Ciabbattando per la stanze, quando si ha un poco di relax e non si corre da un task all’altro, i pensieri si raggruppano come in scatole, separatori che indicano ciò che è importante da quello che non lo è.
Sicuramente il concetto di “importanza” cambia da persona a persona e non pretendo qui di dare una guida pura e assoluta, ma forse certi sentimenti sono strettamente, solamente umani e, nonostante tutto, sono condivisi. Insomma, svegliandomi a fatica (questa mattina che ancora non ho preso il caffè) pondero e penso.
Il 2016 è stato indicato come un anno bruttissimo perché molti divi, non solo star musicali, ci hanno lasciato. Anch’io mi sono dispiaciuta per la morte di George Michael. Non solo perché mi piaceva la sua musica e lui era un grand’uomo, ma perché le sue melodie hanno accompagnato la mia prima adolescenza, un tempo in cui sono stata molto felice. Quindi la sua morte ha portato via anche una parte di me anche se i suoi ritmi e le sue parole continuano a scaldarmi il cuore. Poi Carrie Fisher… non so voi ma a me la fantascienza piace molto. Carrie Fisher è stata però anche molto importante per il mio lavoro di psicoterapeuta: usavo le sue citazioni sulla salute mentale per rincuorare i miei paziente e mostrar loro che nulla ci può allontanare dal nostro futuro, da ciò che vogliamo e possiamo essere.
Sono stata dispiaciuta da queste morti ma ciò che mi ha fatto ancor più male e il modo in cui il 2016 è stato descritto sui social media. Badate bene, sono una donna emigrata all’estero, e la maggior parte dei miei amici sono nel Regno Unito o in Irlanda quindi, forse, compaiono immagini, motti e post sui social media più comuni in paesi che parlano inglese come prima lingua. Ecco, il 2016 veniva indicato come un anno catastrofico per la morte di molte celebrità, forse non solo per questo ma spesso questo ne veniva indicato come il motivo principe. Bene… allora mi chiedo: “siamo tutti fuori di testa?”
Io, soprattutto come donna emigrata all’estero, mi ribello a questa visione del mondo un poco chiusa. Il 2016 è stato un anno terrificante per la morte di innocenti, soprattutto bambini: un anno terrificante ma non da dimenticare.
Un anno da ricordare, perché bisogna essere e divenire meglio. La solita tiritera dice che non si può cambiare il mondo a parole, non abbiamo la bacchetta magica per sistemare situazioni assurde, catastrofiche e innominabile. È vero, io non dispongo di nessuna bacchetta magica e a dire il vero non la voglio nemmeno, perché non sono una fata, ma una donna e, come donna, ho più potenziale e più forza di cento fate messe insieme.
Incominciamo col dire che non sono qui per sostenere alcuna azione di eroismo fuori dal comune, lungi da me. Sono una persona normale con un lavoro, una famiglia e mi arrabatto fra mille cose. Ciò che dico, che per cambiare il mondo forse un poco di indignazione personale iniziale basterebbe e, forse, dovrebbe provenire proprio da noi donne che siamo emigrate, che abbiamo visto nuove realtà e abbiamo subito, in alcuni casi, anche situazioni poco piacevoli che in madre patria, probabilmente, non si sarebbero verificate.
Forse il primo passo per cambiare il mondo è proprio incominciare da se stesse, iniziando a non lasciarsi più scorrere il sacrificio di innocenti come pelle sull’acqua. Indigniamoci, dicendo che non è un mondo decente questo dove i bambini vengono sacrificati continuamente al dio denaro. L’indignazione è sana ed è dovuta, prima di tutto a noi stesse perché donne e esseri umani. Siamo indignate perché ciò che è giusto e perché il sacrosanto è stato strangolato in un mare di sangue. Siamo donne e siamo indignate. Vogliamo altro. Vogliamo un altro mondo. Vogliamo un mondo dignitoso. E lo so che parlo per molte di noi.
Poi ci sono altri modi anche più pratici per rispondere ad emergenze tipo donazioni e volontariato. Non sto qui ad elencarli, li conoscete benissimo.
Quello che affermo, però, è semplice ma non banale: non dimentichiamoci dell’indignazione, non lasciamo che il sangue diventi acqua tiepida sulla nostra pelle. Il 2016 non è stato un anno orribile per la morte di star che anche da me non saranno dimenticate: è stato un anno orribile perché il sangue degli innocenti ha lavato i nostri volti e noi non ce ne siamo nemmeno accorte.
Chi sono
5 Commenti
riflessione amara, ma necessaria.
Grazie!
Io non sono indignata..sono arrabbiata nera anche per la mancanza di indignazione che gira in confronto al razzismo che avanza
Purtroppo sembra che la storia insegni poco. Che tristezza!
Cara Barbara, hai proprio ragione! Indignarsi è un diritto e un dovere. E’ il contrario dell’inutile lamento, è gridare contro le ingiustizie, prendere posizione, scegliere da che parte stare. E’ non accettare tutto ciò che viene dall’alto, è non subire. Anche quando ci sembra più facile e ci illudiamo di star meglio. Perché così non è. Perché ogni ingiustizia, ogni affronto alla dignità nei confronti di ogni essere umano riguarda anche noi, anche la nostra piccola vita. Grazie.