Elisa Clemente
Ebbene sì, mi trovo in Belgio ed é proprio l’ultimo posto che avrei valutato per un trasferimento all’estero. Eppure, eccomi qui. Il mio sogno, fin da piccola, é stato sempre quello di viaggiare e parlare tante lingue. Infatti, avrei voluto diventare interprete e traduttrice per trovare un lavoro che mi permettesse di girare il mondo; le situazioni della vita però, si sa, ti portano a fare scelte diverse. Ecco perché, dopo aver frequentato un istituto professionale ad indirizzo turistico, ho iniziato a lavorare in call center dove ho fatto la muffa per 15 anni. A distanza di tempo mi tempo mi sono pentita di essermi adagiata in quella situazione e non avere, invece, intrapreso un percorso formativo che mi avrebbe permesso di realizzare il mio sogno. L’incontro con mio marito in Tunisia ha però dato una svolta alla mia vita. Nel giro di 4 anni dal giorno in cui ci siamo conosciuti, ci siamo sposati e poi abbiamo vissuto un anno in Italia e per 3 mesi a Lione mentre, attualmente e da 3 anni, viviamo nelle Fiandre dove sono nati i nostri 2 bimbi Ilyes e Noah. Qui ho trovato un lavoro che non mi piace ma mi permette di avere una mia indipendenza e che mi offre la possibilità di seguire i miei figli. Ho studiato una nuova lingua, il fiammingo questo sconosciuto, perché é indispensabile anche solo per sbrigare la piccola burocrazia giornaliera. Adoro la fotografia e ho seguito un corso per principianti in Italia e, quando posso, ovvero ogni volta che viaggio o vedo qualcosa che cattura la mia attenzione, non perdo occasione per fare uno scatto. Un piccolo sogno nel cassetto è invece quello di studiare la Lis, la lingua dei segni, e mi sto informando per valutare la possibilità di seguire un corso. La mia vita personale é stata segnata da 2 eventi dolorosi. Il primo è stato la perdita inaspettata di mia madre che era la figura più importante della mia vita: ha lasciato un enorme vuoto. Il secondo è stato scoprire che il mio primo figlio ha una malattia genetica, la neurofibromatosi. Quando tua madre muore anche tu muori, un po’. Quando poi scopri che tuo figlio è affetto da una malattia genetica invalidante, ecco, quella è una sensazione indescrivibile. Nonostante ciò, avverto di essere una persona fortunata per i sorrisi che ricevo ogni giorno e perché, ogni giorno, sto imparando qualcosa di nuovo. Perché voglio che i miei figli scoprano il mondo insieme a me e perché amo, incondizionatamente.