I pregiudizi sul Marocco secondo noi
Dalle cime della Bolivia, mentre cerco di riprendermi dal mal di montagna, ripenso agli ultimi tre anni della mia vita passati a Rabat, capitale del Regno del Marocco.
Non so bene per quale motivo, ma in questi anni ho raramente raccontato la mia esperienza e ancora meno ne ho scritto.
Qualche mese fa ho avuto uno scambio di battute a tal proposito con un’amica che mi è venuta a trovare per appurare che stessi bene! Attraverso questo dialogo botta e risposta a due, cercheremo di raccontarvi il Marocco e i pregiudizi che lo circondano, secondo Ines e Silvia.
Impressioni
Silvia: Andiamo subito al dunque, cos’è la cosa che ti è rimasta più impressa della tua visita in Marocco?
Ines: Sicuramente tutte quelle cose che nelle parti di mondo in cui ho vissuto io non ho mai visto. Ti faccio un elenco in ordine sparso. Anzi inizio con uno dei punti più caldi. Ma come guidano i marocchini? Penso che mi sia uscito un capello bianco ad ogni rotonda che mi son fatta, specialmente in taxi. Poi parliamo dei bagni, dai. Vai al ristorante e fuori dal bagno c’è la signora che pretende la mancia perché sta tenendo pulito, ma… la carta igienica? L’abbiamo trovata in pochissimi posti e da lì è nata la mia teoria sui venditori di fazzoletti di carta per la strada. Sicuramente tra i business più redditizi in Marocco, in quanto la carta nei bagni è un bene di lusso e consiglio a tutti di munirsi di fazzoletti prima di entrare in un qualsiasi locale e usare il bagno. Poi il mercato alla Medina è ricco di spunti. Il fruttivendolo che pesa i prodotti Con la bilancia del 15-18, ogni vicolo dedicato a un tema: la strada delle scarpe, la strada del cibo, la strada dei gioielli, a modo loro sono anche organizzati bene. L’igiene, diciamocelo, lascia abbastanza a desiderare. Ti ricordi quando ero a Casablanca e ti ho scritto che stavo cercando un posto per mangiare senza prendere la salmonella? Madre mía! Ripenso alle cariole con sopra il pesce, sotto al sole tutto il giorno, che freschezza! Poi il pescivendolo che te lo pulisce e lascia tutti gli scarti per terra e i gatti che se li mangiano. Poi i polli nelle gabbie tra un negozio e l’altro? Io che pensavo vendessero uova, invece erano i macellai che ti squartano la gallina davanti ai tuoi occhi e te la porti a casa. Ricordo perfettamente quell’odore di sangue misto a cacca di gallina che si respirava per quelle strade. Vegani non andate in Marocco.
Silvia: Vedi i punti di vista… quando sono arrivata io a Rabat dal Nepal, la città mi sembrava molto pulita. D’altra parte, concordo sul fatto che i mercati siano parecchio folkloristici, ma anche per questo mi piace andare lì per fare la spesa. E preferisco nettamente rifornirmi dai contadini che il sabato arrivano in città con i loro prodotti, girare fra le mille bancarelle colorate, stupirmi e imparare a conoscere ciò che non ho mai visto, chiudere gli occhi e il naso davanti alle galline squartate, assaggiare le olive in salamoia, sbirciare dentro agli usci socchiusi, piuttosto che andare meccanicamente al Carrefour. Riguardo alla circolazione e ai bagni sottoscrivo! Ho rischiato mille mila incidenti, ma fortunatamente non ne ho mai avuto uno e ho sempre in borsa un rotolino di carta igienica e una bottiglietta d’acqua!
Pregiudizi
Silvia: Qual è il pregiudizio che più si è smontato andando sul posto?
Ines: Questa domanda è difficile. Vivendo da anni con una marocchina ed essendo circondata dai suoi amici e familiari, mi sembra di conoscere il Marocco e di non avere pregiudizi sul paese. Probabilmente li ho e non me ne rendo conto. Ho chiesto a delle amiche italiane di farmi un elenco di pregiudizi sul Marocco per poter rispondere a questa domanda:
I marocchini puzzano! I marocchini sono sporchi! Ci sono marocchini e marocchini. Quelli che vivono per strada, nella povertà, difficilmente profumeranno di violette e lavanda. Come in qualsiasi parte del mondo. Ma non tutti i marocchini vivono per strada e chi ha una casa, e il denaro per fare la spesa non puzza. Anche in Marocco ci sono detersivi, deodoranti e profumi, non è una particolarità dell’Italia.
I marocchini sono musulmani, quindi chiusi, intolleranti, retrogradi. Di nuovo, ci sono marocchini e marocchini. Ci sono persone legate profondamente alla tradizione e ci sono persone moderne e occidentalizzate nonostante osservino la religione. Sono rimasta sconvolta dal Re, che appare su Internet vestito come un gangster hip hop, super alla moda. Se lui rappresenta il paese e lo rappresenta così, direi che anche questo pregiudizio è stato smontato.
Questo pregiudizio lo condividevo anche io: il Marocco è un paese pericoloso, specialmente se sei una donna. A parte un paio di episodi spiacevoli (inseguimenti da parte di uomini, di giorno e di notte, mentre camminavo da sola) non mi è successo niente di quello che ci si può erroneamente immaginare: non mi hanno derubato, non mi hanno truffato, non mi hanno espiantato gli organi, non mi hanno stuprata, non mi hanno rapita. Pensavo anche il livello di sexual harassment sarebbe stato più alto in strada, ragazzi che ti fischiano, che ti parlano, che fanno apprezzamenti non richiesti, che ti salutano. Invece niente, per la maggior parte del tempo nessuno mi ha infastidita. Paradossalmente succede più spesso per le strade di Genova, quando ti imbatti nei marocchini, ma non coi marocchini in Marocco. La mia teoria comunque rimane che siccome parlavano in arabo o francese, anche se mi hanno detto qualcosa non l’ho capito!
