata, ma con moderazione e sempre se la famiglia o marito glielo consente.

All’occhio del turista di passaggio, è allo stesso livello di una qualsiasi donna occidentale, ma non vedrete mai una donna fumare o bere alcolici, uscire da sola con le amiche a prendere un caffè.

La vita di un balinese ruota intorno alla religione, al tempio e a tutto quello che ne deriva. La donna non può entrare al tempio a pregare:
durante il ciclo mestruale;
in stato di gravidanza;
se è in lutto o ha appena partorito – in entrambi i casi devono trascorrere almeno sei settimane.

Sposarsi è quasi un atto di dovere: di fronte a Dio, agli antenati, ai genitori e alla comunità, ma avere un figlio è l’unico modo per completarlo.

Un uomo balinese può divorziare dalla moglie se non è in grado di dargli figli.

Quando una donna si sposa, diventa parte della famiglia del marito; incontrerà i suoi genitori solo in occasione di grandi eventi come le cerimonie religiose.

La donna balinese alla morte dei genitori non eredita nulla, anche se figlia unica; tutti i beni andranno al parente prossimo che sia ovviamente maschio.

In caso di separazione dal marito la donna perde tutti i diritti, anche quello che riguarda l’affido dei figli che vanno sempre con il padre.

Per salvare l’apparenza, sopporta tradimenti e spesso anche la convivenza con le amanti del marito.

La convivenza fuori dal matrimonio è considerata adulterio e in caso di nascita di un figlio da una coppia non regolarmente sposata, il bimbo prenderà il casato del padre solo dopo un matrimonio forzato e riparatore.

In caso il matrimonio riparatore non sia possibile, dovrà essere riconosciuto da un maschio della famiglia, spesso il padre della donna, che diventerà a quel punto anche padre del bambino/nipote.

Spesso tra le donne non esiste unione e collaborazione, ma un rancore atavico di chi vive da sempre senza apertura.

Non tutte le donne hanno abbattuto i vecchi pregiudizi, non tutti i paesi sono ancora pronti a una parità tra i sessi.

Per molti occorrerà ancora tempo, prima di arrivare alla vera evoluzione, non solo della donna sia inteso, ma del mondo che la ospita.

Questa è una visione dei fatti visti con gli occhi di tre donne occidentali.

Riportati con il dovuto rispetto per una cultura antica e unica come quella Balinese. Con la speranza che presto la condizione delle donne cambi in meglio, in questo paese e in ogni luogo ancora arretrato del mondo.

Oggi anch’io come una balinese, mi inguaino nella mia kebaya di pizzo e vado fuori.

L’abito non fa il monaco .

Ma la donna, nella sua lenta evoluzione, spesso ha ancora bisogno di un abito per il suo momento di gloria e bellezza.

Ringrazio le mie amiche Eva ed Elena per avermi aiutato in questa ricerca.

kebaya

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