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Diario di un confinamento a Minorca

di Katia
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DIARIO DI UN CONFINAMENTO A MINORCA

Testimonianza inviataci da Maria Antonietta, Minorca

Tra lo stupito e l’incredulo, godendomi il piacevolissimo sole di  questa strana primavera minorchina nella mia piccola terrazza sui tetti, rifletto su quello che sono stati gli ultimi due mesi.

bambino-quarantenaCerco di non pensare troppo al futuro incerto che ci attende e mi soffermo, invece, sul mio/nostro presente.

Niente di molto diverso in fondo da quello che faccio abitualmente: mi concentro, come fanno i bambini, su quello che ho nel momento che sto vivendo.

Non sono stati due mesi così terribili per noi.

In fondo l’inverno minorchino è fatto di lunghe serate chiusi in casa a leggere e studiare. Il quotidiano e prezioso collegamento Skype con la famiglia in Sardegna mantiene vivi legami e cultura. Pochi contatti sociali, fatta eccezione per qualche chiacchierata con un’amica di fronte a un “café con leche” e “pastissets”, o qualche sporadico evento culturale. Molte persone come me non lavorano in inverno e si preparano per la nuova “temporada”, la stagione estiva caotica e sovrappopolata, spesso studiando una nuova lingua o semplicemente riposando e godendosi la famiglia.

Certo, ci sono mancate le bellissime passeggiate per il Camí de Cavalls, che percorre tutto il perimetro della costa di Minorca con i suoi panorami meravigliosi, i profumi e la luce inconfondibile dell’isoletta.

Ma, a parte questo, ammetto che abbiamo vissuto momenti molto teneri, di grande complicità e unione familiare, tanto che il mio bambino credo conserverà buone memorie di questo tempo.

Un po’ come quando fuori c’è la tempesta e ci si sente al sicuro al riparo della propria casetta, al calduccio, circondati dalle persone e dalle cose amate mentre fuori si scatena l’inferno. Credo che non dimenticherò mai le immagini delle morti di Bergamo e i documentari delle terapie intensive, il quotidiano bollettino di guerra delle autorità italiane e spagnole, gli applausi alle 20 per il personale sanitario impegnato in prima fila nella lotta al virus, gli schizofrenici sentimenti dovuti alla compulsiva lettura on line delle notizie o all’influenza dei social, le interminabili telefonate ai nostri amici sparsi per il mondo… Un incubo.

Ti senti un privilegiato: sai che nessuno di noi tre uscirà di casa durante la tempesta.

Possiamo farlo. Ti senti molto grato per tutto questo: per non dover rischiare e perchè sei consapevole che il confinamento non è uguale per tutti. Tornerà il sole, pensi. “Animo”, coraggio!

Non nascondo che per me, con un carattere profondamente latino, irrequieta e dinamica per cui la socialità è linfa vitale, non è stato tutto rose e fiori. Ho avuto momenti, specie verso la fine, in cui le mura di casa – terrazza compresa – si sono rimpicciolite a tal punto da farmi sentire come una fiera in gabbia. 

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Ma l’allentamento delle misure restrittive è arrivato giusto in tempo per evitare lo straripamento del senso di oppressione. E così, la concessione di un’ora di libertà quotidiana, rappresentata nel mio caso da una mattutina passeggiata lungo il meraviglioso porto di Mahon, mi ha restituito equilibrio e parte della mia serenità.

Sarà un’estate diversa. In un’isola come Minorca dove il turismo di “sol y playa”, specialmente quello internazionale, rappresenta il sessanta per cento dell’economia locale, si prospettano mesi molto duri.

Ma non importa. In qualche modo faremo.

Mio marito, liutaio, preso da un eccesso di ispirazione e creatività, ha costruito qualcosa come cinque meravigliosi strumenti fra chitarre e liuti, dando fondo alle scorte di legno e corde che aveva in casa.

Confidiamo nell’apparizione di qualche provvidenziale compratore e, intanto, penso che questo è stato per me un momento di grandi conferme. Lo dico senza presunzione e con molto orgoglio.

Tutto ciò a cui ho dato priorità negli ultimi anni fin dal momento della mia scelta di trasferirmi su questa meravigliosa isola, si è rivelato oggi la chiave della mia salvezza.

La famiglia, gli amici più cari, la cultura, la musica e anche i pochi ma bellissimi oggetti di cui cui ci siamo circondati.

La bellezza salverà il mondo, diceva qualcuno.

Ed è proprio vero quando sei costretto a guardare sempre le stesse cose per tante settimane di seguito! Tutto ciò mi ha fatto sentire in pace con me stessa e con il mondo, nonostante tutto.              minorca-inverno

Vedere il mio bambino di quasi sei anni sempre contento, equilibrato, senza nessuna pretesa di uscire di casa, in nessun momento, mi hanno dato una forza e una serenità impagabili.

Lui una spiegazione se l’è data da solo e non ho osato contraddirlo.

Nella sua logica infantile il suo/nostro essere costretti in casa è dipeso appunto da questo virus che è il risultato dell’enorme quantità di plastica gettata dagli umani nel mare. Ergo, si potrà di nuovo uscire di casa nel momento in cui tutta la plastica sarà stata riciclata. Intanto ci laviamo le mani come chirurghi e cerchiamo di usare bene questo tempo che ci è stato dato da vivere tutti e tre insieme.

Ho pensato: se un bambino così piccolo, abituato a fare moltissimo sport, ad andare a scuola e stare con altri bambini tutti i giorni da quando aveva un anno, si può adattare, reinventare, può sviluppare nuove passioni, essere felice, perchè non lo possiamo fare anche noi adulti?

E così disegnando, leggendo e giocando sono passate le nostre giornate fino al sole di oggi che splende radioso per dirci: “Irà todo bien”, andrà tutto bene!

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