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La famiglia, psicoeducazione minima

di Barbara-Bonn
famiglia psicoeducazione

La famiglia, psicoeducazione minima

famiglia psicoeducazione

Quando pensiamo alla famiglia e se siamo buoni genitori ci vengono sempre mille dubbi. Conoscere un poco di concetti psicologici ci aiuta a prevenire gli errori. Quindi ecco un excursus su quello che si debba sapere. Questo è un post e scrivo facendo riferimento ai miei studi passati, come se raccontassi quello che so a un amico, quindi se volete una biografia da leggere, scrivete e vi darò delle indicazioni, altrimenti godetevi questo mio sforzo di spargere conoscenza e aiutare a non sbagliare.

In questo articolo ritorno su un concetto già visto anche se in maniera trasversale in vecchi post, la terapia familiare strutturale, pensata da Minuchin. Il contesto familiare aiuta a costruire il senso di identità ed è questo il primo paletto che dobbiamo mettere. Ci sono due concetti fondamentali per Minuchin che sono importanti per comprendere come si forma il senso di identità: l’appartenenza e la differenziazione.

L’appartenenza si forma con l’adattamento al proprio gruppo familiare, quando il bambino si appropria dei modelli transazionali della struttura familiare.

Invece la differenziazione si innesca con la partecipazione a diversi sistemi famigliari. In questa maniera il soggetto si appropria di diverse modalità relazionali. Durante il periodo in cui si sviluppa la differenziazione, l’apporto della famiglia è importante perché se ostacola la differenziazione possono sorgere dei problemi.

Per Minuchin la famiglia è un sistema socio-culturale aperto formato da sottoinsiemiOvvero gli individui, la coppia di partner, quella dei genitori, e i fratelli.

Per capire le problematiche che possono insorgere in una famiglia, bisogna tener conto della gerarchia – le regole tra i diversi livelli di potere – e dei confini fra sottoinsiemi.

Le tipologie di famiglia

Se i confini sono chiari e definiti siamo di fronte alle famiglie funzionali. Questo vuol dire che ogni membro della famiglia svolge il suo compito, la sua funzione, non ci sono interferenze, ma i confini sono abbastanza flessibili di modo che ognuno sia in grado di entrare in contatto con gli altri membri.

Nel caso di famiglie disimpegnate i confini sono invece rigidi e impenetrabili, nel senso che è difficile la comunicazione. Non siamo in presenza di una struttura, di una gerarchia. I membri della famiglia sembrano autonomi ma è tutta apparenza, perché secondo lo studioso non si può essere capaci di autonomia se il membro non è appartenuto prima a un gruppo. Detto in maniera più chiara, non si può essere indipendenti se prima non si è stati dipendenti.

Vi è un terzo gruppo secondo Minuchin, quello delle famiglie invischiate, che sono caratterizzate da un’estrema emotività: l’emozione di uno diviene emozione di tutti. I confini non sono rispettati, i membri della famiglia sono intrusivi. Sia la famiglia invischiata che quella disimpegnata creano problemi quando si è di fronte a un cambiamento: nel primo caso la risposta è troppo rapida, nell’altro troppo veloce.

Minuchin concentra il suo lavoro sulla famiglia invischiata di tipo psicosomatico, le cui caratteristiche sono l’invischiamento, l’iperprotettività. Siamo inoltre in presenza di famiglie rigide che evitano il conflitto.

Come già accennato, l’invischiamento è quando i membri sono intrusivi e non lasciano spazi personali per crescere. Nessun membro è veramente autonomo o ha una propria identità personale. Sono famiglie in cui c’è eccessivo interesse per il benessere fisico degli altri membri; questa preoccupazione eccessiva in realtà nasconde la paura di affrontare conflitti e difficoltà. Inoltre, vengono ripetuti gli stessi schemi mentali. Le emozioni non vengono espresse e ognuno si controlla a vicenda, essendo anche irrigidito nel proprio ruolo.

Capire le relazioni all’interno della famiglia

Un modo chiaro per capire le relazioni all’interno della famiglia è quello di usare la metafora del triangolo, che viene a rappresentare un sistema emotivo relazionale.

Se guardiamo a una famiglia secondo questa prospettiva, notiamo che è formata da una serie di triangoli interconnessi. Sempre restando nella metafora ricordiamoci che le dinamiche relazionali vengono chiamate triangolazioni. Le triangolazioni sono funzionali quando rimangono entro certi limiti, superati i quali divengono disfunzionali per l’appunto, facendo insorgere sintomi patologici. Questo accade quando l’autonomia del soggetto viene ostacolata.

Si triangola per esempio quando due persone, per mantenere la loro relazione stabile, coinvolgono un terzo. Minuchin sottolinea come sia importante imparare a detriangolarsi, ossia essere nel triangolo senza subire. Detto in soldoni, non venir presi dal conflitto delle altre due parti rimanendo comunque in contatto emotivo.

Minuchin definisce la triangolazione come la deviazione del conflitto da un sistema all’altro: si ha per esempio un tipo di coalizione disfunzionale quando un genitore e un figlio si coalizzano a danno di una terza persona. L’esempio più tipico è quello delle famiglie separate, vi è la triangolazione vera e propria di un figlio che viene fatto schierare contro un genitore. Insomma viene chiesto a un figlio di parteggiare nel conflitto. Il figlio in una situazione come questa si può sentire come paralizzato, e tra l’altro se parteggia, il risultato è che uno dei due genitori possa considerare la sua presa di posizione come un tradimento. I genitori spostano il loro conflitto sul figlio attaccandolo oppure appoggiandolo, questo atteggiamento si chiama deviazione.

Si parla anche di triangolo perverso, e in particolare lo fa Haley: in questo caso siamo in presenza di una coalizione intergenerazionale contro il proprio pari. In questo caso i ruoli sono confusi poiché vi è uno scavalco intergenerazionale.

Il Gruppo di Milano ha circoscritto ulteriori tipi di triangolazione suddividendola in due gruppi, quella dell’imbroglio e quella dell’istigazione. Nel primo caso si esalta un rapporto privilegiato con un membro della triade, ma si tratta di un ‘fake’, poiché questo privilegio non esiste e serve solo per colpire qualcun altro. Nel secondo caso si istiga una persona in modo non evidente ad agire contro qualcun altro. Questa istigazione è sotterranea e quando viene scoperta, viene completamente negata.

Anche il gruppo di Lausanne parla di triangolo primario, proponendo la denominazione “triangolazione normativa”. Per questi studiosi la competenza triadica è innata e non è detto che porti a sviluppi negativi. Il gruppo ha sviluppato uno strumento per osservare l’osservazione triadica durante il gioco, in particolare per investigare l’occorrenza di tre funzioni.

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2 Commenti

Irina Pampararo 14/10/2020 - 08:30

Molto interessante Barbara, offre molti spunti di riflessione. Concordo con il fatto che l’appartenenza si forma con l’adattamento al proprio gruppo familiare e la differenziazione si innesca con la partecipazione a diversi sistemi famigliari per permettere al soggetto di appropriarsi di diverse modalità relazionali.
Ecco perché ritengo utile che i nostri figli fin da piccoli frequentino assiduamente i nuclei familiari dei loro amici ( non solo gli amici stessi), meglio ancora se di nazionalità e mentalità diverse dalla nostra, in modo che possano ampliare il loro punto di vista sulle dinamiche familiari e sul day by day, confrontandosi con altre realtà.

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Barbara Gabriella Renzi 23/10/2020 - 16:53

Grazie per il tuo commento. Concordo. Un saluto. Barbara

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