Metti che hai un colloquio e non sei sicuro di cosa indossare.
Metti che ti viene il panico perché ti sei fatto scrivere il curriculum dal vicino di casa, che ci sa fare con le parole o che è tanto bravo in inglese, ma non lo hai imparato bene e non lo senti come il tuo.
Metti che hai scritto ‘francese B2, tanto non me lo chiedono’ e quando arrivi ti piazzano un test per verificare la lingua.
Metti che ci sei davvero, in Francia, o in un qualunque altro paese.
Metti che ci vuoi andare, in un qualunque altro paese, e non sai da dove cominciare.
Metti che sei di fronte allo specchio a fare le prove, “salve, buongiorno, oddio cosa dico”.
Metti che “ma come stringi quella mano? Guarda che la gente si fa subito un’impressione”.
Metti che manca mezz’ora al tuo appuntamento e piove. Sei femmina e hai i tacchi, sei maschio e ti si è rotta la macchina.
Metti che la tua unica cravatta è in tintoria.
La maglietta portafortuna è a lavare.
Gli orecchini che ti ha regalato la nonna sono spaiati e hai solo anelli d’argento con il teschio.
Il phon si rompe.
C’è lo sciopero dei mezzi.
Tuo figlio ti ha sporcato di Plasmon la giacca.
C’è troppo sole.
Tira vento.
Tira troppo vento.
Sei al tuo primo incontro e non vuoi fallire.
Sei al tuo centesimo incontro e non vuoi fallire.
Metti che.
Ok.
Forse ho esagerato in alcuni punti. Ma il concetto è che, almeno una volta nella vita, chiunque ha avuto a che fare con una situazione nella quale non si è sentito a proprio agio, perché mancavano le basi per affrontarla, o mancava la conoscenza adeguata, o mancava la scioltezza.
Le parole spariscono, entriamo in loop, ripetiamo gli stessi sbagli, non riusciamo ad uscire dal circolo e rischiamo di rovinare da soli le nostre occasioni.
È qui che intervengo io.
Non ho il potere di far smettere la pioggia, smacchiare la cravatta e ritrovare gli orecchini persi. Posso dare, però, gli strumenti necessari per uscire dal circolo.
‘Lezioni di comunicazione’ potrebbe essere un buon riassunto di ciò di cui mi occupo in questa rubrica, su Donne Che Emigrano all’Estero. Tuttavia, è ancora riduttivo: perché io mi occupo di consulenza in comunicazione e guest experience.
Ho alle spalle studi in comunicazione integrata, marketing aziendale, pubblicità, hospitality e counseling. In vent’anni di lavoro sul campo per diverse aziende e realtà, ho avuto modo di approfondire le varie forme di espressione della comunicazione, comprese quelle artistiche, fino a giungere al mestiere che faccio oggi.
Lavoro per le persone, anche quando lavoro per le aziende. Metto al centro il singolo individuo.
Il mio compito è fare da guida nei vuoti o nei blocchi di comunicazione, quando questi si presentano nella vita relazionale o in ambito professionale.
Tutte queste cose sono gli esempi di sopra, i casi assurdi illustrati banalmente all’inizio di questo articolo.
Sono le risposte a come si affronta un colloquio, come si presenta un curriculum, quali messaggi trasmette il nostro corpo, che significato hanno certi gesti nella nostra e nelle altre culture, e a tanto altro che riguarda il mondo della comunicazione: gestione delle informazioni, uso della parola scritta e parlata, abbigliamento, e tutto ciò solo per citare la sfera strettamente correlata all’individuo.
Ecco: se avete un caso assurdo, una storia da raccontare, o una domanda da fare, scrivetemi. Risponderò alle vostre lettere e cercherò di dare linee guida che possano essere di facile accesso a tutti.
Per esempio: se la vostra unica cravatta è a lavare, prendete un pennarello e disegnatene una sulla camicia.
Sto scherzando, ovviamente.
Forse.
Perché il vostro colloquio potrebbe essere in un’agenzia creativa.
E in quel caso…
Chi sono