Durante uno dei miei primi pomeriggi di Novembre a Bamberg, quando non avevo ancora metabolizzato l´idea del mio trasferimento dall’Italia e non mi era ben chiaro il mio ruolo in questa città, al nuovo e lunghissimo numero tedesco arrivò il messaggio di un collega. Avevo appositamente chiesto a tutti, specialmente per i primi tempi, di non telefonarmi, ma di scrivere messaggi: in questo modo avrei avuto tutto il tempo di tradurmeli in santa pace invece di fare le solite figuracce e dire, dopo la terza volta che mi ripetevano quello che mi avevano detto, di aver capito tutto mentre invece avevo afferrato al massimo tre- quattro parole (questo solo in casi fortunati). Dopo un attento lavoro di traduzione del messaggio e dopo aver sottoposto lo stesso alla lettura della mia coinquilina di allora, una cinese, e questo così, tanto per aver conferma di aver afferrato bene, realizzai che il mio collega e la sua fidanzata invitavano me e un paio di altre persone a quello che poi scoprii essere un simpatico e tipico, forse a volte un tantino lungo e noioso, rituale domenicale (in casi straordinari, anche per i compleanni) tedesco: il “Kaffee und Kuchen”. Risposi “Ja, danke, sehr gerne”, forse in maniera un troppo sintetica, ma efficace e soprattutto con le uniche parole che ero in grado di scrivere per esprimere una risposta affermativa; il “sehr gerne” avrebbe poi dovuto, nelle mie intenzioni, indicare tutto il mio entusiasmo per la cosa.
Due giorni dopo, in ufficio, incontrai il collega, il quale mi diede le coordinate spazio-temporali dell´incontro e che, con molta cortesia e pazienza, nei tre quarti d´ora successivi cercò di farmi capire ciò che aveva detto e si accertò che avessi capito realmente e non solo fatto cenni di “si” con il capo. Rimasi un tantino perplessa per via dell´orario, 14.00-14.30: per me, meridionalissima, quella è ancora ora di pranzo, specialmente quello della domenica, mica il momento del caffè. In realtà non avrei dovuto stupirmi: in Germania si “cena” (ovvero si spilucchia pane accompagnato da formaggio, pomodorini e salumi, e non il nostro pasto caldo) già intorno alle 18.00-18.30 e quando una volta alcuni colleghi mi diedero un appuntamento “al mattino presto” (che io intendevo le 9.30), me li ritrovai freschi e pettinati sotto casa alle 7.30.
La domenica successiva mi recai all’appuntamento come stabilito. Fui la prima ad arrivare: da quella volta in cui, a causa di un breve ritardo causato dalla non conoscenza del luogo, mi venne risposto “Non hai bisogno di scuse- sei italiana, sappiamo già che vieni in ritardo!”, punto l´orologio 15 minuti in avanti così da essere sempre puntuale, se non in anticipo. Trovai apparecchiato in salotto un lungo tavolo, con all’incirca 6- 7 torte differenti, 7 tazze da caffè e piattini, tovaglioli disposti a maniera di ventaglio, fiori come centrotavola e anche candele, il tutto rigorosamente abbinato ai colori della tovaglia e, forse come semplice coincidenza (lo spero vivamente), anche al colore delle torte. Man mano che arrivavano gli invitati ciascuno prendeva il proprio posto a sedere e si cominciava a conversare sui temi più disparati, che andavano dal tempo e la cucina (argomenti preferiti quando ci sono italiani nei paraggi, dal momento che noi solitamente non facciamo altro che lamentarci del freddo tedesco e del cibo mentre i tedeschi ricordano in continuazione il nostro sole e il clima mite, accompagnato meccanicamente dall´elogio della lasagna e del pesce fresco), a come sia brutta la nuova fidanzata di una persona a me sconosciuta, o a quanto siano ignoranti le nuove generazioni che frequentano i corsi all’Università. Durante la conversazione i padroni di casa erano tutti intenti a tagliare e distribuire le fette delle svariate torte e a versare quel lentissimo e caldissimo caffè (che una volta freddo non ha alcun sapore). Quelle torte, fatte tutte dalla padrona di casa, erano bellissime– non avrei mai creduto che le avesse fatte davvero lei e che avesse impiegato tutto il sabato pomeriggio per prepararle- e di svariati tipi: Apfelkuchen (torta di mele), Käsekuchen (torta al formaggio), Marmorkuchen (la nostra torta vaniglia e cioccolato), Streuselkuchen (un tipo di torta che noi chiamiamo Sbrisolona) Frankfurter Kranz (una ciambella a strati ricoperta di mandorle tritate con sopra ciuffi di panna e ciliegie candite), una Fruchte und Sahnetorte (torta con frutta e panna), una Schwarzwälderkirschtorte (la torta alle amarene della Foresta Nera).
