Minimalismo.
Se anche voi siete degli expat seriali come me, sapete di cosa sto parlando.
Spostarsi da una città all’altra porta con sé molte insidie. Prima tra tutte, quella del peso della valigia. Ma non solo.
Perché il problema della valigia può facilmente tramutarsi nell’incubo di una macchina in sovrappeso. Il che è anche peggio.
Ed è per questo che ho appreso a spostarmi solo con lo stretto necessario. Il mio bagaglio tendenzialmente prevede tre sezioni, se così possiamo definirle. Abiti/scarpe, documenti, cosmetici vari ed eventuali.
Pochi oggetti, ma sensati.
Qualche cappotto, ma che non passi mai di moda. Scarpe rigorosamente selezionate per durare il più possibile, e per affrontare i climi caldi così come quelli freddi. Esistono scarpe del genere, sì. Alcune sono davvero inguardabili. Altre si posizionano su quel limite talvolta indecifrabile tra vecchiume e avanguardismo estremo. Il segreto è sempre lo stesso: indossare con disinvoltura lo stivaletto di gomma impermeabile di ispirazione vintage, nella speranza che occhi indiscreti non notino il tacco che sembra quasi un innesto piazzato lì da un calzolaio improvvisato. Quel tacco lo si nota solo se lo si osserva da un angolo di esattamente 45 gradi.
E poi, cerco di limitare lo shopping: acquisto solo se è strettamente necessario.
Anche perché i miei gusti sono a dir poco particolari, ed è raro che trovi qualcosa che risponda ai miei criteri. Ma se mi capita di trovare la perla rara, di solito è qualcos’altro a dover essere sacrificato.
Il sistema è piuttosto semplice, e a volte cerco di anticiparlo con delle vere e proprie sessioni in cui esamino quello che possiedo, per individuare gli elementi obsoleti. E questo vale anche per i prodotti da bagno. Prima di acquistare qualcosa, aspetto che il flacone del predecessore sia completamente vuoto.
Il fatto è questo: non aggiungo, sostituisco.
E quando sostituire non è possibile, faccio uno sforzo affinché l’oggetto in questione diventi volatile, leggero. Digitalizzare i documenti è imperativo. Anche se è un’attività che non sopporto.
Posseggo pochi oggetti: provo un sottile fastidio nel ricevere regali.
A volte penso che la mia esigenza di purezza e semplicità rasenti il maniacale. Sulla mia scrivania, al momento, presenziano: un bicchiere, un blocco per gli appunti con annessa penna, una candela, una lampada da lettura, il mio orologio, delle cuffie, un mantra tibetano. Sembra quasi che la mia vista non riesca più a tollerare la presenza di oggetti in sovrabbondanza. Sono convinta che si tratti ormai di un meccanismo psicologico che ho dovuto, per forza di cose, fare mio. Nel momento in cui un nuovo artefatto/abito/oggetto varca la soglia del mio appartamento, questo stesso artefatto/abito/oggetto potrebbe rappresentare un peso in più, nel caso di un imminente trasloco. Resta però il fatto che il minimalismo, alla fine dei conti, rispecchi il mio sentire. Non credo che potrei mai tramutarmi in una accumulatrice seriale. Ho bisogno di respirare. E a volte la mia impressione è che gli oggetti mi impediscano di farlo al meglio.
Il fatto è che, però, c’è una parte del mio bagaglio che non riesco ancora a sfoltire.
Piccoli ricordi di persone che ho incontrato sul mio cammino. L’adesivo della band musicale di un mio amico, il ventaglio andaluso regalatomi da una mia collega, una spilla creata da una mia amica, un libro regalatomi da un’altra collega.
Non riesco a separarmi da questi piccoli oggetti, e credo che con il passare degli anni cresceranno in maniera esponenziale. L’equazione, anche in questo caso, è piuttosto semplice. Cambio città, sopraggiungono nuovi colleghi e amici, e automaticamente sopraggiungeranno nuovi piccoli oggetti, ricordi. Artefatti che subiscono un investimento emozionale.
Esiste, un minimalismo delle emozioni?
4 Commenti
Ciao Amy,
dopo l’ennesimo trasloco sono giunta anche io alle tue stesse conclusioni: pochi oggetti materiali, per non dire nulla a parte i vestiti e un bagaglio (pesante) di emozioni, ricordi, sensazioni.
Con il tempo si impara a selezionare, a lasciar andare e si riesce a fare un passo indietro, cosa non sempre facile di questi tempi, attribuendo un valore inferiore agli oggetti e riscoprendo i veri valori immateriali.
Un bacio,
Silvia
Silvia, un abbraccio!
E aspetto tue nuove.
Bisous,
A
Esiste eccome un minimalismo delle emozioni! Meglio conoscere 10 persone anziché 100 se di quelle 100, 90 non ti apportano nulla di bello. Eliminare, eclissare, ridurre: sono diventate le mie parole chiave. Se però sei affezionata a quegli oggetti riconducibili a delle persone, significa che esse fanno parte del tuo minimalismo ❤️
Un bacio!
Chiara – Parigi
Hai ragione Chiara!
Potrei usare questi oggetti come criteri di inclusione/esclusione!
🙂
Un forte abbraccio lionese,
A