Qual è la vera Olanda io non lo so davvero. Né, come me, possono saperlo i milioni di stranieri che vivono qui.
Qual è la vera Olanda è impossibile da dire, perché ogni cosa che raccontiamo è il filtro dei nostri occhi e delle nostre scelte di vita. Non esiste giusto o sbagliato, non esiste vero o falso, perché qui, su questo sito, siamo bloggers: siamo semplici persone che riportano le emozioni di un viaggio. Il loro singolo viaggio.
Forse vi ritrovate, in queste parole; forse no. Forse valuterete che ciò che dico è valido per ogni paese, per ogni espatrio. Tutto quello che io posso fare è solo farvi viaggiare con me, nello specchio del mio sguardo, e nella mia Olanda.
E la mia Olanda è una moneta.
La mia Olanda è Amsterdam da una parte, e poi c’è tutto il resto. Sì certo, ci sono altre città più o meno grandi ma sembrano, piuttosto, una campagna allargata. La mia Olanda ha il campo di un contadino, con un maiale una capra e una mucca, appiccicato in modo millimetrico a un Mc Donald’s, sulla strada per Gouda.
In inverno esci dagli stradoni rimirando i canali ghiacciati nei quali si specchiano i tenui raggi del sole ed entri in città, dove l’ultimo fiocco di neve si è sciolto prima ancora di toccare terra. In primavera esci dal confine delle tue mura di cinta e incontri fattorie, con quei colori di prato e di cielo che si mischiano come un vero quadro e ti sembra di essere lì, dentro la tela: nel 1885, seduto al tavolo insieme ai mangiatori di patate. Nel silenzio assordante di quel punto rotto solo dal canto del gallo ti dici che sì, è chiaro che poi Van Gogh è diventato pazzo.
La mia Olanda ha uccelli grandi come polli e polli grandi come bianconigli. Ha case cittadine di fronte al contadino con il gregge. Poi prendi un bus e in cinque minuti sei vicino a una gru, che sta costruendo un ponte all’avanguardia dai ritagli architettonici americani.
La mia Olanda è all’avanguardia, nel nulla.
È una terra per rifugiati: qui ci siamo scappati in tanti. Chi dal passato, chi dalla famiglia, chi da un governo corrotto, chi dalla guerra. Lo vedi negli occhi di certa gente e lo senti dai racconti, se hai la pazienza di fermarti e di starli ad ascoltare. “Sai, signora Paola, io sono andato via dal mio paese perché come nel tuo la politica è corrotta e non c’è rimasto più niente”. “Sai, signora Paola, io sono andato via perché non c’era più lavoro”. “Sai, signora Paola, io sono andato via perché da me c’è la guerra; nelle mie strade puoi anche starci, ma devi scegliere se imbracciare un fucile ogni giorno e io non voglio farlo”. “Sai, signora Paola, io ho dei figli: non posso tornare a casa, devo tenerli al sicuro”.
Sapete, signore persone che mi state leggendo? La mia Olanda è una tenda rifugio. Ed è rossa e nera. Semplifica la vita alle coppie gay e la complica alle coppie etero. Inscena il teatro per turisti nella capitale e inneggia contro i quartieri a luci rosse. Vende l’erba ma la condanna. Accoglie i musulmani di fronte e li discrimina di dietro.
La mia Olanda è un grande cubo di Rubik del sistema burocratico, e io ancora lo preferisco a quello italiano e a quello di tante altre nazioni.
È un Truman Show dove tutti sono i protagonisti e nessuno prova ad uscire. L’importante è non farsi domande e, se accetti il meccanismo così com’è, piacerà anche a te.
La mia Olanda è dove tutti vissero felici e contenti. È il gioco in scatola di un re, che sistema le pedine e bisogna superare degli ostacoli ma tutto è organizzato e, quando finisce una partita, basta cominciarne una nuova.
La mia Olanda non si scomoda. E cerca di non far svegliare i suoi cittadini.
La mia Olanda pensa di essere terra protetta. Noi rifugiati ci illudiamo che qui non possa accadere nulla perché in questa terra di mezzo tutti convivono e nessuno oserebbe fare tanto: nessuno oserebbe attaccare un’intera popolazione in pace.
Ma non dimentichiamo che questa Olanda è solo la nostra visione. Ve ne prego, ricordate questa frase: “la mia Olanda… la mia visione”.
Comunque, la mia Olanda è vera, di quel vero impalpabile.
È un Kroegje, una bettola, che mi ha accolto come se fossi una di loro. Il kroegje è un posto importante, qui: è cool, è un circolo chiuso. Dapprima ho conosciuto Ben. Un giorno Ben mi ha presentato il suo amico Alex. Poi Tristan ha detto che si ricordava di me, da quando la prima volta siamo entrati e io parlavo solo inglese “e adesso guardala, sta qui che comunica”. Da Tristan a Willem, a Jakob. Al benvenuto ufficiale. Ben ha più di 70 anni.
Dovreste parlare olandese, per tutto questo. Ma più di tutto, dovreste dimostrarvi interessati ad integrarvi e a comunicare con chi vi sta intorno.
