Intercultura: un nome, una garanzia
Non riesco a capacitarmi di come siano passati tutti questi anni dal primo e fantastico scambio all’estero che i miei genitori ci hanno concesso, a me e mio fratello gemello, in Australia, precisamente a Perth.
Abbiamo trascorso, nel 2004, 2 mesi presso due famiglie ospitanti.
A soli 14 anni eravamo “da soli” e dall’altra parte del mondo.
Abbiamo frequentato una scuola, “All Saints College”, dove eravamo gli unici studenti italiani ed i primi di Marsala a partire con Intercultura.
Pensate, a distanza, di 8 anni ho avuto l’opportunità di trascorrere sei mesi universitari nella stessa città e di riabbracciare la mia famiglia australiana!
E, dopo 11 anni, ho anche rivisto mia sorella australiana che, per puro caso, viveva a Dubai quando io mi ero appena trasferita qui. Quanto è piccolo il mondo!
Ritornando alla prima esperienza: ci prendemmo subito gusto e allora, l’anno successivo, ripartimmo.
Io per il Giappone, a Tokyo, e mio fratello per il Canada, a Calgary. Due mesi basati sullo stesso concept ma in paesi diversi.
Abbiamo festeggiato i nostri 16 anni lì, con persone quasi “estranee” ma che noi già consideravamo, in qualche misura, anche familiari.
Nel 2006, di nuovo, abbiamo trascorso 3 mesi in Francia, io a Parigi e Piergiorgio a Marsiglia. Durante questi mesi, i nostri genitori sono venuti a trovarci insieme ad Ana, figlia venezuelana che abbiamo ospitato per un anno.
Una sera ci siamo ritrovati in tre famiglie insieme a Parigi: la mia ospitante, quella ospitante di mio fratello e la nostra “naturale”. Che meraviglia!
Alcuni ci hanno preso per “pazzi”, altri per temerari. Io non mi rendevo conto, in quel momento, di quali benefici mi avrebbero dato quelle esperienze e quanto grandi fossero quelle opportunità per la mia formazione.
Per me era naturale e bello. Era affascinante poter viaggiare e conoscere il nuovo, il diverso, l’impensabile mondo che piano piano scoprivo.
Mi rendevo già conto, però, di quanto tutto ciò fosse diverso da quello che io conoscevo.
Per questo vorrei spendere alcune righe sul ruolo che Intercultura ha giocato nella mia vita. Dire che ha ricoperto un ruolo cruciale è riduttivo.
Senza tali esperienze, aggiunte a quelle che abbiamo poi fatto al di fuori da AFS, non saremmo di certo oggi dove siamo.
Nè io nè mio fratello Piergiorgio avremmo avuto le possibilità che ci sono state date se non avessimo trascorso dei periodi medio-lunghi fuori dai confini italiani in età adolescenziale e post-adolescenziale.
Quei mesi in altre famiglie, scuole e Paesi diversi ci hanno aperto gli occhi, permesso di avere una lente di ingrandimento diversa su valori che spesso, a quell’età, vengono dati per scontati o sminuiti.
Valori come tolleranza, rispetto per la diversità, curiosità di scoprire il nuovo e il diverso, adattarsi ad ogni circostanza, condividere con estranei spazi comuni e rispettare le loro abitudini, imparare regole ed usanze nonostante in alcuni casi possano sembrare strane, poco logiche e di certo lontane dalle nostre.
Oltre ad imparare nuove lingue, si impara ad essere indipendenti, mettersi in gioco, apprezzare il valore dei soldi, fare nuove amicizie, mettersi nei panni altrui.
Il ruolo e l’impatto che Intercultura, così come altre associazioni simili, ha sulle nuove generazioni sono talmente impagabili che la mia famiglia fa di tutto per spread the voice.
I miei genitori infatti, che per primi a Marsala hanno mandato entrambi i figli molto lontano, sono volontari del centro locale.
Si occupano giornalmente, a titolo del tutto gratuito, di condividere i valori di Intercultura ed incoraggiare le persone a conoscerla.
Il numero di persone che adesso parte, e vorrebbe partire, è salito in modo esponenziale. Da 2 (mio fratello ed io) nel 2004, ora ci sono tantissimi genitori che vorrebbero far fare la stessa esperienza ai loro figli.
Da zero famiglie di accoglienza a tante – e tutte contente – di poter avere un/a nuovo/a figlio/a nella loro casa in Italia.
Noi, ad esempio, nel 2006 abbiamo ospitato una Ana, e da allora è come una figlia/sorella. E ancora: i miei cugini. Come Elena, che ha trascorso due mesi in Australia. O Gabriele: tre in Germania e Pietro otto settimane in Australia, un mese in America ed un anno in Finlandia.
La famiglia di Pietro ha anche ospitato un ragazzo brasiliano, Vinicius, per un anno intero e, così, anche le mie nonne hanno avuto più nipoti da coccolare, viziare (e sfamare) e tutti noi ci siamo arricchiti immensamente dell’affetto condiviso e della loro presenza.
Se potete, fate viaggiare i vostri figli. Più giovani sono e meglio sarà!
Vi mancheranno, sì. Avrete le classiche paure – premurose – che potranno farvi vacillare solo all’idea. Ma ne varrà la pena, davvero.
Ritorneranno diversi, più maturi, poco attenti alle marche dei vestiti da comprare e più interessati a confrontarsi con nuove persone, affrontare nuove sfide ed aprire nuove porte!
Sarete fieri di loro e di voi stessi, perché avrete fatto un investimento a lungo termine che non ha prezzo né eguali. Ve ne accorgerete giorno dopo giorno, gradino dopo gradino. Darete loro le chiavi del futuro ancora tutto da costruire.
Non abbiate paura, scoprirete degli aspetti caratteriali dei vostri figli che non conoscevate. Impareranno a conoscersi meglio, ad andare oltre le piccole cose, ad amare la diversità.
Non finiranno mai di sorprendervi, diventeranno più curiosi e tolleranti ma anche critici ed esigenti. Saranno uno step aheadrispetto ai loro coetanei e scoprirete dentro di voi una forza che non pensavate possibile: questo non ha prezzo né confini!
Vi abbraccio,
Glenda
Chi sono
2 Commenti
Ciao Glenda, anche noi siamo fanihlia intercultura. Mio fratello ha fatto anno in usa nel 2000, io nel 2003, mia cugina è appena tornata da un anno in Irlanda e mia madre l’anno scorso ha ospitato per un anno un ragazzo dalla Cina. Senza contare i decenni di volontariato e l’anno che ho lavorato come staff nell’ufficio di Sydney!
Che belle cose!!!