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Franziska è partita

di Samanta - Jena DE
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“Ma ci sarà un souvenir
Che ci commuoverà fino a farci contenti.
Tieniti il tuo souvenir
Da mettere via poi ridicendoti avanti.”

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Franziska e Yannick

Franziska è partita.

Il primo ricordo che ho di lei è un’immagine pixelata concessaci da Skype.
Poco prima di partire, mentre ero ancora alla disperata ricerca di una stanza in affitto, mi arrivò un suo messaggio. C’era scritto:
«Ciao Samanta! Abbiamo letto la tua inserzione e abbiamo una camera libera. Ti va di sentirci su Skype?»
In capo a qualche giorno ci siamo viste su Skype e, non so bene come, mi sono aggiudicata la stanza. Ricordo ancora quando, due sere dopo, ricevetti quel messaggio:
«Ci farebbe piacere ti trasferissi da noi. Sei ancora interessata? Un abbraccio!»
È la stessa camera da cui scrivo adesso, dopo aver abbracciato Franziska ed essermi raccomandata:
«Non dimenticarti di mangiare tutti i giorni! »
Sì, sono sempre stata la mamma della situazione.
Franziska, quattro giorni dopo il mio arrivo, mi ha fatto trovare un ovetto di cioccolato sul tavolo per festeggiare Nikolausi, ovvero la versione tedesca di Santa Lucia. Senza nemmeno rendersene conto, mi ha fatta subito sentire a casa durante il mio espatrio. Quando le ho chiesto se fosse sicura che quel dolcino fosse davvero per me, lo ricordo ancora, mi ha guardata come se avesse visto un fantasma. Ha scrollato le spalle, prima di borottare: «Klar!».

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In un momento in cui ancora non sapevo bene in che direzione andare, insomma, mi ha regalato un punto fermo.
Franziska, nonostante sia convinta del contrario, parla un italiano invidiabile ed è partita proprio per trasferirsi in Italia. Lì, aveva già fatto la volontaria per un anno a Riesi, tra gli uliveti.
Qualche volta, scherzando, mi dice che vuole occupare il mio posto. Sorridendo, le ribadisco che glielo cedo volentieri ma ad una condizione: che torni a trovarci, che torni a casa ogni tanto. 
È incredibile quanto, molto spesso, le persone abbiano il dono di regalarci sensazioni “di pancia”: Franziska, che io ridacchiando chiamo Franziska Lisabeth, mi ha concesso e restituito la sensazione di sentirmi a casa mia. Mi ha fatto sentire parte di una famiglia che mi ama e che di me accetta anche le piccole manie. Sono una mamma che adora pulire il bagno e far brillare le ceramiche.

Franziska è una delle persone più genuinamente buone che io abbia mai incontrato.

Ha l’innata capacità di trovare una scintilla di bontà in chiunque. Sa sorridere dell’ironia spesso un po’ troppo pesante delle cose. Ti regala un gesto gentile anche quando, davvero, vorrebbe tirarti il collo.

Franziska, senza nemmeno saperlo, mi ha aiutata un sacco quando il mio disturbo alimentare è tornato a bussare alla porta. In maniera discreta ma ferma, ha controllato mangiassi almeno un pochino, bevessi il giusto e mi prendessi cura di me stessa. Mi ha stretto la mano, indicato la via e si è assicurata la percorressi senza inciampare.Qualche sera fa, per salutarla come si deve, abbiamo cucinato qualcosa tutti insieme: Franziska, Yannick ed io.

Fedeli ad una tradizione che abbiamo istituito un anno e mezzo fa, siamo andati a fare la spesa e ci siamo messi in cucina. Tra un sorso di vino ed una canzone di De Gregori, abbiamo sfornato una pasta al forno con le verdure da leccarsi i baffi, prima di aiutarla a impacchettare libri e scartoffie ridendo del suo essere adorabilmente disorganizzata. Roba che Hoarders, in confronto, è niente.

Di Franziska mi rimangono le playlist allucinanti con le quali inaugurava le giornate, fatte di Celentano, Bennato e Battisti. In camera mia, ora, campeggia la sua bellissima poltrona di vimini e la dispensa è ancora piena delle sue millemila scatole di muesli.

Di lei mi restano quattro anni di risate, complicità, convivenza, avventure e exploits culinari un po’ avantguarde.

Roba che voi umani, se vi va bene, non avete dovuto assaggiare.

Franziska è stata un’amicizia inaspettata e istintiva, della quale sono estremamente grata. Vivere con lei mi ha insegnato davvero tanto e regalato momenti indimenticabili. Ora che è partita per coronare un sogno che coltivava da almeno un paio d’anni, siamo un po’ malinconici e tanto orgogliosi di lei.

A conti fatti, è stata la dimostrazione vivente che il Cielo li fa e poi li fa convivere e crescere, almeno un pochino, insieme. Tutto ciò che ci rimane da dire, insomma, è solo questo: grazie.

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2 Commenti

Roberta Lista 01/02/2018 - 10:05

Una storia stupenda, in bocca al lupo ad entrambe dal profondo del cuore

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Fabiola 03/02/2018 - 14:11

Una cosa che ho riscontrato nell “amicizia expat” è che tende ad essere vera e genuina.
Queste persone diventano la nostra famiglia e il nostro punto di riferimento e, anche se si allontano fisicamente da noi, occuperanno sempre un posto importante dentro di noi! 🙂

Fabiola – Mallorca

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