Silvia: Quale si è invece confermato?
Ines: E’ un pregiudizio pensare che il Marocco sia un paese povero, del terzo mondo? E’ stata la mia prima volta in un paese veramente povero (dopo la Bulgaria, che comunque non è così indietro). All’inizio, mentre giravamo per il centro di Rabat, non mi è sembrato così povero. Io volevo vedere la vera faccia del Marocco, la faccia terzomondista. E con il passare dei giorni sono stata accontentata. Le zone più “cattive” della Medina sono povere, eccome se sono povere! Decide di anziani sono seduti per terra a mendicare, il mercatino dell’usato mi ha lasciata senza parole, in quanto vendevano oggetti sporchi e rotti, che probabilmente non avrei accettato neppure in regalo, eppure qualcuno che se li compra c’è, qualcuno più povero di chi li vende forse. A Casablanca, quando quegli uomini mi stavano inseguendo offrendomi dei soldi (?!), mi sono infilata senza volerlo nel quartiere delle bidonville e anche quella è stata una bella sferzata di adrenalina, volevo il Marocco povero e autentico? Trovato! La cosa più sconvolgente è vedere i contrasti ricchezza-povertà e arretratezza-modernità a pochi passi di distanza. Ma proprio questa complessità rende belli e intriganti i paesi!
Silvia: Brava! Sono fiera di te. Anche se non hai viaggiato molto in paesi in via di sviluppo, hai capito che da nessuna parte è tutto bianco o tutto nero.
Parole
Silvia: Quante parole in darija hai imparato? Quali ti ricordi e perché?
Ines: Sicuramente nush nush, imparato per sopravvivere alle colazioni nei bar lontano da te. Dovevo saper ordinare il mio caffe’, o sì o sì! Poi, Inshalla, per gli amici shalla, se dio vuole o qualcosa del genere? Ma probabilmente in quei giorni ho imparato più francese che arabo. Ribadisco il concetto che in certi paesi è quasi inutile sapere l’inglese, perchè quasi nessuno lo parla. Io dopo qualche giorno mi sono rassegnata e sono andata avanti a gesti, con quelli non ci si sbaglia mai!
Silvia: E cosa ti ha divertito di più?
Ines: Sicuramente la serata Techno marocchina! Io non mi sarei mai aspettata di ritrovarmi quel tipo di ambiente in Marocco, comprese le donne col velo che ballavano la deep house. Essendo io una fiestera doc, non poteva mancare la risposta sulla discoteca. Invece il tuo locale preferito non mi è piaciuto, perché era pieno di papponi e migno**e! Comunque è stato divertente anche quando a Meknes ci siamo persi nel labirinto di stradine. Ti ricordi quel bambino che ci urlava “no no no no”? Sembrava uno scherzo, invece veramente non si poteva andare da quella parte. Ho anche il video da qualche parte nel pc! E non posso non menzionare le serate in casa stile Erasmus con i tuoi amici e colleghi di lavoro, ma mi fermo qua perchè ricordi il motto? “Lo que pasa en Rabat se queda en Rabat”.
Silvia: Su questo non ho niente da dire a parte che la mia vecchiaia dentro avanza e devo dire per fortuna che sei venuta a scuotermi un po’ dal mio torpore!
Cambiamenti
Silvia: Credi che il Marocco mi abbia cambiata? Se sì, in bene o in male?
Ines: Non so se il Marocco ti abbia cambiato, più che altro è cambiata la tua vita. Questo lavoro ti assorbe tanto, troppo, e ti ricordo che un sacco di volte hai detto di voler gestire il tuo tempo in modo diverso, ma non ho capito se sei riuscita a farlo (penso di no, ndr). Vivere in Marocco ti dà l’opportunità di spostarti più facilmente quando vuoi o devi andare in Italia, e da a tutti noi l’opportunità di venire a trovarti. Almeno una volta al mese, se non due, avete prenotazioni a casa vostra, anche da chi non te lo saresti mai aspettato! Vivere in un paese musulmano è sicuramente una bella sfida, ma Rabat è una città abbastanza internazionale, se fossi in qualche paesino sperduto in mezzo ai beduini magari mi preoccuperei di più.
Silvia: Ora che sono lontana, credo sia più facile dire la mia. In Marocco ho decisamente vissuto un periodo di transizione e di crisi. Credo che lo stress e il fatto di vivere in un paese che ho sentito molto giudicante abbiano influito su un periodo di cambiamento che ci sarebbe comunque stato. Mi sono mancati i miei amici e la mia famiglia quando stavo male e non sapevo più esattamente chi fossi stata. Però dai momenti peggiori si dice che si imparino le lezioni più grandi, no? Credo di essere maturata e di aver preso delle decisioni importanti per il futuro: iscrivermi all’università, fare questo viaggio in America Latina.
Pensieri
Silvia: ci torneresti?
Ines: Certo, perché non mi hai portato nel deserto, non mi hai portato in un Rihad, non siamo andati a Chaouen, a Marrakech. Però adesso tocca a te venire a trovarmi e fare un viaggione della speranza come la mia andata Ibiza – Rabat, con autobus da Fez durato infinite ore. Venga, que todavía queda mucho verano.
Silvia: il verano è andato avanti, finito, è passato un inverno e siamo già in primavera. O meglio, sei già in primavera, perchè da questo lato del mondo è iniziato l’autunno. Ma l’invito è valido anche per il verano 2019, no?
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2 Commenti
Bello questo articolo a due 🙂
Grazie Alessandra!