L’Italia, in cui avevo visto i miei sogni bruciare e la mia vita srotolarsi e pronta ad essere buttata via, sprecata e senza speranza.
Un’Italia razzista, essenzialmente maschilista e dove, a vent’anni, sei troppo giovane e a trenta troppo vecchio.
A poco più di vent’anni già avevo sperimentato sulla mia pelle il peso della tassazione, la delusione del volere fare di più per avere di meno e la discriminazione sul posto di lavoro solo per essere donna.
Quell’Italia della crisi, delle persone che si lamentavano continuamente e non cercavano neanche soluzioni per cambiare il loro status, e di quelli che ci provavano ma invano.
L’Italia dei programmi televisivi demenziali e degli stessi discorsi ripetuti come un disco rotto.
L’Italia che non era un paese per giovani: laureati senza troppe opportunità, sfruttati e sottopagati, ragazzi sui libri di scuola fino a quasi trent’anni e in casa con i genitori a tempo indefinito.
Andai nella capitale del Regno Unito, con il mio bagaglio di sogni che non avrebbero potuto realizzarsi in Italia; nonostante le delusioni, ero pronta a mettermi in gioco, nel mio piccolo credevo di poter fare qualcosa di grande.
E così fu, ho davvero fatto qualcosa di grande: ho ricevuto la più importante lezione di vita della mia esistenza, aprendo gli occhi sul mondo, perché è a Londra che si vede la vera faccia del globo.
Vedevo la meritocrazia, le pari opportunità, indipendentemente dal sesso, dall’età o dal paese di provenienza; respiravo l’integrazione. (Premetto che la mia esperienza risale a prima del Brexit)
Giovani, miei coetanei, con una laurea, o anche due, erano quasi tutti fuori di casa, alcuni avevano già un mutuo e fatto qualche investimento, con una carriera avviata e, talvolta, più giovani di me ma con una posizione lavorativa più alta.
Notando questo grosso divario, oltre che delusa, ho iniziato a vergognarmi di essere italiana; evitavo i miei compatrioti e cercavo persino di dimenticare la mia lingua madre.
A distanza di un anno, mi sono trasferita a Mallorca con una consapevolezza e una mentalità diversa, con più fiducia nei confronti della vita. Ero cambiata, l’Inghilterra mi aveva insegnato che tutto il contrario di quello che mi aveva detto l’Italia.
Anche a Mallorca vedi il Mondo, ma quella parte vacanziera o di gente abbastanza ricca da permettersi una proprietà nella perla delle Baleari.
Ho iniziato a lavorare nel turismo; al mio “cliente-tipo” piace parlare di viaggi ed esperienze, capita spesso che esca fuori la domanda “da dove vieni?” e per forza di cose devo ammettere di essere italiana.
Il loro volto s’illumina: “Oh ItalyBELLISSIMO”, accompagnato dal classico gesto del “cosa vuoi?” con la mano che loro interpretano con“MAAAACOSAFFAIII”, mi dicono senza neanche sapere cosa stanno dicendo e ridono. Anch’io sorrido, sono buffi.
E poi, i classici luoghi comuni: “Non ti mancano la pasta e la pizza?”, “Ah, italiana, mafiosa!” o “me gusta Eros Ramazzotti”.
A me sinceramente non è mai mancata l’Italia in questi anni all’estero.
Quando mi dicono “ITALYBELLISSIMO” l’unica risposta che vorrei rispondere sarebbe un bel MAH.
Non sento nostalgia del cibo italiano in quanto, seguendo un regime alimentare abbastanza ferreo, non mangio quasi mai né pasta né pizza.
E, per quanto riguarda Eros Ramazzotti, posso non preoccuparmi perché la radio suona una delle sue canzoni ogni dieci, però in versione spagnola; per me ormai “più bella cosa non c’è” è diventato “cosa mas linda que tu”.
Onde evitare di vedere il volto del mio interlocutore deluso, però, gli sorrido e dico che mi manca molto l’Italia e li rassicuro che non sono mafiosa.
Fin da bambina sono sempre stata incuriosita dall’estero ma, mentre tutti i miei amici avevano la fortuna di girare il mondo ogni estate, la mia famiglia mi portava sempre negli stessi posti del Sud Italia, tanto da farmi diventare intollerante. Sono quel tipo di persona cui non piace essere ripetitiva: anche quando la sera torno a casa da lavoro, cambio ogni volta strada per evitare di essere abitudinaria, figuriamoci passare venti estati uguali.
Appena ho iniziato a lavorare e a mettere due soldini da parte ho viaggiato fuori dall’Italia e mi sono innamorata della Spagna, alla quale ho regalato quasi tutte le mie vacanze (sempre in località diverse) prima del trasferimento ufficiale.
Tutto questo “trauma infantile” credo abbia un po’ inciso sul mio mancato affetto verso l’Italia.
