Home Cultura & Società Una lingua straniera è un superpotere

Una lingua straniera è un superpotere

di Agnese D´Alfonso
Agnese- Costa Brava

Una lingua straniera è un superpotere

Sentiamo spesso slogan sull’importanza di imparare le lingue,

ci sentiamo dire che parlarne molte aumenta le possibilità di trovare un buon lavoro, ma raramente ci fermiamo a riflettere sulle implicazioni più profonde che derivano dal parlare o meno una lingua straniera. Di fatto, parlare una lingua straniera è un superpotere!

Ho avuto la fortuna e il privilegio di nascere in una famiglia che mi ha dato molte possibilità, da questo punto di vista: a 3 anni sono stata iscritta a un asilo in cui c’era un’insegnante di inglese madrelingua e più avanti ho potuto fare delle vacanze-studio in Irlanda. Ho studiato tedesco privatamente quando ero alle elementari – per poi riprenderlo più avanti – e sicuramente questo, oltre a darmi un enorme vantaggio in termini di competenze, mi ha anche reso molto più predisposta all’apprendimento di altre lingue.

Io mentre giro per le spiagge della costa brava, con un gruppo misto spagnoli-catalani-italiani

Purtroppo, finché sono rimasta in Italia, non ho avuto grandi opportunità di utilizzare le lingue straniere

È  uno dei motivi per cui sorrido quando sento la frase “Milano è una città davvero internazionale!”…in sei anni non l’ho notato, ma bene a sapersi.

Quando mi sono trasferita in Germania,

ho iniziato a capire che parlare una lingua in modo fluente non è soltanto un ottimo vantaggio, ma è anche uno strumento di potere. Senza che ce ne rendiamo conto, le lingue possono essere usate per ribadire dei privilegi o per stabilire delle gerarchie.

Mi è successo di incontrare diverse persone anglofone, fiere di essere cosmopolite e viaggiatrici, che però parlavano solo la propria lingua

A volte si lasciavano anche scappare commenti sgradevoli sull’inglese parlato da persone di altre nazionalità. Oppure di sentirmi dire, da una persona inglese: “tu quindi parli tedesco, inglese e spagnolo? Ma come fai? Io non potrei!”. La differenza tra noi sta nel semplice fatto che io non ho scelta, la mia lingua nativa non è la lingua del mondo. Viaggiare parlando la propria lingua e semplicemente aspettandosi che gli altri capiscano e rispondano è un enorme privilegio.

Definirsi cosmopoliti, quando non ci si prende neanche la briga di imparare i nomi dei luoghi che si visitano, è pigrizia e a mio parere anche mancanza di rispetto.

Una cosa che ho notato molte volte a Berlino è la facilità con cui i tedeschi passano immediatamente all’inglese quando parlano con uno straniero.

Magari sei appena arrivato in Germania, stai cercando di praticare la lingua, ma non c’è verso, perché come mi ha rivelato una mia amica di Colonia “per un tedesco è molto più facile passare all’inglese, che parlare la propria lingua in modo semplificato”. Questo è uno dei fattori che portano molte persone a comunicare esclusivamente in inglese – insieme alla possibilità di lavorare in quest’ultima lingua. Ogni lingua ha la sua struttura e ogni persona ha la propria forma mentis, ma senza dubbio non è un atteggiamento che fa sentire molto inclusi, soprattutto quando poi dall’altro lato c’è qualcuno che, sapendo che vieni dall’Italia, ti rivela che sa parlare italiano, quando in realtà si limita a poco più che “pasta”, “pizza” e “ciao bella”.

Foto scattata a Friedrichshain

In Germania, quindi, quello che ho riscontrato dal punto di vista linguistico, almeno per quanto riguarda le persone trasferite da poco, è una certa difficoltà ad inserirsi, a sentirsi accettati.

Quando mi sono trasferita a Barcellona, invece…

ho notato un fenomeno ancora diverso. Qui la gente del posto a volte, pur sapendo benissimo che sono straniera e vivo qui da pochissimo, parla solo in catalano. Si tratta di una regione bilingue, eppure ci sono persone (non molte, ma ci sono) che preferiscono non farsi capire e mettere l’altro a disagio, piuttosto che parlare la loro seconda lingua (lo spagnolo). Io sono qui da 3 mesi e da quando sono arrivata il mio spagnolo è diventato perfettamente fluente, però voglio ancora migliorarlo. Poi studierò il catalano, perché ho scelto di vivere qui e perché voglio che questo posto sia casa mia ancora a lungo. Però ho bisogno di tempo. La mia amica Fabiola mi racconta con rabbia che, pur parlando benissimo spagnolo, si ritrova esclusa dal giro di amicizie del suo ragazzo, perché loro non ne vogliono sapere di non parlare il catalano quando c’è lei, pur sapendo che ha appena iniziato a studiarlo. In questo caso c’entra anche l’indipendenza, che è un discorso molto complesso e che io sto ancora cercando di capire.

Una delle parole che preferisco in catalano, bugaderia significa lavanderia, il posto dove si fa il bucato.

Per i commercianti di Marrakech parlare lingue straniere è senz’altro un superpotere

In Marocco ho avuto conversazioni infinite con molta gente del posto e nomadi del deserto, in varie lingue. Pur essendo un Paese arabo, comunicare è stato facilissimo. È un popolo di commercianti e artigiani e c’è un senso incredibile dell’ospitalità. Io ho parlato in inglese, tedesco e italiano con persone di ogni età. In quel caso, ero la loro fonte di guadagno, la ricca donna bianca che veniva a comprare, quindi non importava da dove venissi, loro mi avrebbero risposto nella lingua che preferivo.

Foto scattata nel souk di Marrakech

In generale si dice spesso che quando si va in un altro Paese, sta a noi adattarci e imparare la lingua. È vero. Però in realtà si tratta di una dinamica molto più complicata e con molte più implicazioni di quanto si tenda a pensare: dietro una risposta data in una lingua piuttosto che in un’altra, c’è un universo di significati.

CHI SONO

Condividi con chi vuoi

Ti potrebbe piacere

1 Commento

Solare 30/05/2022 - 11:59

Questa cosa del super potere mi piace un sacco! È proprio vero e solo dopo tanta fatica, sforzi e infinite ore di studio si riesce finalmente a trarne qualche vantaggio e divertimento. Io mi sono trasferita a Londra con un inglese buono ma non ancora fluente e la spinta per impararlo, oltre al mio allora compagno e adesso marito, è stata il fatto che volevo fare quello che fanno quasi tutti i londinesi e cioè sedersi ai tavoli di un bar la domenica mattina e riuscire a leggere tutto il quotidiano con gli inserti del weekend. Adoravo gli inserti e adoravo Londra. Adesso dopo più di 15 anni di vita all’estero e una brexit, tocca a mio marito studiare italiano e lui, come tutti gli inglesi fa una fatica pazzesca ma, ha intuito il super potere di conoscere un’altra lingua quando in Sudamerica ha iniziato a capire cosa stavano dicendo. E quindi tutti noi che parliamo un’altra lingua siamo un po’ super eroi.

Rispondi

Lascia un commento