Da dove vieni? Where are you from? De donde eres? D’où viens-tu
Molte volte, durante questo viaggio, mi sono sentita chiedere “Da dove vieni?”, senza che mi domandassero come mi chiamassi e continuando la conversazione.
All’inizio questa cosa mi lasciava abbastanza perplessa, poi ci ho fatto l’abitudine e ho scoperto che quando si viaggia ci sono una serie di “regole del gioco” a seconda della situazione.
Per esempio: in Perù e Bolivia, nei mercati o nei negozi di artigianato e souvenir, la nazionalità rappresenta per i commercianti la chiave per capire il potenziale potere di acquisto del cliente e quindi la determinazione del prezzo. Un “gringo” o un asiatico che non parlano una parola di spagnolo pagheranno almeno il doppio del prezzo reale. Ci provano anche con gli europei ma sono consci del fatto che con italiani e spagnoli c’è poco da fare.
In ostello la situazione è diversa. La prima domanda riguarda la nazionalità perché nessuno se la dimentica, come invece capita con i nomi. Anch’io ammetto che per i nomi ho la memoria di Dory, la pesciolina smemorella del cartone animato “Alla ricerca di Nemo”.
Solo quando c’è un interesse per l’altra persona allora scatta la domanda “Come ti chiami?”.
Sono stati furbi gli argentini che hanno risolto il problema identificando gli italiani con l’appellativo di “Tana/o”. Si racconta che l’origine della parola risale al periodo dell’immigrazione italiana durante gli inizi del XX secolo. Molti immigranti provenivano dal Mezzogiorno e salpavano dal porto di Napoli. Quando arrivavano a Buenos Aires, venivano accolti all’Hotel degli immigranti e quando veniva chiesta l’origine, molti rispondevano “Napulitano” da qui l’abbreviazione “Tano” che gli impiegati annotavano sul registri di ingresso.
La prima volta che mi hanno chiamato “Tana” non capivo se fosse un’offesa. Non lo è, anzi il fatto di essere italiana, mi ha facilitato in diverse occasioni.
Lo sapete che un argentino su tre ha famiglia italiana e alle volte anche il passaporto, senza sapere neanche una parola di italiano?
La nazionalità dice molto più di quanto tu possa fare e ci sono una serie di stereotipi legati a essa che non sempre corrispondono a realtà.
Per molti, noi italiani siamo un popolo chiassoso, gesticoliamo quando parliamo e mangiamo tutti i giorni pasta, come i francesi il formaggio o gli svizzeri il cioccolato (allora io ho origini svizzere!).
Vogliamo parlare poi di quando goliardicamente viene associato un personaggio famoso alla nazionalità?
Berlusconi è tra i primi che menzionano. Perché nessuno si ricorda dei grandi viaggiatori come Marco Polo o Cristoforo Colombo? Quest’ultimo tra l’altro è spesso confuso come spagnolo, essendo arrivato in latino America a bordo di caravelle con bandiera spagnola.
Se dovessi fare una classifica delle nazionalità, eccezione fatta per gli autoctoni dei paesi che ho visitato, i francesi si guadagnerebbero il primo posto, seguiti da olandesi e israeliani. Gli italiani li posso contare sulla punta delle dita di una mano. Siamo solo agli inizi di agosto quindi possiamo ancora rimontare! E magari cerchiamo di cambiare le etichette attribuite dal nostro passaporto.
Io per ovviare ciò, vorrei che sul mio prossimo passaporto ci fosse scritto “cittadina del mondo”. Voi cosa ne pensate?
Chi sono