La mia terza gravidanza e maternità a Dubai.
Cominciamo dall’inizio…
La mia prima gravidanza è iniziata a Nizza, in Francia. Sei mesi sereni, controlli in ospedale con un’ostetrica ecografista fantastica che ha calmato tutte le mie ansie. I tempi di attesa erano di un quarto d’ora al massimo. Poi, un cambio di programma inaspettato: alla fine del sesto mese ci siamo trasferiti a Doha, in Qatar. Ricordo di essere uscita dall’aeroporto quasi carponi per via di un tremendo mal di schiena. Trascorso un mese ci fu nuovamente un cambio di direzione e la decisione di restare in Italia per un po’.
Vi risparmio la trafila, gli alti e bassi e le ansie nel non avere un ginecologo. In Italia sembra essere essenziale averne uno, anche se poi si partorisce con il medico di turno in ospedale. Quello presente durante il mio parto, per la cronaca, è stato molto umano.
Due bambini a Dubai. Come funziona per le visite pediatriche?
Quando ci siamo trasferiti a Dubai, la mia seconda figlia aveva quasi sei mei. Gravidanza, parto e maternità avvennero non a Dubai, bensì in Italia. Mio marito era all’estero e io avevo pochi giorni di ferie, che usai come maternità. All’epoca, infatti, lavoravo come consulente con partita iva, senza diritto alla maternità. Insomma, creatura sfornata quasi a lavoro, e dopo un po’ cambio di paese.
Arrivata a Dubai ho dovuto fare i conti con la gestione della maternità, seppur senza lavoro. Avevo due bambini in età pediatrica e necessità di un medico. Ho individuato allora le cliniche ed ospedali più vicini a casa per scegliere un pediatra per i bambini. Non essendoci una sanità pubblica non esiste la scelta ufficiale del pediatra come in Italia. Si prova ed eventualmente si cambia.
Dove vai se la prenotazione non ce l’hai?
Sono poche le cliniche che hanno il walk in, cioe l’entrata libera e l’attesa di una visita. Occorre prenotare e senza prenotazione non si avrà diritto a una visita. Per le emergenze ci sono gli ospedali, a pagamento anche quelli. Per questo motivo, ricordo che è altamente consigliato avere un’assicurazione sanitaria. Questa è obbligatoria da parte del datore di lavoro che assume, facoltativa (ma consigliata) per chi lavora in proprio.
Scelta la clinica più comoda abbiamo iniziato le visite col pediatra, di nazionalità portoghese. Il medico è sicuramente importante ma la differenza la fa anche il personale infermieristico assegnato al medico. Questi si occupa della gestione della parte amministrativa nonché del controllo pre-visita e degli eventuali interventi, quali ad es. somministrazioni di medicine, vaccini e prelievi del sangue.
Qui non esistono, o almeno, non tutti applicano quegli stessi protocolli che abbiamo in Italia. Un esempio sono i controlli della crescita e l’ecografia alle anche. Idem per i vaccini, che sono fortemente consigliati ma non obbligatori. Le scuole chiedono il certificato vaccinale ma non ci sono conseguenze per chi non lo esibisce.
Per questo motivo, molte persone scelgono il pediatra della loro stessa nazionalità. Così avranno una sorta di continuazione del sistema sanitario del proprio paese. Noi siamo passati dal medico portoghese alla pediatra turca, che oltre ad essere un bravo medico è una madre e comprende le mie stanchezze.
Gravidanza e maternità a Dubai: la gioia dell’inaspettato.
Quando mia figlia aveva 9 mesi mi sono accorta di essere in dolce attesa. Una gravidanza del tutto inattesa e resa più pesante dalla pandemia, arrivata un paio di mesi dopo. Avevo già effettuato una visita ginecologica in una clinica che però non aveva il direct billing, per cui avevo cercato e trovato un’altra struttura con un altro ginecologo. Tedesco questa volta.
