Ci sono delle etichette che ci vengono assegnate dalla società e di cui noi non ci rendiamo conto. Come quella di “expat”. Un giorno vai via di casa per sentirti indipendente, per seguire un amore, perchè hai ricevuto una buona offerta di lavoro o, semplicemente, per vivere l’esperienza di un’altra cultura… e diventi un’expat.
Di sicuro gli esperti di sociologia e comunicazione avranno studiato e definito ad hoc la parola “expat”: io con semplicità, mi definisco una persona che non sa più dov’è casa.
Provi una sensazione intermittente di “sentirsi” a casa in terra lontana perchè ti rendi conto che il luogo in cui vivi non è la “tua terra” di origine e, al contempo, ti accorgi anche di essere una straniera o parte di un mondo che non è il “tuo” nel profondo.
Quando torni nella tua città natale percepisci un senso di estraneità perché molte cose le trovi cambiate – e tu non c’eri mentre avvenivano i cambiamenti – ma tutti intorno a te pare non si accorgano del tuo senso di familiarità alterato e non fanno altro che chiederti della tua nuova vita.
Il più delle volte desiderano solo soddisfare la loro curiosità e cercano conferma del fatto che la tua esistenza sia migliore della loro.
Questo perchè in qualche modo credono che la tua esistenza scorra in modo più dinamico e che tu viva in un paese più interessante rispetto al loro. Molte delle persone che vivono di queste credenze non hanno mai avuto il coraggio di muoversi dalla loro casa di origine e non conoscono il vero significato di “partire”.
Anche prima di espatriare le emozioni sono diverse. Mille domande si affacciano alla mia mente, per lo più negative, sulla nuova esperienza. In me nasce un desiderio di sapere già cosa potrei aspettarmi: “Troverò un lavoro? Farò nuove amicizie? E se dovesse andare male? E se….” Prima della partenza navigo in un mare di perplessità.
Nel tempo ho imparato a rassicurarmi attraverso questa risposta: “se dovesse andare male potrò semplicemente prendere un biglietto e rientrare a casa“. Ecco un’altra parola a cui viene data un’etichetta sociale: “CASA”. Quando sei un’expat il significato di questa parola si rivoluziona totalmente. Spesso “casa” tende a diventare il posto dove ti senti sicura. Può essere l’ospitalità offerta da un amico, l’appartamento del tuo fidanzato dove ti rifugi i fine settimana o magari il luogo dove vivi con coloro che diventano “la tua nuova famiglia all’estero”.
Non intendo dire che il senso di appartenenza alla famiglia di origine cambi, tutt’altro, io apprezzo la compagnia e l’intimità con la mia famiglia oggi assai più che in passato.
Il tempo che passo con loro è più prezioso di qualsiasi altra cosa al mondo.
Ci sono cose e piccoli riti che hanno assunto adesso un valore inestimabile come, ad esempio, il risvegliarsi al calduccio con l’odore del caffè preparato dal papà; il pranzo in casa fatto da mamma; le compere con mia sorella al mercato; la gioia di mia nonna di rivedermi a casa. Ci sono giorni in cui sento che questi momenti mi mancano terribilmente! La famiglia sarà una sicurezza in qualsiasi parte del mondo mi troverò ma, come dice mia mamma: “i figli non sono nostri, dobbiamo lasciar loro vivere la propria vita!”. Una cosa è sicura: di fronte alle difficoltà il fatto di avere una “casa” e una famiglia che mi aspetta mi darà sempre una forza incredibile.
Un altro aspetto con cui ho imparato a convivere è che spesso le persone vanno via. Ho vissuto a Cambridge per diverso tempo e mi sono affezionata a persone che ho risentito solo attraverso i social media ed di cui conservo meravigliosi ricordi.
Al giorno d’oggi viaggiare e spostarsi in nuovi posti è una cosa comune. Ci sono programmi europei che facilitano la mobilità giovanile e il desiderio di conoscere nuovi posti è ormai diventato una parte integrante della nostra società.
Essere un’expat ti rende più forte e più adulta: abbandoni la protezione dei genitori e le preoccupazioni si spostano da “cosa mi metto questo sabato sera per uscire” a “questo sabato sera guardo un film sul divano perché devo pagare l’affitto a fine mese”.
In ultima analisi l’andare a vivere all’estero si configura oggi come un nuovo rito di passaggio: in una società occidentale iperprotettiva essere un’expat ti fa entrare nell’età adulta e ti trasforma, irrimediabilmente, in una persona diversa da quella che eri prima di partire.
Concorso Letterario per Racconti a tema expat “Le paure ed il coraggio delle Donne” aperto fino al 31 luglio 2017.
Chi sono
2 Commenti
Sono pienamente d’accordo con te su tutto!!!! Grazie per questo post!!!!!
Siamo in tante in giro per il Mondo, e anche se magari a volte ci sentiamo sole, con questi post ci si sente un pò meno sole!
Ciao Monica, grazie a te per il tuo commento! sono contenta che ti rispecchi nel mio post e mi fa piacere che possiamo farci “compagnia” attraverso le parole 🙂