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LINGUE – Italiano che passione!

di Sheila pistolesi
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Ciao Mamma,

voglio insegnare l’italiano agli stranieri. Vorrei che la mia passione per le minuzie della lingua italiana si trasformasse da inutile trastullo intellettuale a lavoro socialmente utile.

Non sono nata insegnante e prima di insegnare ho fatto altri lavori, ma sempre nell’ambito linguistico e in particolar modo collegati allo spagnolo e all’italiano. Sono traduttrice e interprete e alterno le mie giornate tra traduzioni, correzioni e lezioni d’italiano. Subito dopo le prime lezioni d’italiano è iniziata una sorta di appassionante storia d’amore con l’insegnamento. E così con desiderio, sacrificio, motivazione, e interesse, come si fa quando c’è un grande amore, sono diventata docente e continuo a insegnare nelle Accademie di Lingue e in varie aziende con determinazione, nonostante le riforme e le altre difficoltà.
Diventare docente non è stato facile, e la parte più difficile è stata integrarsi professionalmente nella cultura catalana. Inoltre, una volta lasciata l’Italia diventa difficile migliorare il proprio italiano se non si pratica un ambiente dove fa parte del proprio lavoro. Ecco perché nasce un desiderio infrenabile dentro di me: “non posso dimenticarmi la mia lingua madre!”, la devo mantenere “viva” dentro di me, la devo arricchire ogni giorno di più. Non voglio essere una tra le tante che dice” Pensavo che era tardi! “o alla spagnola” Andiamo a prendere la metro…invio un mail…Ho visto a Paola…ecc.” No, proprio no!!! Non posso permettermi di sbagliare, è una questione di orgoglio e ricchezza lessicale e grammaticale.
Dobbiamo però anche ammettere che l’insegnamento non è per tutti, perché si devono superare ostacoli, frustrazioni, umiliazioni, si deve sacrificare il tempo libero, e ammalarsi anche di troppo lavoro. Ma se si ama appassionatamente il proprio lavoro, le giornate a scuola possono essere piacevoli e soddisfacenti. Invece, se si sceglie l’insegnamento per bisogno economico, il lavoro si trasforma in “impiego” senza amore, e non è piacevole né per i docenti né per gli studenti.
Ogni volta che si prepara e si fa una lezione con passione, si potrà conquistare il rispetto degli alunni. La nostra cultura aiuta molto perché genera magia e bellezze a loro sconosciute. La partecipazione e l’impegno degli studenti si possono stimolare con risorse culturali, scegliendo contenuti adatti al livello con temi che approfondiscono le esperienze e le esistenze degli studenti, che aiutano a sollecitare in loro curiosità ed entusiasmo.
Dunque, un docente, deve essere soprattutto un trasmettitore d’amore e passione piuttosto che d’informazioni. Ecco che mi trovo quindi a parlare in classe delle nostre tradizioni, dei nostri proverbi, della nostra cucina, dei nostri paesaggi, dei nostri modi di dire, delle nostre ricchezze architettoniche e culturali. E gli alunni mi ascoltano incuriositi, mi fanno domande, mi chiedono di insegnargli una ricetta o di vedere un film. E ci “immergiamo” tutti insieme nella nostra cultura, nella lingua nel nostro Paese dalla strana forma di uno stivale!
E mi sento bene, mi piace ricordare le mie tradizioni, raccontare la mia storia, e mantenere “vivo” il mio italiano giorno dopo giorno.
L’italiano, se confrontato con le altre lingue, è considerato una delle più facili da imparare, ma come ogni nuova abilità, in un primo momento anche l’italiano può sembrare difficile.
La lingua italiana è una lingua romanza e appartiene alla stessa famiglia dello spagnolo, francese, catalano e portoghese. Le lingue appartenenti alla famiglia romanza hanno similarità nei suoni, nella struttura e nel vocabolario.
È comune ascoltare frasi del tipo “ho andato”, “ho entrato”, “ho arrivato”. Poiché in spagnolo non esistono due verbi ausiliari bensì solo uno (il verbo avere), l’utilizzo dell’ausiliare “essere” risulta forzato e innaturale.
Poi abbiamo plurali che non seguono le regole come ad esempio: Braccio (maschile), ma il plurale diventa braccia (femminile); uovo (maschile), ma ancora una volta il plurale è uova (femminile). In più ci sono i nomi che mantengono la stessa forma sia al singolare che al plurale, come quelli che finiscono in consonante, o con l’accento sull’ultima vocale, e le abbreviazioni. Ci sono regole che non hanno alcuna logica apparente perché certe cose sono dette in un certo modo (espressioni idiomatiche) e bisogna imparare il loro significato
Per apprendere sono necessari tempo e pratica, e niente è impossibile se ci si applica. Fare errori fa parte dell’imparare una lingua e non bisogna preoccuparsi se non si è perfetti subito. “Sbagliando s’impara!”
E cosa pensano i miei alunni del corso d’italiano?
La loro opinione è molto importante e serve anche per poter migliorare la tecnica o gli strumenti di lavoro. Potete leggere i loro commenti su questa pagina.

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