“Espatrio 2.0: ma cosa si sarà di nuovo inventata?!”
Se ve lo state chiedendo, non preoccupatevi: non siete gli unici. Anzi, siete proprio in ottima compagnia! Non si tratta di una delle mie trovate, questa volta. Si tratta di un fatto non proprio recente del quale non vi ho ancora parlato. Insomma, per farla breve, mi sono trasferita di nuovo.
Facciamo un passo indietro, che ne dite?
A giugno mi trovavo in Italia, ad assistere mia madre in ospedale. Spesso, però, alternavo giornate italiane a voli dell’ultimo minuto per sostenere colloqui di lavoro. Berlino, Schwerin, Wesel, Hilden, Remagen: ho scoperto un sacco di cittadine che prima conoscevo solo un poco. Alla fine del mese, dopo l’ennesima settimana di prova, succede qualcosa in cui nemmeno speravo più, ad essere onesti.
“Che ne dici di iniziare il primo luglio?”, mi ha chiesto la responsabile.
“Che ne dici di iniziare tra cinque giorni?”, mi ha ripetuto durante la pausa pranzo.
Insomma, avete capito. Espatrio 2.0: l’avventura comincia.
Lo ricordo ancora benissimo.
Era domenica, il mio ultimo giorno di prova. Dopo la pausa pranzo, la mia responsabile e il “capo dei capi” mi hanno fatto una proposta. “Ti assumiamo. Dal primo luglio. Niente Ausbildung, niente tirocinio. Tempo indeterminato e formazione d’alta qualità per tre anni”. Ci sono momenti in cui fatichiamo a credere di avercela fatta. Sono istanti un po’ infingardi, sapete? Pur avendone la conferma tra le mani, è difficile realizzarlo. Dopo mesi di lavoro, scoperte, impegno spesso sottovalutato e qualche delusione, finalmente, posso prendere fiato e sorridere. Ho realizzato il mio sogno. Ce l’ho fatta, dannazione.
Insomma, era arrivato il momento di iniziare un nuovo capitolo.
Espatrio 2.0, come ho detto alla mia migliore amica. Ho aperto due valigie, ringraziando le mie manie da minimalista. Ho caricato il kindle con i miei gialli preferiti, prima di metterlo in borsa. Ho ricercato tutti gli indirizzi degli uffici nei quali mi sarei dovuta recare. Ho fatto una lista delle pratiche che avrei dovuto sbrigare. Questa volta, ho realizzato con un sorriso, era più facile. Questo giro di giostra, insomma, mi vedeva più esperta e un poco temprata. Sapevo cosa fare, dove chiedere informazioni e conoscevo la burocrazia tipica dei primi giorni in una nuova cittadina. Per farla breve, ero pronta.
“In Flixbus? Ma sei pazza?”
Ebbene sì: ho raggiunto la mia nuova casa in autobus. Avevo cinque giorni per prenotare un mezzo di trasporto plausibile e, credetemi, non avevo proprio voglia di salire sull’ennesimo aereo. A parità di tratta, poi, il treno era decisamente più dispendioso. Per non parlare dei ritardi: che ne sarebbe stato di me, persa nella Pampa tedesca? Armata di libri, snack sfiziosi e crema idratante, quindi, sono salita su un autobus verde a due piani. Ho letto un poco, ascoltato un paio di puntate del mio podcast preferito, schiacciato un pisolino. Insomma: non mi sono nemmeno annoiata come, invece, avrei creduto. Pur senza cuscino, poi, ho persino dormicchiato un paio di ore. Prima di svegliarmi e realizzare non fosse stata per niente una buona idea.
Sono partita inseguendo un sogno e, lavorando sodo, sono riuscita a realizzarlo.
Non è stato facile e, spesso, le difficoltà cercano ancora di mettermi i bastoni tra le ruote. Nonostante tutto, però, mi sveglio ogni mattina col sorriso. Mi vesto pensando a quello che mi attende e non vedo l’ora di iniziare. Torno a casa alle ore più improbabili, sporca e un po’ indolenzita, e sospiro di gioia. Canticchio sotto gli sguardi perplessi dell’intero vicinato e, credetemi, di smetterla proprio non se ne parla. Insomma: tutto è bene quel che comincia bene. Di finire, nemmeno a dirsi, non se ne parla proprio.
Chi sono
1 Commento
Ehi Sam,
congratulazioni per i tuoi successi e in bocca al lupo per la tua nuova avventura e il tuo nuovo lavoro!
Un abbraccio,
Silvia-Lille 🙂