Il portatile. La pizza. Mille pensieri nella testa. Mia figlia che vuole che vada a prenderla a scuola. I miei capelli che necessitano del tocco del parrucchiere. La scadenza imminente del testo da presentare. E, soprattutto, il blocco dello scrittore.

la pizza
Potete benissimo pensare che darmi dello scrittore sia un’esagerazione e sono pienamente d’accordo. Rimane il fatto che ho davanti a me una pagina vuota che aspetta di essere riempita e non con parole al vento.
A proposito di vento: oggi è una di quelle giornate che a Londra sono l’anticamera della primavera che tutti aspettiamo con trepidazione. C’è il sole che, timido, tenta di fare capolino e, soprattutto, il vento, quello che ti scompiglia i capelli e che allo stesso tempo sembra sospingerti ad ogni passo ad andare avanti.
Perché a Londra vai sempre avanti, anche quando ti sembra di andare indietro, anche quando non ne hai voglia.
La città è piena di gente proveniente da tutto il mondo e dal resto della nazione che si mescola alla popolazione autoctona, sempre più rara.
Tutto deve funzionare come un orologio per evitare che qualcosa si fermi: i trasporti pubblici, cruciali, che permettono a chi vive fuori di venire in città a lavorare; gli uffici pubblici che, burocrazia e lungaggini permettendo, devono servire gli utenti; gli ospedali; i dottori della mutua; le scuole; i negozi.
La città non si ferma nemmeno durante i rari, per fortuna, scioperi, soprattutto quelli dei mezzi pubblici. Pur lamentandosi, la maggior parte di noi arriva al lavoro e poi a casa, facendo mille acrobazie. Autobus sostitutivi, chilometri a piedi, taxi. I più fortunati possono lavorare da casa.
L’unico giorno in cui Londra si ferma è Natale, anche se a pensarci bene è un fermarsi relativo. Diciamo che il 25 Dicembre è l’unico giorno dell’anno in cui i mezzi pubblici sono a riposo e i negozi sono chiusi. Allo stesso tempo, c’è sempre il negozio di zona aperto ed è possibile mangiare fuori.
È una città che a me calza come un pennello.
C’è una vasta scelta di ristoranti, cinema, teatri, bar, negozi. C’è un pezzo di storia ad ogni angolo, il più evidente dei quali è Buckingham Palace; c’è il Tamigi, che divide la città tra nord e sud (north of the river; south of the river); ci sono immensi parchi verdi in quasi ogni zona. C’è lavoro, nonostante la crisi. Tutto questo è fuori dalla mia porta di casa, accessibile. Per me questo è importante: sapere che ho la libertà di scegliere, di fare.
Poi la mia vita è talmente all’esterno che, da “brava” inglese quale sono diventata, sto bene a casa mia, tra le mie quattro mura; perché dopo essere stata tutto il giorno a contatto con gli altri – i colleghi, il pubblico – ho bisogno poi del mio spazio, del mio silenzio.

il foglio scritto
In realtà il silenzio a casa mia è relativo: io con la radio accesa, mio figlio davanti alla televisione, mia figlia con la sua musica coreana (!), le chiacchiere con la mia au pair e pure con il mio gatto, che si fa sentire. Rispetto però a tutto quello che c’è fuori dalla porta di casa, questa è la mia pace.
Tante persone, anche autoctone, decidono di lasciare la città per trasferirsi in cittadine più piccole o nei “villages”, piccoli paesini; lo fanno perché sono stanche di quella che viene chiamata la “rat race”, letteralmente la corsa dei ratti.
A Londra non solo si è sempre di corsa e il tempo non basta mai, si è anche sempre in competizione: per il lavoro, la promozione, la scuola migliore dei figli, la casa nella zona migliore. E poi la città è piena di ratti e topi. Dicono che ci sia un topo ogni 6 persone e, per chi come me ne è terrorizzato, non è un bel pensiero.
Mi sembra di non avere mai tempo per me, tra lavoro, figli e scuola, gatto, burocrazia, faccende di casa. Allora rubo il tempo al sonno, in genere per finire un libro, o impegno quello sul treno per rispondere alle mail o anche solo per chiudere gli occhi.
Questa è la mia vita: sempre un po’ sottosopra e frenetica ma non ho intenzione di cambiarla.
Anche ora che la pizza è finita, sono in ritardo per andare a prendere mia figlia a scuola e probabilmente dovrò saltare il parrucchiere.
Il foglio però non è più bianco e lo scrittore ha superato il suo blocco.
Chi sono
5 Commenti
Gli articoli che scrivi sono bellissimi. Ti faccio tanti auguri. Non é facile crescere due figli da soli, anche io sono cresciuta con un genitore solo e mia madre ha dovuto fare tanti sacrifici e correre tantissino per me!
Grazie Giorgia! ciao, Elena
Tua figlia con la musica coreana?? Digli di ascoltare INFINITE!! 😀
Li conosce ma non le piacciono! 🙂
Io non so chi siano! 🙂
ciao,
Elena
ciao Elena, anche io sono mista nel senso che mia,madre e’ italiana ed il mio altro genitore e’ Americano nero ma ho solo vissuto con mia madre in Italia. Com’ e’ crescere a Londra come persone miste? come si sentono i tuoi figli Italiani o Inglesi?