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Le emozioni, i bambini e la scuola

di Barbara-Bonn
emozioni

bambino-scuolaIo ho un bimbo a scuola e, dopo una prima esperienza negativa dovuta a molti fattori, cerco di raccontare quello che sto vivendo qui in Germania.

Soprattutto cerco di parlare di fattori importanti per la crescita del bambino, di modo che, come genitori, possiamo stare un pochino più attenti a come ci comportiamo e a quello che facciamo.

Non solo: magari cerchiamo di controllare l’ambiente circostante.  Le emozioni, per esempio, non vanno sottovalutare. La formazione del sé non va sottovalutata.

Prima di parlare di emozioni dobbiamo toccare il tasto “Sé”, che è il caso di scriverlo con al lettera maiuscola, perché importante.

Parlando eusando un gergo psicologico, dobbiamo utilizzare il termine “istanza”.

Il sé è un’istanza psicologia che ci consente di integrare le nostre esperienze, permettendoci di distinguere tra noi stessi e la realtà esterna e assicurando continuità tra passato e futuro.

Grazie a questa  riusciamo ad osservare il mondo da un punto vista unico e coerente.

Il famoso filosofo William James parlava di Io, me e sé.

Un modo di dire che è entrato anche nel linguaggio comune.

L’Io è colui che pensa, poi vi è l’oggetto della riflessione (me) e infine usiamo il sé per parlare in termine generali e non in prima persona.

Questo sé si divide in sé materiali, sociali e spirituali: con materiale intendiamo tutto ciò che appartiene agli individui, sociale sono le immagini che trasmettiamo a persone diverse e poi la spiritualità: la sensibilità, i valori e i gusti personali.

Vi sono dei sentimenti che rivolgiamo a noi stessi che sono innati, secondo il filosofo William James, e si possono dividere in due categorie.

Nella prima classe sono l’autocompiacimento, l’orgoglio l’arroganza; nell’altra, la vergogna, l’umiltà, la mortificazione e la modestia.  

Queste categorie derivano dal rapporto tra realizzazione e obiettivi.

Non tutti gli studiosi sono d’accordo con questo modo di vedere il sé: vi è chi parla di interazionismo simbolico, ovvero il sé deriva dalle interazioni, scambi verbali, che vi sono tra le persone; è cioè il frutto dell’interazione sociale.

L’immagine che il bambino ha di sé deriva da quello che gli  è trasmesso dalle persone significative (fra queste anche gli insegnanti).

Se voi avete un insegnante che ha un brutto rapporto con il concetto di immigrazione ecco fatto, non va.

I sentimenti che rivolgiamo verso di noi, sono un riflesso di quello che ci rivolgono gli altri verso di noi.

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Photo Credits: Flickr/BagoGames

Si parla oggi di sé presimbolico: pensate che si ritiene che anche il neonato non si trovi in uno stato di indifferenziazione ma che già esista questa istanza come base per la coscienza, come principio unificatore delle attività orientate all’esterno e esperienza intuitiva affettiva (l’Io di James).

La formazione del sé presimbolico è dovuta all’esplorazione del proprio corpo e all’attenzione ai propri movimenti e permette la distinzione di se stessi dagli oggetti esterni.

Qui non vorrei dilungarmi sul concetto di sé presimbolico ma vorrei passare al prossimo argomento, le emozioni.

Prima però, vorrei fare  il punto dei concetti significativi che volevo sottolineare nella prima parte di questo post.

Siamo esseri complessi.

Si può vedere l’essere umano alla maniera di James o degli interazionismi simbolici ma, in ogni caso, è importante parlare e capire cosa viene detto ai bimbi, visto che l’esterno entra nella loro formazione. E poi agire, se pensiamo che ciò che viene detto non vada bene.

Le emozioni vengono definite come pattern di modificazioni che includono l’eccitazione fisica, i sentimenti, i processi cognitivi e le reazioni comportamentali.

Nel linguaggio comune parliamo di sentimenti ed emozioni come se fossero intercambiabili, invece, per la psicologia contemporanea, sono due cose distinte.

I sentimenti sono stati d’animo che vanno lungo l’asse buono-cattivo e positivo –negativo.

Le emozioni sono delle transazioni con l’ambiente con cui sono associate.

Le emozioni vengono viste come transazioni con l’ambiente.

Per esempio, vi è uno stimolo, che può essere interno od esterno. Lo stimolo interno che può essere sia una fitta allo stomaco dovuta a una cena piena di fritta che al pensiero di una interrogazione o può essere qualcosa di esterno come, ad esempio,  la vista di un cane, che a seconda delle persone o del cane può portare terrore e simpatia.

Anche su questo argomento esistono diversi punti di vista.

In ogni caso, le emozioni vengono coinvolte nello studio e si risponde alle emozioni nello studio, nel rapporto con la scuola e nel rifiuto di certi argomenti.

Spero ancora una volta di avervi dato delle informazioni interessanti e di stimolare una bella discussione.

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