Ogni anno, da quando ho cominciato a collaborare con Donne Che Emigrano all’Estero, mi sono sempre premurata di scrivere un articolo per il mio compleanno expat, vale a dire la data in cui mi sono trasferita in Olanda.
Era il 16 giugno 2016.
Mia figlia aveva 15 anni, e io ricordo come fosse ieri che ero in cucina ad affettare verdure quando mi arrivò la mail di Katia che mi chiedeva di mandare ‘la mia bio e tre articoli’.
Era una bella cucina rossa laccata con una luce soffusa, quella che contornava lo schermo del telefono e il mio sorriso mentre leggevo.
La casa era un’abitazione estiva temporanea. Da lì, mi sono spostata altre due volte; prima di lì, una volta.
In 7 anni, ho cambiato due volte città di residenza – da Amsterdam a Utrecht.
Ho cambiato coinquilini – dalla Z alla A.
Ho cambiato un paio di lavori, fino a trovarne uno a cui sono ancora fedele dopo un lustro.
Il passaggio tra l’anno 6 e l’anno 7 mi ha trovata con una serie di svolte.
Prima di tutto, tra i miei conquilini non c’è più mia figlia, che ora vive in un’altra città, ha la sua vita, e vede mamma quando capita. La fase iniziale di questa separazione non è stata facile, anche perché siamo sempre cresciute insieme, ma alla fine è diventata naturale.
Ho scelto di continuare a dividere casa invece di godermi il salotto tutto per me, perché gli expat non sono ricchi per il solo fatto che vivono all’estero, contrariamente a quanto alcune persone credano (“oh tu, traditore, che hai lasciato la patria per andare a fare la bella vita all’estero”). In realtà, vogliamo proteggerci se succede qualcosa (come la storia ci ha recentemente insegnato), in un territorio dove normalmente non abbiamo la famiglia a farci da cuscinetto se cadiamo di sedere.
Ho fatto un altro passo alla scoperta di me stessa (no, non si finisce mai!), andando incontro a tempeste emozionali in cui l’unica via di uscita è stata passarci dentro, e riuscendo dall’altra parte con la consapevolezza che è ok chiedere aiuto, quando ne hai bisogno.
Allo stesso tempo, ho confermato con me stessa che non ho sempre bisogno di aiuto, ci sono in effetti tante cose che so fare da sola e che ho imparato solo perché ho scelto di vivere lontano dalle abitudini.
A proposito: ho realizzato che le abitudini sono un concetto relativo. Dopo tanti anni passati a mantere un certo distacco dall’Olanda, ho capito per la prima volta quanto io abbia imparato di questo popolo e questa cultura quando mi sono trovata a Londra a ottobre scorso. Ero lì, a sbevucchiare con un paio di colleghi mentre curiosavo con loro su com’è vivere in Inghilterra, e ho sentito per la prima volta la mancanza di casa.
Ma poi ho capito un paio di mesi dopo che la suddetta mancanza era di uno spazio personale – inteso come quelle quattro mura in cui al momento ci sono quelle mie quattro cose di proprietà. La casa in cui sono adesso mi ha vista per il periodo più lungo da quando mi sono trasferita qui al punto che è diventata abitudine, con tutti i suoi difetti, acqua che ci piove dentro, e altre amenità tutte locali.
L’abitudine mi è mancata di nuovo quando da gennaio 2023 ho cominciato a viaggiare come una ladra inseguita dall’Interpol. In cinque mesi ho visto letteralmente mezzo mondo, spostandomi tra Europa e America ogni due giorni. Ho visitato 15 aeroporti, preso 20 voli e 5 treni, soggiornato in 29 alberghi. A volte spendevo il mio tempo nella lobby solo per provare la sensazione di essere in un salotto di casa.
A chi si chiede come è stato girare il mondo: è stato terribilmente stancante. La mia salute ha cominciato a vacillare, dopo tanto impegno a rimetterla in piedi, e l’extra sforzo dato dai viaggi, i pesi, ed il lavoro incessante 7 giorni su 7 (ancora il numero 7 che ritorna) ha debilitato il mio sistema immunitario.
Ma è stato anche terribilmente bellissimo. Ho parlato con centinaia di persone dalle differenti culture, ascoltato, studiato, insegnato e imparato. Allo stesso tempo, sono stata del tutto sola, e a tratti stanca di stare lontano dall’unica cosa che mi appariva una certezza, ovvero dove si trovano i miei libri, i miei anelli, il mio cibo, e le mie mutande. Fino a quando sono arrivata a maggio, e non volevo più tornare.
Maggio segnava l’ultimo mese dell’anno 6, e apriva la pista all’anno 7,
e qui arriviamo ad oggi.
Che tra me e l’Olanda ci sia sempre stato un rapporto difficile, non è un segreto. Siamo come quello stato di Facebook che dice ‘in una relazione complicata’. Ci sono molti lati che ho imparato ad apprezzare di questo amante alto biondo e che puzza di birra, e ce ne sono altri che sarebbero una perdita che non mi mancherebbe.
Sono equilibrata abbastanza da sapere che non si lascia il tuo amante così su due piedi. Tuttavia, sono anche quella persona che dice di non accontentarsi del primo che passa.
La questione è: cosa ne farò di questa Olanda?
Non resta che affrontare l’anno 7 e vedere quali angoli finirò per girare, o quale spago finirò per seguire, se mi leggete da abbastanza tempo da ricordare di cosa parlo.