Dietro il minareto, l’oceano
Amo casa mia, mi ha colpita sin dal momento in cui ci ho messo piede dentro la prima volta per visitarla. No, non per la sua composizione, certo anche per quella, ma fu un altro aspetto a rapire il mio cuore e a dirmi “questa è quella giusta”: la vista dalle finestre. Da un lato un giardino di palme, e dall’altro la vista sull’antica medina della città.
Dal primo ammiro il sorgere del sole che si fa spazio attraverso gli alberi sorseggiando il mio primo caffè mattutino, specialmente in questi giorni di confino in cui il mio sonno è leggero e non tanto duraturo. Affacciata alla seconda finestra invece, finisco le mie giornate contemplando il tramonto che il sole mi regala ogni giorno creando dei dipinti pazzeschi con i suoi raggi prima di sparire dietro i tetti delle case della medina. Un elemento su cui mi soffermo spesso con lo sguardo è il minareto che spicca fra le facciate delle abitazioni rosse e bianche. Lo guardo e penso che dietro di esso, a soli dieci minuti di camminata, c’è l’oceano.
Ecco la prima cosa che farò quando saremo di nuovo liberi di uscire: tornare a respirare l’aria dell’oceano. La vista di quell’immensa distesa d’acqua è grande fonte di ispirazione dalla sensazione di pace interiore che suscita in me.
Vado ad ascoltare l’oceano quando sono pensierosa o quando ho bisogno di sviluppare un’idea; il suono delle onde che si infrangono sugli scogli mi calma e mi consente di pensare alle cose più razionalmente. L’oceano mi aiuta a prendere decisioni: mi appoggio al bordo della grande terrazza che lo sovrasta, ascolto la musica giusta e penso senza sforzo né pressione, semplicemente guardando il movimento delle onde, e anche se non riesco a prendere una decisione, torno a casa rasserenata.
Ci vado anche quando mi convinco a fare un po’ di sport. Troppi gli abbonamenti pagati in palestra per andarci giusto la prima settimana del mese (si, sono diventata una pigrona!). Invece, l’idea di andare a correre sapendo di poter guardare l’oceano mi convince a indossare i leggings e muovere le gambe. Corro e non mi rendo conto del tempo che passa o della stanchezza.
La cosa migliore però, resterà sempre poter cavalcare in spiaggia. Stivali, ghette, caschetto, guanti e su in sella. Devi solo dargli il via, trovare il ritmo giusto, la giusta intesa fra te e il cavallo, ed è fatta. In un attimo ti ritrovi al galoppo, sguardo dritto fisso verso l’orizzonte, le dune di sabbia da un lato, e l’oceano dall’altro, tu e te stessa. È indescrivibile l’energia positiva che si genera dal rapporto che pochi minuti prima hai stabilito con il cavallo, un sentimento di collaborazione e fiducia reciproca. E una grande, grandissima sensazione di libertà. Lì, in sella al cavallo che corre in riva all’oceano, d’un tratto tutto sembra possibile.
L’oceano è come un’enorme sala cinematografica, da cui puoi guardare tanti film diversi: i surfisti che cavalcano le onde d’estate, gli appassionati di kayak o barca a vela che approfittano delle belle giornate di sole, le famiglie e gli amici che si radunano al calar del sole durante il mese di Ramadan per il ftour (il pasto che interrompe il digiuno ogni giorno al tramonto), la gente che passeggia con i cani, i signori che pescano nelle pozze marine alla ricerca di gamberi, granchi e pesciolini, o ancora le barche che rientrano con il pescato del giorno e che destinano una parte a mercati all’ingrosso e ristoranti e una parte a chi si trova già sul posto per accaparrarsi il pesce più grosso al prezzo più basso.
Per il momento mi accontento di contemplare il minareto e, ascoltando la chiamata alla preghiera del muezzin, penso di poterlo scostare con un dito e di ammirare la forza dell’oceano.
Chi sono
2 Commenti
Stupendo! Grazie mille per questo racconto, mi sono davvero immaginata a cavalcare lungo l’Oceano!
Grazie Alessandra! Non vedo l’ora di tornare in sella!