Ovvero…il senso della vita parte seconda!
Eh sì, perché nel giro di una settimana le cose sono cambiate e gli avvenimenti che si sono susseguiti sono stati come una corsa sulle montagne russe!
Pochi giorni dopo il mio ultimo post, e prima del mio nuovo lavoro, comincio a stare male.
Subito visita al GP (dottore della mutua), al quale menziono un tremendo mal di schiena: niente, tutto regolare. Ovviamente è venerdì: fine settimana passato con febbrone, punte di 39.5!
Ma dove avrò mai preso la febbre, e cosa ho fatto a fare il vaccino anti-influenzale? Dopo avere tirato vari accidenti, mi rassegno all’evidenza: lunedì non posso cominciare a lavorare. E per fortuna la risposta della compagnia è che queste cose capitano, in quanto temevo che avrei perso il lavoro!
Rassicurata almeno su questo fronte, visita di nuovo dal GP, ed un responso: infezione urinaria, ecco spiegato il mal di schiena e la febbre! Via subito di antibiotico. Le cose comunque non migliorano: il giorno dopo visita al Pronto Soccorso, al North Middlesex Hospital. Nel giro di un’ora, sono di nuovo a casa: l’infermiera ha decretato che ho solo bisogno di un antibiotico più potente. Ma a casa le cose peggiorano, per cui dopo avere aspettato due ore un’ambulanza che non è mai arrivata, nuovo viaggio al PS. Qui, nonostante stia molto male, cercano di liquidarmi di nuovo ma un dottore si impietosisce e per fortuna decide di fare ulteriori accertamenti.
Dopo varie ore passate su una barella in PS, conquisto una camera singola: cannula (un vero incubo, le mie vene non si trovano mai!) e via di antibiotico. Appena il tempo di sistemarmi e mi trasferiscono: hanno bisogno della camera singola. E via in camerata (scopro dopo che si tratta di letti destinati ai malati di cancro), dove mi comunicano l’intenzione di dimettermi nel giro di qualche ora. Non mi sembra una grande idea, e “per fortuna” appena prima di dimettermi mi sale di nuovo la febbre. Ripensamento: ricovero, e nuovo trasporto nel reparto, nella zona nuova dell’ospedale, che rispetto a quella vecchia sembra di essere in un ospedale privato! Sono l’unica che si può alzare, con 3 donne anziane costrette a letto. Quanta pena! E penso: toccherà a me un giorno? Speriamo di no!
Contiamo i blessing: angolino quasi privato, TV con le cuffie (personali, altrimenti niente!), un bagno praticamente tutto per me, ed un menù non fantastico ma passabile.
Rassicurata che i figli sono in buone mani, a casa con la au pair, mi rassegno all’evolversi delle cose, ed alla vita in ospedale, che comprende essere svegliati nel cuore della notte e alle 6 di mattina per misurare la pressione! Ed il tono super allegro delle infermiere che prendono servizio al mattino, mentre io voglio solo dormire! Insomma, niente di che. Tutto a posto? Ed invece no. Perché sabato sera mio figlio riesce ad ustionarsi con la borsa dell’acqua calda! Lo scopro grazie a mia figlia che mi chiama (verso le 11 di sera) con mio figlio che urla come un disperato in sottofondo. Ricostruzione degli eventi: mentre la au pair è giustamente fuori a godersi il sabato sera, con il mio consenso, il mio ex marito – al quale avevo chiesto di curare i bambini ma si è limitato a restare 10 minuti – accoglie la richiesta del bambino di avere la borsa dell’acqua calda (chissà poi perché!), la prepara e se ne va. “Ovviamente” non l’aveva chiusa bene. Grazie a Facetime, seguo il tutto in diretta: le urla, l’ex marito (al quale avevo nel frattempo intimato di tornare indietro!) che pensa di curare la bruciatura con il bianco dell’uovo, l’ambulanza che non arriva (nonostante due chiamate dall’emergenza per dire che sarebbero arrivati appena possibile!), io impotente nel mio letto d’ospedale, l’esaurimento del data del telefono per cui non piu’ Facetime, il loro rifiuto di prendere uber e venire al pronto soccorso. Alla fine alla 1.40am decido che è meglio per tutti rimandare al giorno dopo.
