Una figlia all’Università inglese

Whitworth Hall, University of Manchester
Ci sono momenti nella vita dei quali, anche a distanza di anni, ricorderai sempre dove eri e cosa stavi facendo quando sono successi.
Un lunedì di fine gennaio 2001 ero in ufficio. All’ora di pranzo avevo acquistato un test di gravidanza, a causa di un leggero ritardo, io che sono sempre stata un orologio. Impaziente, come al solito, allora più di adesso, decisi di non aspettare e lo feci in ufficio. Quando vidi che era positivo, lo shock fu totale: ma si può restare incinta con la pillola? Si può!
Non vi sto a annoiare con i dettagli di una gravidanza non proprio semplice e di un parto un po’ difficile nonostante un cesareo programmato.
Ma i primi istanti di mia figlia, quel 25 settembre del 2001, sono vivi nella memoria. Lei che urla come un’aquila per la fame, nonostante l’infermiera avesse detto che i neonati per le prime ventiquattro ore non hanno appetito. Come no! Le prime notti insonni in ospedale con lei che strilla, senza che sappia perchè – coliche, scopro dopo! – per poi dormire come un angelo di giorno durante l’orario di visita. La prima notte a casa. Le prime volte di ogni cosa: sorriso, suoni, abbracci, passi, parole, giorno di asilo, giorno di scuola; i compleanni; le vacanze; la trasformazione fisica.
Mia figlia, Lisa, il 25 settembre di quest’anno, compie 19 anni.
Come è successo?
Questi anni sembrano volati! La mia bambina è una giovane donna con la sua personalità, per alcuni tratti così simile alla mia e per molti altri così diversa. A volte dico: è proprio mia figlia; altre, ma siamo sicuri che sia figlia mia? Credo capiti a tutti i genitori.
Lei, come me, è sempre stata indipendente e capace di badare a se stessa nonché al fratello, arrivato anni dopo.
Unite da quel filo invisibile che lega ogni madre ai propri figli, abbiamo vissuto in simbiosi come capita in particolare al genitore single quando il padre è assente, alleate anche nei momenti di discordia, gli unici periodi di lontananza le vacanze trascorse in Italia con i nonni.
Mia figlia è una ragazza con la testa sulle spalle, che è stata il mio punto di forza in tutti questi anni: abilissima nel montare i mobili Ikea, superandomi in questo; indispensabile a capire i compiti del fratello perchè io, in matematica, sono negata! Capacedi risolvere ogni mia difficoltà in ambito tecnologico con l’abilità tipica dei giovani cresciuti con l’internet.
Lisa, come feci io anni fa trasferendomi, ha appena spiccato il volo: si è trasferita a Manchester, dove tra un paio di settimane comincerà il suo corso universitario in politics and economics.
Ha fatto tutto da sola: scelto l’università andando di persona a visitarne diverse; selezionato il corso; fatto domanda per i prestiti governativi per la retta e le spese personali; usato i risparmi per comprarsi il laptop nuovo; compilato la lista di quello che le serviva facendo i conti all’ultimo centesimo; preparato le sue cose.
La mamma ha “solo” dovuto accompagnarla in macchina.
È solo il secondo giorno che è via, e è ancora strano sapere che non rientrerà a casa. La sua camera, spoglia di tanti suoi effetti personali, sembra enorme. La prima cena cucinata solo per me e mio figlio un affare veloce.
Lasciarla, ieri, non è stato facile: con gli ultimi abbracci mi è venuto un po’ di magone.
Eppure io sono una mamma poco italiana, nel senso che ho sempre incoraggiato i miei figli a essere indipendenti. Sapevo che sarebbe arrivato il giorno in cui sarebbe andata all’università e, in un certo senso, non vedevo l’ora che arrivasse. Poi, quando è giunto, la sensazione era: ma come, così presto?
Ma la felicità di mia figlia per questa nuova fase della sua vita mi riempie il cuore.
È pronta e, lontano da casa, può cominciare a forgiare il suo futuro: dagli studi, alle amicizie, al primo lavoro per mantenersi, alla gestione delle finanze. Ero un po’ timorosa che si rinchiudesse in se stessa, invece ha già legato con le compagne di appartamento, con le quali è già uscita.
