Famiglia monolingue: che fare?
Siete una famiglia monolingue italiana in Italia e volete comunque far crescere vostro figlio bilingue?
Quando tutta la famiglia, parenti stretti compresi, è monolingue e vive nel Paese della lingua che parla, molti genitori si chiedono se sia possibile insegnare una seconda lingua al bambino. La risposta è sì. Vediamo come.
Innanzitutto, va tenuto conto degli obiettivi che vogliamo raggiungere e che siamo in grado di raggiungere.
Prendiamo il caso di una coppia monolingue italiana che decida di introdurre l’inglese nella propria comunicazione familiare. Condizione indispensabile è che uno dei due genitori o una persona vicina al bambino abbia sufficiente padronanza dell’inglese.
Se non avete una buona padronanza dovete essere coscienti degli esiti probabilmente limitati che otterrete o perlomeno della necessità di un ulteriore supporto esterno. Meglio di niente, potrete dire. Certo, dovete tenere conto dei limiti dei risultati, la pronuncia potrebbe soffrirne, ma in ogni caso non temete errori o confusione. Ovviamente i risultati saranno più limitati, ma potrete almeno suscitare il gusto per la lingua, esercitare l’orecchio, inserire qualche parola, frase.
Se invece avete una buona padronanza, i successi potranno essere maggiori. Tuttavia, è importante considerare il metodo da usare. Se ve la sentite di parlare sempre nella lingua costantemente, potete seguire il metodo OPOL oppure adattando il sistema ML@Home parlando tutti italiano, a casa, e inglese fuori.
Attenzione: non lanciatevi in esperimenti troppo gravosi per voi stessi che non sarete in grado di portare avanti. Se non ve la sentite di parlare sempre a vostro figlio in un’altra lingua, seppure con una buona padronanza, create delle routine riservate alla lingua e non sentitevi in colpa per questo. Avrete agito per il meglio senza rischiare di compromettere il vostro rapporto con il bambino, poiché alla fine la lingua come prima cosa serve ad una comunicazione efficace e serena.
E se il bambino rifiuta la lingua straniera?
Questo può succedere anche in famiglie bilingue, quindi esaminiamone le cause.
Un bambino che si sente diverso può rifiutare la causa di questa diversità. Nel suo caso potrebbe identificarla con la lingua diversa che si parla in famiglia. Che fare? Un tentativo è quello di frequentare altre famiglie in situazione analoga in modo che il bambino si renda conto di non essere diverso, ma di essere in buona compagnia. Inoltre, avere amichetti con cui essere costretti a usare la lingua minoritaria li motiverà a praticarla con il genitore.
Consideriamo anche un’altra ipotesi più delicata. Il bambino in genere crea un legame lingua-genitore/persona (person-language bond). Un rifiuto della lingua legata alla persona di riferimento potrebbe essere legato al rapporto con il genitore. Ovviamente questa è una generalizzazione, tuttavia vale la pena considerare questa possibilità per affrontarla. Potrebbe essere un periodo, una fase che molti attraversano, e il rapporto con la lingua potrebbe soffrirne.
E se prendessimo una babysitter anglofona? Introdotta in tenera età che abbia contatto frequente con il bambino, può svolgere un ruolo predominante sullo sviluppo bilingue del bambino, ma teniamo presente che prima di tutto conta la persona. Una lingua, come già detto altre volte, non è solo regole, parole, ma è anche e soprattutto emozioni.
Per imparare una lingua un bambino deve creare un legame affettivo con la persona veicolo di quella lingua. E ciò è vero anche se è il genitore a parlare la lingua «diversa» da quella dell’ambiente circostante. Il legame persona-lingua è un aspetto fondamentale per lo sviluppo bilingue del bambino.
Giovanna Pandolfelli – Emotional Coach & Expat support
Chi sono
4 Commenti
Ciao Giovanna,
Avevo rinunciato all’idea di crescere mio figlio bilingue quando mi han detto che parlare un’altra lingua ai bambini se non si è madrelingua fa più danno che altro. Il mio livello di inglese però non è così scarso: ho un certificato C1 Cambridge e lo parlo con molta scioltezza anche se non a livello di madrelingua. Inoltre non si sente la cadenza italiana quando lo parlo perché l’ho imparato da piccola alla scuola americana in full immersion (mi è capitato più volte, negli anni scorsi, di parlare con inglesi/americani che non riuscivano a capire di che nazionalità fossi, a dimostrazione del fatto che la mia parlata non tradisce le mie origini italiane). Insomma, leggendo quanto scrivi tu potrei ancora provarci… il mio primogenito fa 3 anni a dicembre, la piccina ha 9 mesi: posso iniziare da subito con entrambi? Dici di creare delle routine: con il grande ogni tanto guardiamo un episodio di topolino in inglese (diciamo 2-3 volte a settimana, perché cerco di evitare la TV): potrebbe essere un’occasione parlare con lui di quello che vediamo insieme? Oppure mentre cucino e lui mi aiuta?