Non mi manca e non voglio tornarci, in quasi tre anni sono tornata solo quattro volte, ma per il semplice motivo che ci vivono mia madre e i miei fratelli, ai quali auguro e consiglio di seguire le mie orme quando saranno più grandi.
Vorrei per loro un posto che li valorizzi come persone e in cui possono realizzare tutto quello che la loro immaginazione suggerisce di fare.
Stesso consiglio che poi do a tutti quei conoscenti che ogni tanto si mettono in contatto con me, chiedendomi “come va all’estero?”: io rispondo che all’estero ho iniziato a vivere.
Poi, questa primavera è successa una cosa che mi ha fatto fare un po’ pace con l’Italia e, soprattutto, con la lingua italiana, che volevo tanto dimenticare: ho avuto il piacere di frequentare un corso di scrittura creativa.
Mi sono accorta di come, effettivamente, non riuscissi più a esprimermi bene in italiano e di quanto, allo stesso tempo, amassi scrivere.
La scrittura, una passione che ho iniziato a coltivare all’estero, mi ha aiutata a fare ordine con i miei pensieri, a buttare su un foglio bianco quelle emozioni forti che vivo ogni giorno, quella parte di me che aspettava solo di essere tirata fuori.
E in che lingua escono fuori? In italiano.
Essere italiana è una parte di me, l’italiano mi lega a una cosa che sto amando tanto e che mi aiuta a star bene.
Ne ho preso coscienza e ho iniziato a perdonare un po’ anche la madre della lingua italiana. Ho iniziato a guardare l’Italia sotto un’altra prospettiva, apprezzarla per la sua storia, l’arte, la cultura che da sempre l’hanno coronata come il bel Paese, diventato con il passare dei secoli un po’ come Neverland di Peter Pan.
Mi sono promessa che presto o tardi voglio girare l’Italia e viverla con gli occhi di una turista.
Non mi ci vedo più a vivere là, non mi ci riesco a immaginare, ormai credo che la mia mentalità non si sposerebbe più con quella italiana, troppo divergente.
Continuo a non avere speranza e fiducia nel sistema, che ormai è completamente corrotto.
Sono italiana quando scrivo, con il mio caffè alla mattina, perché ogni tanto gesticolo e, talvolta, con quel leggero accento.
Sono italiana… sì, ma non troppo!
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Chi sono
7 Commenti
Mi rivedo tantissimo nelle tue parole, sono “fuggita” dall’Italia subito dopo essermi laureata a Londra mi ha aperto un nuovo mondo.
Purtroppo l’Italia oggi e quello che e per colpa degli italiani pigri, che come dici tu, si lamentano di tutto ma non fanno mai niente per cambiare la loro situazione, che danno per scontato cio che hanno e non apprezzano la bellezza e grandezza del paese in cui vivono e della cultura di cui fanno parte.
Anche io non mi vedo piu a vivere in Italia ma spero vivamente che un giorno riusciremo a renderla di nuovo fiera.
Cara Alessia,
hai pienamente ragione.
Me lo auguro pure io, anche se, ad oggi, la vedo dura. Molto probabilmente la renderemo fiera con le cose straordinarie che faremo all’estero. 😉
Un caro saluto
Fabiola – Mallorca
È inquietante come tu sia riuscita a mettere per iscritto i miei stessi pensieri. Questo post avrei davvero potuto scriverlo io!
E indovina un po’? Anch’io ho fatto un corso di scrittura creativa, che mi ha fatto scoprire quanto io ami la lingua italiana, anche se italiana non mi ci sento neanche un po’.
Ariane – Berlino
Cara Ariane,
Che coincidenze! Mi fa piacere che ti rivedi nelle mie parole e di non essere l’unica a pensarla così.
Sì, la lingua italiana è un idioma raffinato e ricercato, lo avevo sottovalutato molto, prima del corso. Immagino che divario devi aver notato tu, a continuo contatto con il tedesco 😉
Un abbraccio
Fabiola – Mallorca
Ciao Fabi sono Davide! Non ho più il tuo numero a causa di autodistruzione del telefono…
Tu lo sai che la porta per te nell’ufficio di via Pistrucci è sempre aperta?
Un abbraccio.
Ciao Davide,
Che forte che mi abbia ritracciata tramite gli articoli che scrivo!
Ti ringrazio molto ma credo che, dal testo, si possa evincere che non è nelle mie intenzioni tornare in Italia.
Spero che a te vada tutto alla grande 🙂
Un abbraccio
Fabiola
Di solito sono le donne che si ritrovano a rinunciare alla carriera per i figli. Sono le donne che accudiscono i famigliari anziani e/o invalidi. Sono le donne che a parità di mansioni guadagnano meno dei colleghi uomini. Perciò in Italia bisogna darsi tanto da fare per ottenere la parità di genere.