Persone? Culture?
Quando andiamo a vivere in un altro luogo, lontano da casa, ci si aprono mondi nuovi e incontriamo (e a volte ci scontriamo anche) con un modo diverso di vedere e percepire la realtà.
Non dobbiamo però dimenticarci che incontriamo non solo una cultura nuova ma soprattutto persone, portatrici di una certa cultura, e qui vorrei mettere l’accento sul fatto che si incontrano individui e non concetti astratti: noi ci relazioniamo con degli individui in carne ed ossa!
Le persone che incontriamo hanno le loro caratteristiche peculiari: possono esserci simpatiche e antipatiche.
Al personale modo di essere, va sommata la cultura che li circonda e in cui sono immersi, di cui sono portatori e che si fonde con le loro caratteristiche. Quindi, anche se si studia la cultura in cui si va a vivere, se la si cerca di scoprire con l’occhio attento di un osservatore, non va dimenticato che gli individui, particolari concretizzazioni di vita, sono unici e irripetibili e che bisogna essere flessibili anche nella ricerca di regolarità.
Io penso che, quando ci si trova fuori, il primo punto di partenza siamo noi stessi.
Sono certamente una fan dell’autoanalisi, ma questo è un altro discorso. Siamo condizionati (volenti o nolenti) dalla vita che ci circonda, abbiamo tutti pregiudizi e probabilmente siamo tutti etnocentrici, entro almeno un certo range, dobbiamo riconoscere dove e su quale spettro ci possiamo collocare.
Questo non solo per divenire persone migliori ma anche per portare avanti una comunicazione efficace, raggiungendo i nostri obiettivi e permettendo a chi interagisce con noi di raggiungere i suoi.
Ricapitolando, conoscere la propria cultura ci aiuta ad essere cittadini del mondo e a comprendere come meglio agire in una cultura straniera. Inoltre, quando si va all’estero non si incontrano né stereotipi, né culture immutabili ma uomini e donne che, in parte e in maniera diversa, concretizzano gli elementi peculiari di ciascuno di loro assieme alla cultura di partenza.
Per attuare una comunicazione efficace, dobbiamo cercare di comprendere i filtri attraverso i quali percepiamo la realtà e i filtri dell’altra cultura.
Forse, anche il fatto che noi come persone cambiamo, e non solo, ma ci identifichiamo con diversi “io” durante la nostra vita e a seconda di chi abbiamo di fronte, va tenuto conto se vogliamo comunicare efficacemente.
Quando dobbiamo pensare quale versione di noi stessi viene spinta ad emergere in una certa occasione, questo ci aiuta a capire come l’altro ci vede, quale influenza ha su di noi e quali informazioni (comunicazione involontaria) passiamo all’altro.
Ecco, voglio fare qui una digressione sul concetto di identità.
Se è vero che farsi un’identità, sapere chi si è, è un bisogno fondamentale di ogni individuo, è anche vero che bisogna rendersi conto che si cambia con il tempo, semplicemente perché si vive. L’identità, anche se vengono gettate le sua fondamenta ed è attiva e vissuta, è solo un compito da realizzare, un qualcosa da raggiungere, non è un fossile che ci portiamo dentro: altrimenti come potremmo crescere?
Parliamo poi della parola pregiudizio: cosa vuol dire?
Sicuramente vuol dire formarsi un giudizio prima dell’evento, ma vuol dire anche considerare in modo sfavorevole le persone prima di incontrarle. E’ la parola “sfavorevole” su cui ci dobbiamo soffermare. Prima di partire per una nuova avventura culturale, credo sia il caso di guardarci dentro e vedere se in qualche misura abbiamo pregiudizi di qualsiasi sorta.
Ma quanti stereotipi possediamo? E soprattutto, cos’è uno stereotipo?
Gli stereotipi servono sicuramente a semplificare la realtà. Ad esempio, se si incontra un tedesco e gli si “appioppano” caratteristiche che sappiamo appartenenti alla cultura, tipo puntualità o rigidità mentale, stiamo stereotipando: il che non è né giusto né proficuo.
Gli stereotipi sono delle inferenze che passano dall’esplicito all’implicito e ci aiutano ad affrontare la complessità del mondo, e non sempre sono utili. Per esempio, non tutte le persone che si vestono con colori sgargianti sono estroverse.
Il problema vero è se lo stereotipo e le idee pregiudiziali si associano e ci portano a giudicare un popolo preventivamente in maniera negativa: come possiamo instaurare una comunicazione in queste condizioni?
Bisogna anche sapere che siamo più portati a notare le caratteristiche dell’altro che confermano la nostra profezia e il nostro modo di vedere.
Insomma, analizzare e auto-analizzare ci aiuta a vivere meglio soprattutto in situazioni dove siamo pesci fuor d’acqua.
Chi sono
2 Commenti
E’ decisamente impegnativo psicologicamente il cercare di mantenere un’apertura mentale la’ dove sarebbe tanto più facile ripiegare su pre- giudizi e confermare pre concetti ma a me di solito viene naturale essere aperta e curiosa delle culture e modi di vivere di altri paesi e persone. Sono da sempre un’accanita viaggiatrice e quando sono arrivata qui in Australia mi è capitato l’esatto opposto di quello che descrivi tu.
Avevo pre- giudizi favorevoli. Non vedevo l’ora di incontrare le donne australiane e instaurare con loro amicizie e scambi culturali e di esperienze di vita ecc..ma in realtà per me personalmente i rapporti umani qui in Australia si sono rivelati una delle più grandi delusioni di questo paese. Ammetto che adesso qualche pregiudizio mi si è insinuato dentro e questo pregiudica il modo di pormi nei confronti di chi incontro ma purtroppo gli stereotipi mi vengono sempre riconfermati e questo mi impedisce di restare aperta e positiva quando incontro un australiano/a. Dovrei lavorare su me stessa forse ma preferisco la fuga verso altre culture più interessanti e con il mio paese d’adozione lascio aperta una porta ma senza grandi aspettative ed entusiasmi.
La tua risposta è interessantissima. Ti ringrazio molto per averci raccontato di te. Sarebbe bello ricevere altri commenti da donne che vivono in Australia e sapere quello che ne pensano per paragonare punti di vista. Abbracci dalla Germania, Barbara