Sono volati, questi diciannove anni, anche quando sono sembrati lunghissimi; a volte mi sembrava che non ce l’avrei mai fatta: sola qui a Londra, due figli da due uomini difficili, che mi hanno creato tanti disagi; il lavoro a tempo pieno; le difficoltà economiche.
Eppure, questo momento stava per non arrivare “grazie” all’ultimo pasticcio del governo durante questa pandemia.
Quando la chiusura delle scuole a marzo da temporanea divenne definitiva, il ministro dell’istruzione informò che gli studenti della scuola superiore, la secondary school, non avrebbero sostenuto gli esami e che i voti sarebbero stati assegnati in base ai risultati ottenuti durante quelli di prova, i mocks.
Gli studenti interessati da questa misura erano quelli in Y11 (dove Y sta per year, anno) con i GCSEs, l’esame che conclude la scuola dell’obbligo a 16 anni, e in Y13 con gli A levels, il diploma che permette l’accesso all’università. I voti sono particolarmente importanti in entrambe i casi.
Dopo i GCSEs, gli studenti che vogliono continuare gli studi, possono completare i due anni successivi, 6th form, nella stessa scuola oppure in un’altra. Le scuole più selettive richiedono, per l’ammissione, certi voti senza i quali gli studenti non vengono accettati.
Lo stesso vale per gli studenti in Y13 e l’ammissione alle università.
Le più prestigiose sono quelle del Russell Group, che comprende Oxford e Cambridge, e offrono agli studenti quella che si chiama una conditional offer, cioè l’offerta di un posto per il corso scelto a condizione di ottenere certi voti.
Il punteggio varia a seconda delle università e dei percorsi, ma ci vogliono almeno 2 A e a volte anche 3. Per chiarire questo punto: nel 6th form gli studenti studiano solo tre, in alcuni casi quattro, materie. Il punteggio massimo è A*, seguito da A, B, C, D, F e U. Quest’ultimo equivale a una bocciatura. I voti migliori sono quelli tra A* e C. La laurea conseguita in una di queste università garantisce un posto di lavoro e un network di contatti importante.
L’alternativa è rappresentata da atenei meno prestigiosi che offrono una unconditional offer, che significa che allo studente viene offerto il corso scelto indipendentemente dai voti conseguiti negli esami.
La competizione per le università del gruppo Russell è feroce, per cui i voti sono importantissimi.
In tempi “normali”, gli studenti sostengono degli esami preparatori durante l’anno, i mocks, e quelli finali a giugno; i risultati vengono consegnati agli studenti a metà agosto, e a quel punto vengono assegnati i posti universitari. Il tutto è gestito da un sistema chiamato UCAS, tramite il quale chi non ha ottenuto il corso scelto può sceglierne un altro durante la fase di clearing: l’offerta di quelli rimasti disponibili.
Ma torniamo al governo e a Covid.
Come ho detto prima, agli studenti venne detto che i voti, in assenza di esami, sarebbero stati assegnati in base a quelli ottenuti durante i mocks o, in assenza di questi, sulla base delle valutazioni degli insegnanti, i teachers’ assessments.
Poi succede che il governo cambia idea, e presenta l’algoritmo. Nessuno sa bene, all’epoca dell’annuncio, cosa significhi per poi scoprirlo con la pubblicazione dei risultati in Scozia. (Nota: il sistema scolastico varia a seconda dei paesi in UK; in Scozia, le scuole iniziano e finiscono prima). E è scandalo.
Perchè l’algoritmo, introdotto per evitare una presunta generosità nelle valutazioni degli insegnanti e livellare i risultati, ha fatto sì che un’alta percentuale di studenti abbia avuto un ribasso nei voti, il downgrading.
Porto mia figlia a esempio. Lei aveva le seguenti previsioni: A* in economics, A in politics e B in maths. Ai mocks aveva ottenuto esattamente questi risultati. Sulla base delle previsioni, aveva due conditional offers, una da Manchester (la preferita) e l’altra da Birmingham (la seconda scelta, chiamata anche insurance) per studiare politics and economics.