E la mia Olanda è piena di olandesi meravigliosi, che mi hanno aiutata a sopravvivere in una terra sconosciuta mentre mi ritrovavo, per sorte o per caso, ad affrontare da sola gli avvenimenti più strani e insensati che potessero capitare uno dietro l’altro.
La mia Olanda non è fatta di olandesi maleducati, scontrosi e chiusi, ma di gente che mi ha aperto le porte di casa, addirittura lasciato le chiavi di casa per offrirci un posto dove dormire al bisogno. Ho avuto coperte, cuscini, tanto tè.
La mia Olanda è stata fatta altrettanto di italiani malfidati, tirchi e spocchiosi, che sono venuti a fare qui ciò che si atteggiavano a fare anche nell’altro paese.
La mia Olanda è un genere umano, che mi ha teso mani che in Italia non avrei trovato se non quelle di tre persone, mia madre è una di queste, le altre due sanno chi sono.
La mia Olanda è un dado con due soli tentativi.
È un odi et amo dove l’odio è solo quel senso intimo che non mi fa mai sentire a casa da nessuna parte veramente, anche se ad Amsterdam sto bene come sto a Roma, Valencia e New York.
La mia Olanda, mia e solo mia, è il mio eigen terrein, è una Amsterdam con punte di Utrecht.
Utrecht. Piccola caramella ripiena, succoso bon bon di città campionario di tutto. Dolce rifugio che mi ha dato un’altra vita. Quella da ritmo di paese, quella dove la cosa più eccitante che possa succedere è un albero che non è venuto potato bene. Quella con cose da fare che non vanno per me perché non ho più 20 anni. Quella anglo-olandese, che conserva batuffoli di magia storica, che distribuisce calore e umanità, che non ti fa sentire un numero.
Amsterdam. Dove rinasco ogni volta che la guardo, che scatto una foto, che ammiro un tramonto, un angolo di cielo, una finestra, un fiore, una luna, un movimento sulle acque, una casa storta, una raffica di vento – maledetto quanto ti odio, ma in fondo siamo ad Amsterdam, che ti aspetti Paola, siamo nella fottutissima terra dei mulini e la hai scelta tu.
Amsterdam, la prima città che ci abbracciò esattamente un anno fa, il 16 giugno, quando arrivammo alle otto di sera carichi di bagagli e speranze fissati con lo spago. Chi mi legge dall’inizio, lo spago lo conosce già. Ci accolse con i suoi 19 gradi, le bambine svolazzavano in vestiti estivi, noi andammo a comprare le felpe. Dopo un anno, a 19 gradi facciamo colazione in giardino in infradito.
Amsterdam, colpo di fulmine che riscelgo ancora, e dire che a volte è così banale. Ha lo struscio di Via del Corso e i palazzoni, quelli brutti e grigi da città, sì proprio loro, e sono proprio loro che mi fanno sospirare per la mia Roma, che mi fanno rivivere quell’aria di asfalto e frenesia di un mondo senza bici o di strade londinesi. Respiro frammenti d’aria in cui manca il fiato, non perché l’aria sia pesante ma perché realizzo che pezzi di città vivono in me.
E io sono lì, divisa, tirata, strappata in verticale: un lato verso la frenesia, l’altro verso la calma.
Perché la mia Olanda è un perenne dualismo e tutto si riduce al check in e check out del viaggio di treno tra Centraal e Centraal.
La mia Olanda è una scelta perpetua tra due possibilità, tra due realtà. È biciok. È un pezzo del domino. Uno Yin con lo Yang. Non è come il giorno e la notte, è piuttosto come un puttanaio con l’acquasantiera accanto.
La mia Olanda, la mia vita è passare una serata con l’ambasciatore, il direttore dell’Istituto di Cultura, il Professore Emerito, artisti e scrittori a parlar di cose come si conviene, e poi andar via a piedi e attraversare il quartiere a luci rosse per raggiungere la stazione centrale. Certa Olanda, la mia sicuramente, ti fa passare dal baciamano dell’uomo cortese al gradino più basso del testosterone maschile, mentre guardi ragazze in vetrina che nascondono vite, dolori, figli e bollette da pagare.
La mia Olanda confonde, eccome se confonde.
È finta e un po’ di plastica, è ricca di ‘vai, conduci una vita sana, ammazzati di sport e mangia frutta secca, ma non ti curo se non stai morendo, non entri al pronto soccorso se non lo dico io e già che ci sei rimpinzati di burro, che fa freddo’. Ti uccide con garbo; ti parla con “scusa, per favore, potresti gentilmente, ti darebbe fastidio se, grazie mille, fatto volentieri, ma ti pare”. Perché lei non urla: risolve con il minimo dello scontro. E, in questo, l’Olanda la sento davvero mia: niente conflitti.
La mia Olanda ha fatto nascere il suo popolo con il chip delle regole. Almeno quello che abita nella mia versione. Ti controlla come il terzo occhio e credo sappia anche quante volte vai in bagno.
La mia Olanda lascia che siate voi a guardare una macchina che fa casino fuori la stazione centrale e a stabilire se sia attacco terroristico o incidente da tossico.
