Vi è mai capitato di ripensare a dove foste un anno prima e dire…
“solo un anno?”
Da ragazzina ogni tanto mettevo dei promemoria a me stessa sul cellulare per uno o due anni dopo (essendo ottimista e sperando che il suddetto cellulare sarebbe sopravvissuto così a lungo), nei quali mi scrivevo in che giorno avevo creato quel promemoria e cosa stessi facendo in quel momento, augurando alla me futura di aver ottenuto qualcosa di importante da lì al momento in cui l’avrei letto.
Me lo sarei dovuta mettere l’anno scorso…
Era Novembre 2015 e il mio compagno venne da me per dirmi che gli avevano offerto un lavoro in una città del nord dell’Inghilterra: Newcastle.
Andai su Google: meno fredda del resto dell’Inghilterra, carina, accogliente….5 minuti dopo ero iscritta alla pagina Facebook di “Italiani a Newcastle”.
“Non starai un pochino accelerando i tempi?”, mi diceva “vediamo prima se questo lavoro lo prendo”.
Si, li stavo accelerando forse, ma il tempo mi ha dato ragione.
Di Newcastle ho scoperto che Google mente: è dannatamente fredda e quando tira vento vorresti morire in quel preciso istante.
La lingua: venire in Inghilterra e imparare il Geordie è un’esperienza “mistica, diciamo.
Ero a Heaton qualche mese fa, stavo trasferendomi e il volo da Fiumicino mi faceva fare scalo qui. Ai controlli c’era un poliziotto che mi chiese il motivo per cui stessi andando a Newcastle: risposi che mi ci stavo trasferendo e che ero un po’ preoccupata per l’inglese.
Ora, a Heaton devono di sicuro migliorare le tecniche di rassicurazione dei viaggiatori perché lui mi guardò e con aria dolce MI SCOPPIO’ A RIDERE IN FACCIA e poi aggiunse che stavo rovinata: “come farai a capirli tu che sei straniera se anche noi inglesi non capiamo quello che dicono a Newcastle?!”.
Un inizio incoraggiante, diciamo.
Vivo qui da poco, sono arrivata ad Ottobre.
In Italia, se vogliamo, noi eravamo anche fortunati.
Io un lavoro da Recruiter a tempo indeterminato, il mio compagno, ricercatore universitario. Ma non avevamo prospettive: nessuna opportunità di crescita (salvo accettare promozioni, ma gratis, a superare gli obiettivi, ma senza mai ricevere i variabili pattuiti, lavorando come matti, pagati come novellini), nessuna speranza di accumulare a breve, senza aiuto dei genitori, quanto sarebbe stato necessario a comprare casa.
Siamo arrivati qui con tante domande:la Brexit, la gente, il cibo, le abitudini, la nostalgia…
Ad alcune di queste domande la risposta è arrivata presto
Per la Brexit è troppo presto per fare ipotesi, inutile immaginare quello che sarà (anche perché, diciamocelo, chi di noi ormai sa anche di se stesso per chi e dove lavorerà da qui a qualche anno, figuriamoci cose fuoro da noi….).
La gente: la gente del nord dell’Inghilterra ha una gentilezza quasi familiare, anche se con il classico stile inglese. Ricordano noi, solo che sono più rilassati di noi hanno la serenità di chi non combatte ogni giorno 10 mila guerre anche solo per parlare con un servizio clienti o pagare una bolletta. Forse non sono così simili a noi ;).
Ma nessuna di queste risposte mi ha dato la risposta al perchè, in realtà, nel profondo, mi trovi qui, ora.
Come spesso accade, la risposta mi è arrivata con una sensazione.
L’altra sera, uscita da lavoro, camminavo diretta a casa dopo una settimana allucinante con orari assurdi, mentre chiacchieravo e ridevo a crepapelle con una collega Norvegese e una Tedesca di cui, fino a qualche settimana fa, neanche immaginavamo reciprocamente l’esistenza, in una lingua madre per nessuna delle tre.
Ero stanca morta, sui tacchi da neanche so più quante ore, con dieci gradi in meno di quelli che, nello stesso momento, il mio telefono mi segnalava esserci in Italia.
Ma non so perché in quella chiacchierata, in quel tragitto, in quelle ragazze ho trovato un tale senso di libertà….i posti nuovi sono un bel posto in cui camminare.
Chi sono
2 Commenti
Nelle ultime righe, con la storia delle tue colleghe, sei riuscita a condensare l’essenza di un’esperienza all’estero…mi hai fatto emozionare, grazie 🙂
Ma grazie a te del commento…sono passati più di 2 anni da quella giornata e ancora mi sento in un frullatore