All’apertura dei voti, il 13 agosto, la sorpresa: i voti sono rispettivamente A, B e B. Entrambe le università ritirano le offerte. I posti nel clearing si esauriscono in fretta, le linee telefoniche sono intasate, lacrime amare e un solo posto trovato, per studiare ancient history, preso perchè è meglio che niente.
Cosa è successo?
L’algoritmo ha lavorato sui risultati conseguiti l’anno precedente dalla scuola materia per materia, e dove per esempio ha visto che la media era B – sempre per citare l’esempio di mia figlia, in politics la maggior parte degli studenti nel 2019 ottenne un B – ha “deciso” che A era troppo generoso e ha quindi assegnato un B. Per la stessa ragione, il suo A* in economics divenne A, mentre in maths la sua B rimase tale perchè quella era la media ottenuta nell’anno precedente.
Una follia totale che non ha tenuto conto dei risultati dei singoli studenti.
Follia che ha colpito sopratutto quelli dei ceti inferiori in istituti scolastici di non eccellenza, penalizzati da risultati scadenti ottenuti dagli studenti nell’anno precedente.
La Scozia fece retromarcia abbastanza velocemente, con la decisione di reintrodurre i teachers’ assessments. Boris, per il resto del Paese, decise di ignorare l’esperienza scozzese, e continuò con l’algoritmo.
Il 13 agosto era giovedì. Eravamo appena tornati dalle vacanze in Italia proprio per ritirare i risultati e, per la prima volta nella carriera scolastica di mia figlia, ci trovammo di fronte a un risultato inaspettato, ingiusto e non rappresentativo delle sue abilità.
Una giornata super pesante per me: le email di lavoro da gestire dopo dieci giorni di vacanza, una figlia in lacrime che vuole mollare tutto, il gatto malamente ferito e un topo morto in giardino! Della serie, non ci facciamo mancare niente!
Ma per tornare agli studenti: almeno il 40% perse il posto prescelto.
A seguito della protesta popolare, e con la pressione perchè il governo seguisse l’esempio scozzese, seguì l’annuncio che gli studenti che si erano visti abbassare il voto avrebbero potuto fare appello, senza che venisse spiegato come. Nel nostro caso, l’università informò mia figlia che le avrebbero mantenuto il posto durante questa fase, a condizione che la domanda venisse presentata dalla scuola entro il 7 settembre. Ma la risposta dell’istituto fu: aspettiamo che il governo ci dica come dobbiamo procedere.
Finalmente, il lunedì l’annuncio della retromarcia:
i voti verranno assegnati sulla base dei teachers’ assessments. Mia figlia, il giorno dopo, riceve la conferma che può frequentare il corso che aveva scelto. Altri studenti sono stati meno fortunati in quanto, anche con i voti che avrebbero dovuto avere dall’inizio, hanno comunque perso il posto all’università prescelta.
Ancora una volta il governo inglese, in questi tempi incerti causati dalla pandemia, ha lasciato molto a desiderare.
A farne le spese sono di nuovo i giovani, il cui futuro, con la crisi economica dovuta al lockdown, sembra sempre più incerto.
Un giorno non troppo lontano, o almeno sembrerà tale, guarderemo a questi giorni con il distacco del tempo e della storia; quel giorno, come oggi, alcuni dettagli saranno come se li avessimo appena vissuti.
Oggi, possiamo solo vivere la storia, quella personale che si intreccia con quella intorno a noi.
Elena – Londra
Chi sono
1 Commento
Capisco la delusione di Lisa per il dover cambiare il corso della sua vita per uno stupido algoritmo.
Ci butti tutta te stessa e prendi voti pazzeschi ( sì, sono voti encomiabili) per arrivare al tuo obiettivo.
E non serve a niente.
Capisco ancora di più la tua desolazione di madre nel doverla consolare essendo incavolata nera..
ma questo ci tocca fare 🙂
E meno male che a volte il sereno torna improvvisamente, e tu sei ancora più felice di quanto lo saresti stata se l’intoppo non ci fosse stato. Vero Lisa?
Dalle il mio in bocca al lupo per tutto!