In questa occasione imparai tre cose importantissime.
Che la differenza fondamentale tra “Torte” e “Kuchen”, è che la prima è la torta con un ripieno di panna, o crema, o cioccolata, mentre la seconda la torta cotta in forno senza alcun ripieno. Che nonostante la fatica della padrona di casa e il meraviglioso aspetto che quelle torte avevano- e nonostante la mia invidia, perché le mie, di torte, vengono tutte storte- nessun sapore sarà mai paragonabile a quello di casa. Provengo da una regione, la Sicilia, che vanta una grandissima tradizione culinaria, in particolar modo per quanto riguarda la pasticceria: cassata, cannoli, dolci alle mandorle e pistacchi di Bronte, gelati. Dacia Maraini ne “La lunga vita di Marianna Ucría” fa dire a uno dei protagonisti: “Che cosa sarà poi l´inferno? Una Palermo senza pasticcerie”. Come avrei potuto io, che facevo colazione con briosche con “tuppo” e granita alla mandorla o al caffè, abituarmi a quelle “Torten und Kuchen” che, pur essendo una delizia per gli occhi, non lo erano affatto per il palato: troppo burrose, troppo pannose; con frutta prevalentemente coltivata in serra, e quindi quasi totalmente prive di sapore oppure troppo zuccherata o con un abuso di farcitura proprio per compensare quello che alla materia prima mancava.
La terza cosa però, la più importante, è che attraverso l´invito a quello che definisco un rituale perché si ripete con una certa frequenza (presso alcune famiglie anche ogni domenica), i miei colleghi tedeschi, che poi sarebbero diventati i miei nuovi amici, aprivano le porte della loro casa a me, la nuova arrivata che capiva a malapena un decimo di quanto dicevano e che stava ad osservarli con gli occhi sgranati per capire, se non il discorso, almeno il contesto. Da parte loro è stato un infrangere quella barriera tra lavoro all´Università e vita privata e un aiuto ad inserirmi in un contesto più intimo, più caldo e nel quale, se non parlavo, potevo per lo meno usare la scusa di avere la bocca piena.
Anche se in fin dei conti non posso definire quel pomeriggio esaltante- i tedeschi non sono, al contrario degli italiani- abili conversatori, e frequenti sono stati gli imbarazzanti momenti di silenzio nei quali si sentiva solo il rumore metallico delle posate sui piattini da dessert, mi sono sentita per la prima volta accolta, accettata nella mia e per la mia diversità.
Ed è stato bellissimo così, perché era proprio quello ”l´inizio”, quel “Hallo, guardate che ci sono anche io!”, che tanto avevo agognato, la chance, umana e non professionale, che finalmente, dopo la freddezza iniziale, mi stavano offrendo.
Prima di andare promisi alla ragazza del mio collega che la volta successiva avrei portato io qualcosa di tipico della mia regione ma che, in cambio, volevo la ricetta della Käsekuchen, da me tanto apprezzata per il suo sapore non disgustosamente dolce; una ricetta che adesso desidero condividere con voi perché, indipendentemente da birra, crauti, Bratwurst e Kartoffel, quello della Käsekuchen è il “mio” sapore della Germania, il sapore della mia conquista personale, della conquista della loro amicizia.
INGREDIENTI:
per il “ripieno”
– 1kg di quark (si tratta di un formaggio morbido tedesco, che però non può essere paragonato alla nostra ricotta o al Philadelphia)
– 2 bustine di Vanillepudding (budino alla vaniglia NON ZUCCHERATO)
– 150 gr di burro
– 180 gr di zucchero
– la scorza di un limone
– 3 cucchiaini di succo di limone o aroma al limone
– 4 uova
per la base di pasta frolla
– 240 gr di farina
– 120 gr di burro
– 80 gr di zucchero
– 2 uova
– la buccia di un limone
Preparate la base mescolando tutti gli ingredienti fino a formare una palla di pasta frolla da avvolgere nella pellicola trasparente e lasciate riposare in frigo mentre preparate “il ripieno”. Lavorate le uova con lo zucchero ed unitevi pian piano le due bustine di preparato per budino. Aggiungete il quark, il burro sciolto, il succo e la buccia del limone e mescolate bene fino ad ottenere una crema densa. Imburrate una teglia e foderatela con la pasta frolla creando un bordo di un paio di centimetri, versate la crema di quark e mettete in forno per 30 minuti a 160° e poi per 30/40 minuti a 180°. Lasciate raffreddare in forno con lo sportello aperto. Il risultato deve essere una torta dalla superficie colorita, tendente al marroncino ma naturalmente non bruciacchiata e il cui ripieno si è solidificato.
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