Ginevra: Le salon du Macho
Ogni anno a Ginevra, agli inizi di Marzo, ha luogo un evento di proporzioni mondiali : il Salone dell’auto, ovvero le Salon de l’auto in francese, altrimenti detto il Salon du macho in femminese.
Le Salon du macho riesce a far venire a Ginevra gente dal mondo intero.
L’economia gira di brutto. Ristoratori, bars, hotels e tassisti sono all’apice della felicità.
Ma c’è una persona che ad ogni inizio Marzo non è per nulla contenta.
Quella persona sono io.
Detesto il Salone dell’auto con tutte le mie forze.
All’inizio, quando arrivai a Ginevra, non ci facevo nemmeno caso; ma, da due anni a questa parte, vuoi per il maggiore afflusso di gente all’evento, vuoi che abito in centro e subisco dunque le conseguenze urbanistiche di un evento di tali proporzioni, ho sviluppato un’allergia epidermica al salone dell’auto.
Lo so, lo so, dà lavoro a parecchie persone.
Lo so, lo so fa girare l’economia. Lo so!
Non entrerò nemmeno nel merito del dibattito femminista hostess o non hostess al salone dell’auto, anche se ne avrei tantissima voglia.
Vorrei solo fare un’analisi del pubblico del salone.
Di quelle orde di uomini dal testosterone cavallino che si precipitano all’aeroporto sin dalle prime ore del mattino e fino a tarda sera, in direzione del posto che, per loro, rappresenta il sogno di una vita, dove ci sono tante, tantissime cose che a loro piacciono, tutte riunite in un’unica grande trappola per grossi topi alfa: il salone dell’auto.
E giù autobus strapieni, polizia che blocca le strade che nemmeno quando venne Ban Ki-moon, ristoranti invasi da omaccioni che sono un misto tra Gabriel Garko e MacGyver, perché vogliono far bella figura e aggiustare tutto, ma in fin dei conti vogliono solo bere, e fare discorsi tra uomini, che noi donne non vorremmo nemmeno aver capacità di immaginare, ma che invece sappiamo benissimo dove vanno a parare.
Alcuni si perdono addirittura per strada, avendo pernottato in hotel di fortuna – meno cari degli alberghi ginevrini – nella vicina Francia, non lontano dal salon du macho.
Si accingono con passo insicuro, ma trepidante, al raggiungimento all’agognata meta… non c’hanno manco Google Maps causa mancanza di connessione dati all’estero. L’anno scorso m’è toccato accompagnarceli a me al Salone…ve lo immaginate?
Di saloni a Ginevra ce ne sono una marea: turismo, orologeria, comunicazione, erotismo (ho scoperto di recente che una volta a far da padrino c’era pure Rocco Siffredi), ma nessuno dei saloni ha il pubblico del Salon du macho.
Sì, sono cattiva ad aver storpiato così il titolo.
Sì, ne sono cosciente: non tutti gli uomini che frequentano il salone dell’auto sono dei maschilisti incalliti. E non c’è assolutamente nulla di male nell’andare a vedere due ruote o due gambe.
Un anno mi è toccato pure prendere il bus con loro. Ebbi questa infelice idea che mi costò 20 minuti di occhiate dalla testa ai piedi.
E l’occhiolino da parte di MacGyver che appena arrivato davanti al Salone si precipitò verso l’entrata, lanciandosi letteralmente dal bus, per un primo selfie di fronte al Salon du macho.
Andare al Salon du macho è un po’ come andare allo stadio: alcuni ci vanno per vedere la partita, altri per dar sfogo alla virilità.
Dai, maschietti, non ve la prendete: per una volta una pacca al sedere, metaforica, ve la do io!
PS. Quest’anno il Salone dell’auto è iniziato proprio l’8 marzo. Sarò complottista o femminista, ma potevano pure scegliere un’altra data, no?
Chi sono