Non che le cose siano migliori il giorno dopo: lunga attesa al PS, accompagnati dalla au pair, e poi le domande che mi aspettavo: chi vive a casa? La mamma dov’era? Capisco che è il momento di andare al PS. Informate le infermiere, e con la loro autorizzazione, mi vesto e mi precipito al PS. So già che una volta curato il bambino, ci saranno altre domande. Ed infatti è proprio così: per fortuna il dottore è soddisfatto che si sia trattato di un incidente isolato, e che non siamo segnalati ai servizi sociali (dopo avere controllato). Posso così tornare un po’ più tranquilla al mio reparto, dal quale verrò dimessa qualche giorno dopo. Diagnosi: pielonefrite, cioè l’infezione ha colpito i reni. Della serie: non facciamoci mancare niente! Ed una volta a casa devo arrendermi all’evidenza, e cioè che il dottore aveva ragione: il corpo ha bisogno di recuperare, riposo forzato per almeno una settimana! (Per la cronaca: ho finalmente recuperato).
Per quanto riguarda il lavoro, domani ci siamo: primo giorno nel grande department store! Speriamo bene, soprattutto che abbiano capito che domani andrò al lavoro! Eh sì perché nonostante il primo giorno avessi chiamato subito alle 8 del mattino, con il turno che sarebbe iniziato alle 11, per avvisare della febbre, alle 6.30 del pomeriggio mi chiamarono dicendo: non ti sei presentatata oggi, lo vuoi ancora il lavoro? Ehm sì, ho chiamato stamattina? Le cose non sono migliorate quando ho avvisato che avrei potuto ricominciare: nessuno mi ha detto quale sarà la mia rota (turno) , né quando cominciare. Io ho quindi deciso che la rota sarà la stessa della settimana in cui avrei dovuto cominciare, ed ho informato il personale via email. Nessuna risposta, quindi chi tace acconsente! Se va avanti così sarò presto l’amministratore delegato!
Anche sul fronte sentimentale le cose sono cambiate: la storia è finita prima di cominciare! Eh sì, mi sono stancata di una relazione solo su WhatsApp e della impossibilità di questa persona di trovare del tempo da passare insieme. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, la sua proposta di vederci domani per pranzo. Ma come, dopo un mese senza vedersi, nessuna visita in ospedale (con la scusa del morbillo della figlia) né tantomeno nessuna telefonata, mi proponi un misero pranzo proprio il giorno in cui è arcinoto che devo cominciare a lavorare? Anche no! La cosa “divertente” è che se l’è pure presa! Eh sì, perché a sentire lui l’ora di pranzo di martedì 8 novembre è l’unico spiraglio di “libertà” dopo diverse settimane, e come oso dire io che non mi va bene? E’ esterrefatto! e non necessita di risposta! E chi aveva intenzione di risponderti?? Ma io devo stare a perdere tempo dietro ad uno che può concedermi briciole del suo tempo, e dovrei pure essergli grata? Ma anche no!! Esperienza archiviata senza troppo soffrirci. E qualcun altro all’orizzonte!
Dopo tutto questo, la domanda è ancora quella di prima: qual è il senso di tutto ciò? Cosa mi sta dicendo la vita?
Una cosa che ho imparato con gli anni è che il mio corpo mi costringe a fermarmi quando mi butto a capofitto in mille cose, pensando di essere wonderwoman. Due anni fa, per esempio, quando decisi di iniziare un corso di laurea serale, mi venne la meningite dopo due settimane. Risultato: due mesi in malattia, e la rinuncia al corso universitario. In quel momento, il corso era troppo: tra il lavoro impegnativo, i viaggi di lavoro ed i figli non c’era lo spazio. Oppure quando anni fa, dopo il divorzio ed uno stile di vita un po’ libertino, mi ruppi il ginocchio: 7 settimane di gesso! Per fortuna non mi succede mai niente di troppo “serio” ed ho imparato ad accettare, sempre a denti stretti, questo riposo forzato a cui il corpo ogni tanto mi costringe, ed a riflettere sul perché.
La corsa sulle montagne russe? non credo sia ancora finita ma spero di essere nella fase di calma, quella che precede la salita o segue la discesa! Speriamo che duri…soffro di vertigini!
Chi sono
1 Commento
Strepitosa come sempre. Dovresti fare dei corsi “affrontare la vita con lo spirito giusto”