La mia Olanda avrebbe da dire così tanto, in fatto di cultura e arte, e a volte non lo sa dimostrare e gli altri europei si gonfiano il petto pensando di essere migliori.
La mia Olanda.
Quale sia la vera, io non lo so davvero. Né, come me, possono saperlo i milioni di stranieri che vivono qui.
Ammesso che poi una vera Olanda esista.
Concorso Letterario per Racconti “Espatrio, le paure ed il coraggio delle Donne. Leggi il Bando.
Chi sono
20 Commenti
Bella lettura! Grazie
Grazie a te, Antonella, per aver viaggiato con me 🙂
Ho vissuto in Olanda vari anni,la gente ha una cultura troppo diverso non solo dai mediterranei ma anche dai popoli nordici,in primis I tedeschi:I tedeschi disprezzano enormemente gli olandesi,li chiamano contadini arricchiti,non hanno nel loro sistema scolastico la storia e la geo
Cara Paola, frequento l’Olanda con cadenza mensile ormai da più di tre anni. I miei bambini vivono e crescono lì. Vengo anche io da Roma e comprendo perfettamente ciò che provi e le sensazioni che ti hanno spinto a scrivere questo bellissimo articolo con il quale condivido non solo le sensazioni, ma anche le emozioni e le speranze. Ti ringrazio per le tue parole molto belle e toccanti, specialmente per uno come me inevitabilmente costretto a condividersi tra la bellezza e il caos di Roma e la tranquillità e organizzazione (e la pioggia) olandesi.
“e organizzazione”: sante parole! Grazie, Paolo, per il tuo bel messaggio. Buoni viaggi!
Si dice che a volte la fantasia supera la realta`, in questo caso la fantasia ha superato la realta abbondantemente, complimenti per il racconto ,degno di un buon romanzo di appendice. Ora se ti capita di scrivere un commento reale sull`Olanda , fallo con esattezze, escludendo la fantasia e chiedere a persone che hanno tanta esperienza di vita e sanno o hanno molta piu visione di una persona che vede l`Olanda dalla propia ottica. Ciao
Sono una Olandese che ha vissuta per 30 anni in Italia.. Sono tornata in Olanda, perchè avevo perso il mio compagno dovuto ad un infarto. Pensavo al mio Olanda come lo era 30 o 40 anni fa, ma purtroppo non ne è rimasta niente di bello del bel paese di allora. è diventata un paese di gente scontenta, di politici che pensano soltanto di arricchire banche e grande compagnie e che non ascoltano piu il popolo. La sanità poi è diventata una cosa assurda, e che soltanto la gente benestante si puo permettere di ammalarsi. Ricchi diventano piu ricchi, e poveri diventano sempre piu poveri. Rimpiango il mio Olanda di allora, e rimpiango ancora di piu di essere tornata qui. Gli Italiani hanno molto piu cuore e senso di famiglia, queste sono le vere ricchezze.
Ria, grazie per il tuo prezioso intervento. Un abbraccio, spero di avere l’occasione di incontrarci, un giorno.
Ciao Pietro, grazie per aver apprezzato il racconto. Ti invito a leggermi e a scoprire di più delle mie storie. Al prossimo commento!
Grazie Paola per aver saputo scrivere e condividere la tua Olanda. Io vivo nel sud a Schiedam e lavoro ad Amsterdam e rivedo tanto di quello che hai scritto
Grazie a te Arianna, per aver viaggiato un po’ con me 🙂
Che bello paola mi ritrovo molto in quello che hai scritto, su utrecht sulla bellezza di amsterdam, sulla sanità in particolare ahaha. Io mi sento a casa sai. certo ogni tanto la malinconia di roma mi prende ma poi mi guardo in giro andando in bici e mi sento cosi fortunata! Amsterdam mi ha aperto tante di quelle porte e dato l’occasione di realizzare il mi sogno, aprire il mio salone di parrucchiere. Cosa che non avrei mai potuto fare a roma. Grazie per aver scritto i tuoi pensieri. Un abbraccio
ma che bello, Sabrina! allora una volta vengo a trovarti, mandami pure le tue coordinate. Grazie a te! 🙂
Cara Paola che bel post, potrei anche io scrivere un post sulla mia Svezia e una parte sarebbe uguale alla tua Olanda :-). Ho letto la tua presentazione su “chi sono” e scoperto che sogni di vivere di rendita in un posto caldo. Guarda un po’, il mio stesso sogno :-)….io ho scelto Maiorca. Buona fortuna!
Quindi, “from Svezia to Finally Maiorca”… chissà, magari un giorno ci incontreremo 🙂
Buona fortuna anche a te!
Spero un giorno di poter raccontate la “mia Olanda”, nel frattempo mi sono goduto la tua.
Grazie Simone e in bocca al lupo per il tuo desiderio!
Crepi!
Un punto di vista affascinante e condivisibile da chi, come me, è stato lì solo in…pellegrinaggio. Ma davvero ti chiamano “Signora”? 😀
Che ci vuoi fare, ormai ho una certa età 😀