Direct billing vuol dire che dopo la visita medica vi recate alla cassa della clinica/ospedale e con la tessera assicurativa non pagate o pagate direttamente la quota che vi spetta nel caso di copayment o accordi con l’assicurazione sanitaria. Quando non c’è il direct billing dovete attendere che il medico compili il modulo che dovrete poi inviare all’assicurazione tramite app, per avere il rimborso di quella cifra che, nel frattempo, pagate per intero. Il che è una grande seccatura.
Gravidanza e maternità a Dubai: l’importanza di strutture di cui fidarsi.
Il nuovo ginecologo, di una precisione rassicurante e fiducia in se stesso disarmante, ha effettuato solo i controlli necessari e senza caricarmi di stress inutile. Tempi di attesa alle visite 10 minuti. L’ostetrica mi pesava, misurava la pressione e faceva alcune domande ogni volta prima di entrare dal medico. Lui mi disse la data esatta del parto, non presunta, e mesi dopo ha avuto ragione. Aveva ed ha uno staff molto efficiente, che risponde sempre alle email per qualsiasi esigenza o prescrizione medica. Il medico stesso è sempre disponibile tramite whatsapp e se in ferie segnala il sostituto. Effettuo ancora i controlli di routine e il pap test con lui.
La gravidanza in sé non è stata facile per via del lockdown. Non potevo più portare con me la bimba ai controlli, dovevo segnalare lo spostamento sulla app della polizia, mascherina e precauzioni varie, moduli da compilare in clinica ogni volta. Ma sul piano medico è stata la migliora gravidanza.
Avevo già accordi col ginecologo sull’ospedale scelto fra i 3 in cui lui lavorava. Quando si concorda una struttura ospedaliera col medico si procede poi con la visita della struttura, la familiarizzazione con lo staff e il da farsi per la registrazione. Le camere sono generalmente singole ed è permesso al padre di pernottarvi e, in alcuni casi, anche ad un figlio, almeno prima della pandemia. Dai racconti di conoscenti che hanno partorito a Dubai, lo staff medico è più gentile rispetto alle strutture pubbliche italiane, probabilmente perché si rischia il posto di lavoro e le strutture sono, per la maggior parte, private.
Cambio di programma: partorisco in Italia
Il problema più grande è stato decidere di non partorire a Dubai. La mia decisione di rientrare in Italia, quasi all’ottavo mese di gravidanza, è stata dettata dal fatto che mio marito aveva diritto soltanto a 3 giorni di paternità, A causa del covid, i licenziamenti erano in aumento e non eravamo certi che non sarebbe toccato anche lui.
Allora vai, con un bambino di quasi 6 anni e una bimba di 1 anno e 3 mesi, in taxi da Dubai ad Abu Dhabi – all’epoca c’era anche la frontiera della polizia per il contollo dei tamponi – e poi volo su Milano fino a Roma e da Roma a Napoli, e in ultimo un’ora di auto fino a casa. Lo so, una follia, ma è stato solo stancante, nulla di più. Almeno i bambini sarebbero stati in campagna con i nonni a godere un pò di spazi aperti e meno caldo.
Il parto in Italia: domanda di riserva?
Il parto non è stato dei migliori e a Dubai sarebbe stato sicuramente meno stressante. Mio figlio, infatti, è letteralmente schizzato fuori mentre ero ancora nella camera covid in attesa del risultato del tampone. Ero da sola, con campanello rotto e un numero di emergenza, ma con le mani scivolose di liquido amniotico non riuscivo a digitare i tasti sul mio cellulare per chiamare l’ostetrica che era in sala travaglio con altre partorienti. Urla che sembavo Hulk in trasformazione, tentativo di portarmi via sul letto, il quale però non usciva da quella camera perché era più grande della porta e ho divuto correre in sala parto con la testa di mio figlio fra le gambe.
Un film? No, la realtà. Ora ci rido ma all’epoca ho pianto per lo spavento.
