Joburg, mon amour…
Eh, no, non è andata esattamente cosi, devo dire.
Non è stato con pieno entusiasmo che ho abbracciato la notizia del progetto sul quale mio marito stava lavorando da Dubai per l’Iraq, e che non avrebbe visto più la luce, che la società ci avrebbe usato la cortesia di aspettare la fine dell’anno scolastico per poi chiederci in effetti di lasciare tutto quel ben di Dio, per partire alla volta di…niente meno che Johannesburg!
I ragazzi avevano appena investito ogni sforzo accademico, ogni coinvolgimento fisico, emotivo e psicologico in una Dubai-paese dei balocchi, certo, il cui clima richiede pero’ qualche mese di adattamento, il cui stampo religioso e culturale mussulmano domanda un po’ di attenzione nel rispetto di alcune tacite regole, e soprattutto il cui rigido sistema scolastico vigente aveva preteso la “ripetizione” della classe da loro appena brillantemente superata, nella Svizzera Italiana lasciata solo 6 mesi prima. Io avevo appena completato la mia formazione come insegnante di yoga e gasatissima e super motivata, come lo puoi essere dopo aver intrapreso un viaggio dentro te stessa che ti stravolge, e “bonifica” e magari ti aiuta a mettere a fuoco per la prima volta dopo secoli, cosa davvero vuoi fare da grande, non avrei chiesto di meglio che continuare a restare immersa in una realtà che nello yoga-mondo è cosi’ vibrante, vivace, variegata e tuttavia cosi tanto aderente alla tradizione cui questa disciplina attinge, dall’originario universo indiano.
La verità poi è anche che Johannesburg, o per chiamarla come la chiamiamo tutti qui Joburg, o Josie, a parte evocare alquanto superficiali memorie sul seppur grande Mandela, la segregazione razziale, alcuni filmati in bianco e nero di una storia complicata e sanguinosa, oltre al sospetto preciso che fosse uno dei posti meno ambiti al mondo per tasso di delinquenza, criminalità e qualità della vita, non mi sollecitava null’altro di buono, lo ammetto. Vagamente sapevo dell’oro e dei diamanti.
Ma nell’economia della mia vita quotidiana, nella scala dei miei valori umani, all’interno delle mie priorità esistenziali o di ciò che possa rendermi felice o meno, che differenza avrebbe potuto fare? Al massimo, devo dirlo, la novità produceva in quel momento un senso profondo di tristezza e riluttanza e si associava ad un timore piuttosto intenso, localizzato alla bocca dello stomaco, per l’incolumità di me stessa e della mia famiglia. Ecco, non un quadro triste e drastico come quello di quando lasciammo Parigi per Lagos, Nigeria, ovvero quello in cui ci tocco’ di lasciare le stelle per le stalle, secondo il nostro iniziale giudizio dell’epoca, ma insomma, proprio grazie all’esperienza nigeriana decisamente fortificante e mooolto formativa, un quadro davvero alquanto desolante solo all’idea e che perdeva a mani basse ogni inevitabile confronto con le ultime due realtà vissute, la placida e viziata Svizzera italiana e tutti gli agi, della super tecnologia, bella e sfavillante Dubai.
E poi, Deo gratias, il viaggio di una settimana in ricognizione. Lasciati i bimbi ad amici britannici di Dubai, eccoci partiti da fidanzatini, in una Johannesburg alle porte dell’Autunno, verso la metà di Aprile. Se la mia tastiera avesse gli emojicom, qui inserirei la faccina che sgrana gli occhi di stupore! Ho subito capito come diversa sarebbe stata la mia vita, rispetto al mio iniziale paragone interno con la sola altra Africa che avevo mai conosciuto, il mattino successivo al nostro primo sbarco. Morta di freddo, abituata alla caliente Dubai, sono corsa da sola e a piedi al vicino Sandton City, a pochi minuti dall’albergo, per comprarmi un pullover, e sfidare cosi in un colpo solo due comuni preconcetti: uno sul clima e l’altro sul fatto che qui a piedi non si vada da nessuna parte.
Per quanto riguarda il primo, occorre spiegare che in inverno nell’emisfero Sud le cose sono totalmeeeeente diverse rispetto all’emisfero Nord, e qui la faccina più adatta sarebbe quella dell’omino a testa in giù: tanto per cominciare, anche se a mezzogiorno un bel sole caldo scalda gli animi, al mattino ed alla sera la temperatura scende anche fino a 5 o 6 gradi, ma a differenza degli altri Paesi in cui sono stata, qui non ci sono impianti di riscaldamento, quindi il freddo si combatte come facevano i nostri nonni, con le stufe a gas, a legna, a pellet, con delle incredibili coperte termiche, (faccina giallo-blu con le mani sulle guance) di pelli vere, sintetiche, lana merinos ed ogni possibile altro filato, con il fuoco di un caminetto e per non sbagliare, con una certa dose di alcool nelle vene… Per quanto riguarda invece il secondo preconcetto, devo segnalare subito che a camminare insieme a me quel mattino di gente ce n’era proprio tanta e tra questi, tra un semaforo e l’altro, una gioviale signora piena di curve e colore che mi ha in due parole mostrato l’indignazione locale per la patetica opera, a suo dire diffamatoria, dei media nei confronti del suo Paese: non solo anche nel resto del mondo succedono cose brutte, ma di quelle belle che qui accadano, non se ne parla mai. In pratica, ne sono assolutamente convinta, la signora mi si era manifestata come un vero e proprio Angelo custode, nonché messaggero, intento a rassicurarmi e proteggermi nello stesso tempo e purtroppo lei ignorerà per sempre quanto le sia stata grata quella fredda mattina d’autunno sudafricano!