Come secondo step pensavo ad una ragazza alla pari, il che avrebbe il vantaggio di avere una madrelingua in casa…
Poi, ovviamente, c’è il desiderio di emigrare,possibilmente in un paese anglofono…
Cosa ne pensi? Sento molto viva l’esigenza di fare crescere i miei figli bilingue, perché oggi giorno senza l’inglese non vai da nessuna parte, e io ho visto che impararlo da piccoli fa davvero la differenza rispetto ad impararlo sui banchi di scuola!
Cara Laura grazie del tuo commento. Se posso obiettare, le tue più che domande sono una vera e propria preziosa testimonianza con cui non posso che concordare su tutta la linea. Se senti l’urgenza di trasmettere queste tue competenze linguistiche ai tuoi figli non posso che dirti di seguire il tuo istinto e mi sembra che il tuo progetto sia ben ponderato.
Da non madrelingua inglese hai già fatto le considerazioni del caso, esaminando obiettivamente i tuoi punti di forza. Il programma che stai seguendo è graduale e l’idea di introdurre un giorno una ragazza alla pari farebbe il resto. Mi sento di consigliarti di cercare di frequentare altre famiglie bilingui o nella tua stessa situazione in modo da non far sentire i bambini diversi dai loro coetanei e ridurre il rischio del rifiuto dell’inglese. Inoltre, mi piace sempre ricordare a tutte che la lingua non è solo una questione di grammatica e vocabolario ma è l’espressione della cultura di un popolo (nel caso dell’inglese di più popoli). Quindi è importante secondo me trasmettere anche questi aspetti, far innamorare i bambini di un’intera cultura, di un intero paese per poterne amare la lingua.
Tra le attività che nomini ad esempio cucinare puo’ essere un incentivo per preparare anche piatti tipici di altri paesi. Ora scegli tu se americani … Anche cantare insieme è una bella attività che favorisce l’apprendimento grazie al ritmo e alla musica. Un ultimo suggerimento è quello di coinvolgere anche il padre e i nonni in questo progetto, non tanto attivamente, ma soprattutto come supporto a te. Se i bambini sentono che i tuoi sforzi sono valorizzati dalle persone che li circondano saranno più propensi a seguirti. Il loro sostegno idealmente dovrebbe riguardare l’apprezzamento per la lingua e la cultura che tu rappresenti come genitore promotore del bilinguismo, dunque se parliamo di America, viva l’America!
In sostanza quello che intendo è che la scelta, specie di genitori non madrelingua, ricade spesso sull’inglese per l’innegabile utilità della lingua, tuttavia imparare una lingua “a secco”, senza nessun appiglio con la cultura a cui questa soggiace non sempre è ugualmente produttivo. Spero di averti dato il sostegno di cui avevi bisogno, se hai altri dubbi non esitare e buon viaggio nel meraviglioso mondo del bilinguismo/biculturalismo!
Salve, piu che un commento io avrei una domanda della quale non trovo la risposta online.
Io e mio figlio viviamo in belgio, lui che oggi ha 2 anni e 10 mesi è nato qui, ha iniziato ad andare al nido (francese) a 4 mesi non compiuti. è sempre stato esposto al francese ma ora che ha iniziato la materna mi rendo conto che il francese, sebbene lui lo capisca perfettamente, non lo “usa”. Come posso aiutarlo? A casa é esposto all’italiano, lo svago in inglese e il resto delle attività e del mondo in francese. Canta in inglese (imput inferiore rispetto alle altre due lingue) ed in italiano diventa semore piu sicuro. Con i suoi amichetti parlocchia in francese ma usando solo parole tipo “est à moi” “pas là” “non plus” ma nessuna frase. Com’è possibile che il francese sia diventata la lingua “minore”? o sto sbagliando punto di vista?
Ciao Bianca, grazie per la tua domanda. Il tuo bimbo se capisco bene è esposto a tre lingue, di cui l’italiano in casa, il francese a scuola sin da piccolo e l’inglese (in che contesto e con che frequenza?). Lo sviluppo delle lingue puo’ avvenire in fasi diverse sebbene l’esposizione sia contemporanea e la ragione puo’ essere di diversa natura, non ultima l’ambiente in cui si trova a parlare le diverse lingue. Ad esempio, mi domando se questa ritrosia a parlare il francese fosse presente già prima, al nido, compatibilmente con il livello richiesto dall’età. Hai notato ad esempio in caso di interazione con altri bambini in italiano se è più loquace? Il mio consiglio è comunque di non preoccuparsi per il francese poiché sarà sicuramente una questione di tempo, cio’ che potresti fare è cercare di farlo incontrare con regolarità con uno o due compagni con cui si trova bene ed osservare se noti una maggiore apertura. Questo potrebbe dargli maggiore fiducia nelle sue capacità di espressione nella lingua e farlo sentire più sicuro anche in classe (so che in periodo di covid non è facile purtroppo). Se vi fosse possibile in questa fase potreste ritagliare un momento nella giornata per leggere insieme in francese, in questo modo avresti di più il polso della situazione sulle sue reali conoscenze nella lingua. Spero di esserti stata di aiuto. Buon proseguimento e facci sapere come procede.