La cosa più triste è che non ho potuto avere mio figlio accanto a me durante i tre giorni di ospedale. Perché? Beh, perché il laboratorio d’analisi dell’ospedale era chiuso a ferragosto agosto (ho partorito il 14) per cui senza risultato del tampone non potevo passare in reparto ed avere mia figlio con me. Questa cosa, a Dubai, non sarebbe successa. Ad agosto il lockdown era finito, gli ospedali erano tutti operativi e le analisi effettuate in tempi rapidi. Ecco, questo mi è mancato.
Ho potuto vedere mio figlio una volta solo grazie alla compassione di un pediatra.
Non parliamo poi della struttura, pubblica, che non è nemmeno la peggiore nei dintorni. Bagni vecchi, a volte guasti, staff che si sente spesso attaccato e a sua volta attacca verbalmente i pazienti, senza mostrare né gentilezza né compassione per le neo mamme. Sui miei tre parti in Italia potrei scrivere un libro. Non metto in discussione la preparazione medica, sia chiaro, ma la poca importanza che lo stato conferisce alla sanità pubblica si ripercuote sull’utente finale. Ad ogni modo, è andata bene lo stesso e di questo sono grata.
Burocrazia per donna sposata con marito assente
Passiamo alla parte burocratica. Essendo sposata ma senza marito presente è stata dura avere il certificato di nascita per il bambino. L’ospedale mi diceva di andare in comune, il comune di farlo in ospedale, ma in ospedale non volevano che uscissi senza aver preso il bambino, che senza certificato non poteva uscire. Dopo circa due ore ho trovato una persona disposta a certificare, con tanto di copie dei documenti di mio marito e telefonata a lui per conferma. Pensavo che il matrimonio facilitasse le cose, invece no.
Trafila più semplice, per fortuna, per il rilascio del passaporto per il pargolo. Se si è iscritti all’AIRE si può comunque partorire in Italia. Basta segnalarlo alla’assicurazione che poi sarà ben felice di rimborsarvi le spese dato che il parto in Europa costa meno che a Dubai. Oppure potete decidere di attendere per registrarvi – l’obbligo effettivo è entro l’anno – o togliervi dal registro per alcuni mesi. Oppure rimanere AIRE e partorire li dove siete se vi piace il sistema sanitario.
A Nizza e a Dubai ho vissuto la gravidanza e la maternità senza stress. Chissà se questo ha inciso sul caratteraccio di mia figlia, con lavoro, gravidanza e parto in Italia…
2 Commenti
Quando ho letto del tuo parto in Italia, lo confesso, mi sono spaventata.
Leggo, infatti, di tantissime mamme italiane che risiedono in Germania e si lamentano delle differenze tra i due sistemi sanitari. Ciò che ne risulta è, quindi, una preferenza non indifferente nei confronti della sanità italiana, che viene percepita come più presente.
In Germania, infatti, non vengono fatte visite invasive a meno che non vi sia una necessità concreta dal punto di vista medico. Il paziente può altresì richiederle ma dovrà coprirne i costi. Niente amniocentesi, per esempio, e la cosiddetta villocentesi è a discrezione della mamma.
Quando ho letto della tua esperienza mi sono venute in mente anche le esperienze di ex colleghe oppure di conoscenti e, davvero, mi sono un po’ spaventata.
Sommandole tutte insieme sembra quasi che, sotto questo punto di vista, l’Italia non sia proprio un paese per genitori in divenire.
Premesso che non partorirei mai in clinica privata a causa di un grave caso di malasanità di cui è stata vittima di mia madre che, purtroppo, ha perso un bambino anni fa, sceglierei ancora l’ospedale in cui ho partorito se fossi ancora in Italia. È logisticamente comodo per me e per la mia famiglia, e lo staff medico è preparato. Ma per il resto no, non lo rifarei avendo un’altra opzione più “rilassante e rassicurante”. Poi si sa che può andare male ovunque, purtroppo.