Soprattutto perché la sera prima, all’arrivo in aeroporto buio ed affollato di Joburg, di qualche anno-luce lontano dallo sfavillante lusso dell’hub di Dubai, dopo alcuni svilenti controlli anti-ebola e passaporto agli arrivi internazionali, il primo impatto era stato un pochino diverso.
Escluso il noleggio di un’utilitaria rossa, da guidare sul lato opposto della strada e dal lato opposto dell’auto, che per qualche incomprensibile ragione aveva un GPS che ci parlava solo in Tedesco, e date le condizioni, il timore motivato di andare a finire ad Alexandra , una delle zone della città più terribili e temibili dove ogni nuovo expat ha il terrore sacro di imbattersi per sbaglio, prima o poi! Soprattutto poi, dopo le nove di sera, il buio delle strade ed autostrade è davvero buio qui, e capisci subito che fondi da sprecare per rischiarare la notte non ce n’è, che di eccessi superflui per pannelli pubblicitari lampeggianti 24/24 non se parla neanche, che le nove di sera corrispondono forse alla mezzanotte delle nostre parti, perché in giro non c’è nessuno e quei pochi che sono là fuori, magari non sono là per divertimento, e che se tuo marito lo mandano qua per finire la centrale termoelettrica più grande del Sudafrica, magari qualche buona ragione ce l’hanno e tu ne hai appena scoperta una.
Quindi questo ti ribalta subito la visione del tuo passaggio a Sud, il senso della tua presenza, la voglia di vedere come trarre tutto il meglio che c’è anche se partendo da presupposti decisamente meno allettanti, ma non per questo non forieri di prospettive ed evoluzioni che non ti è dato ancora conoscere.
Certo, diventi immediatamente consapevole di inaugurare un’ altra pagina dell’esistenza in cui si deve fare appello ad una forma di coraggio che tutti abbiamo stipato in fondo ad un cassetto, ma che non sempre ci viene richiesto di mettere in funzione. Le persone attorno a noi iniziano immediatamente a parlarci di attenzioni, premure, precauzioni e comportamenti da evitare che è conveniente tenere in giusta considerazione. Ma in fondo a quel cassetto, che deve ancora arrivare con il prossimo container da Dubai, senti che è una strada diversa, forse sui generis, forse che non potrai capire fino in fondo, in una realtà che misconosci, totalmente, e che pero’ vuoi provare a vedere che cosa abbia in serbo per te.
Perché in effetti, non esiste emigrazione, espatrio, viaggio ed opportunità migliore o peggiore di un’altra. Queste opportunità non si giocano quasi mai, sulla base del Paese o della città nei quali finisci per approdare. Il successo di una nuova esperienza è determinato da tutta una serie di componenti fortuite ed imperscrutabili che da una cosa sola davvero dipendono: la nostra capacità o volontà di aprirci al nuovo, togliere gli eventuali paraocchi, scendere all’essenziale delle cose un’altra volta, semplificando tutto grazie all’occasione di ‘nuovo inizio’, impegnativo, senza il minimo dubbio, ma senz’altro anche eccitante e pregno di tutti i significati che noi sapremo darne.
Chi sono
7 Commenti
Bellissimo articolo Amore mio! Grazie per illuminare le nostre giornate con il tuo sorriso solare e per descrivere così bene le nostre avventure nel mondo. Incondizionatamente tuo, Valerio
Complimenti a Katia G. per la sua bella prosa, evocatrice di emozioni e sentimenti, di colori e suoni lontani filtrati sempre dalla sensibilità e dalla cultura italiana.
Attendo di leggere ancora qualche altro suo scritto su questo sito dopo aver gustato con molto piacere la lettura del suo blog personale.
Con lei si può davvero fare un viaggio in giro per il mondo standosene solo seduti a leggere.
Grazie Angela,
Sono commossa dalle tue parole generose e davvero contenta che ti siano piaciute tanto le mie.
Continua a seguirmi, ma dovrai correre qualche volta, perché mi capita spesso di andare di fretta?!
Bellissimo racconto…mi è piaciuto molto. ..Brava continua così. …aspettiamo altri articoli…☺??
Ti ringrazio Francesca, ce ne saranno presto altri di colori!
Molto bene. Ecco servita una personalissima, vivace e appassionata anicipazione di quanto il Mammuttero e io potremo constatare de visu fra qualche settimana. La nostra naturale curiosità ne risulta ingigantita e la prospettiva di poter confrontare la fantasia con la realtà è davvero stimolante. Grazie Katia. Lo so che ti arrabbierai, ma devo dirlo: “Per te, mille di queste esperienze!”…..che ci permetterebbero di ampliare le nostre conoscenze e ci consentirebbero di continuare a viaggiare, scuriosando per il mondo grazie alle tue corrispondenze, ma restando saldamente incorporati nelle nostre poltrone (l’età ha le sue esigenze). A presto.
Romano
GraZie Romano! Non mi arrabbio. Ormai ho
imparato a prender gusto a tutti questi movimenti e sto imparando a condividerli, con chi dalle sue poltrone ci segue, insegue ed affettuosamente ci aspetta! A presto qui dal vivo, sì!
Katia