LA LINGUA E’ LO SPECCHIO DELL’ANIMA
Mentre scrivo una mail formale in italiano mi rendo conto di non sapere più formulare delle frasi corrette. Non so più scrivere nella mia lingua ma nemmeno in quella del paese in cui vivo perché per quanto io sia fluente, non è comunque la mia e il registro formale e scritto sono un’altra cosa rispetto all’orale.
Mi ritrovo cosi, persa in un limbo di lingue che non mi appartengono mai fino in fondo.
L’italiano, la lingua del cuore, mi appartiene nei pensieri e nelle emozioni. Il francese rappresenta la ragione, la quotidianità e mi accompagna in ogni azione anche se ci sono giorni in cui proprio non vuole uscire, si rifiuta di essere pensata e di venire in mio soccorso.
E poi c’é l’inglese, che non ha né il ruolo dell’italiano, né del francese: é un po’una ruota di scorta che entra in soccorso quando le altre due si inceppano. Ci sono momenti in cui diventa la lingua del cuore e altri in cui è gelosa e fa a pugni per diventare anche lei la lingua della ragione.
Succede poi che nei momenti sentimentali in una relazione non so più in che lingua parlare: lui non sa né capisce l’italiano, però per me è l’idioma del cuore che esce spontaneo nei momenti più emotivi. Vado con il francese ma le parole non hanno lo stesso effetto né lo stesso pathos dell’italiano. Le sento distanti, come se non mi appartenessero. Provo allora a mescolarle con l’inglese e alla fine quello che mi esce è un minestrone: nella stessa frase tre lingue diverse.
Sogghigno se ripenso alle professoresse di lingue che venerano solo la lingua che insegnano e che al minimo accento sbagliato, quasi ti bocciano. Ricordo che i miei blocchi linguistici agli albori dei miei espatri erano dovuti proprio alla paura di sbagliare che ci ha cresciuti e che non ci consentiva di fare errori, sentimento che per fortuna è scomparso. Ci sono voluti anni ma alla fine ho vinto io.
Penso a me stessa, alla mia personalità, a chi sono e a come interagisco ogni volta che parlo. Ancora non ho trovato una forma per me, forse perché non ne esiste una ma molteplici. Sono in costante evoluzione, la lingua migliora con il tempo e io con lei.
La lingua è la mia ombra, è sempre presente in me e mi segue ovunque vado.
Ci sono parole intraducibili che non rendono allo stesso modo in altri idiomi ne hanno la stessa intensità. La nostra testa non le tradurrà all’occorrenza e non saremo neanche in grado di spiegarle. Resteranno li, imbalsamate nella loro lingua adottiva, a volte si sentiranno un pesce fuor d’acqua ma noi le capiremo. Tra noi e loro non c’è bisogno di troppe spiegazioni.
E poi ci sono quelle parole importate dall’inglese, che l’italiano non traduce ma il francese sempre. E che per me restano sempre e comunque in inglese.
Non mi esprimo più in perfetto italiano, spesso non riesco a fare delle frasi sensate ma seguo il flusso di pensieri e solo cosi riesco a parlare la mia lingua. Non mi esprimo nemmeno in un perfetto francese. Straniera in Italia e anche all’estero. Non ho più una sola lingua né un solo posto da chiamare casa. Non sono più io, o forse sono quella che inconsciamente ho sempre immaginato di essere.
Chi sono
6 Commenti
E invece sei riuscita a sintetizzare la condizione di noi emigrati in maniera perfetta!!! Brava!
Ciao Tiziana,
Grazie per le tue parole. Mi fa piacere esserci riuscita!
Silvia-Lille
Bellissima riflessione. Mi ritrovo ora con gli stessi tuoi problemi di “accensione”della spia linguistica! Vivo a Bruxelles, lavoro in inglese, sopravvivo in francese e cerco di schivare i colpi del malefico fiammingo… 😉
Ciao Ilaria,
Grazie! Bruxelles è perfetta per questo switch linguistico😎
Silvia-Lille
Sembra che tu abbia scritto leggendo i miei pensieri. Ed invece è solo una situazione nella quale credo ci troviamo in molte expat.
Grazie per aver condiviso.
Ciao Ylenia,
Si decisamente siamo in tante. È una delle situazioni che accomunano gli expat.
Sono felice che tu possa aver trovato un po’ di conforto.
Un abbraccio,
Silvia-Lille 🤗