Ma che cos’è una lacrima?
È una goccia che scende dolcemente o violentemente dagli occhi, è l’espressione di un’emozione, che non si riesce a trattenere.
Piangono i bambini e piangono gli adulti.
Si piange per gioia, o per dolore.
12 dicembre 2016 – 4 febbraio 2017. In questi 54 giorni ho versato lacrime per gioia infinita e per disperazione inconsolabile.
Il 12 dicembre alle ore 13.30 vedo uscire trionfante dal gate B mio papà. E allora?
E allora c’è che siamo all’aeroporto di Minneapolis, c’è che sono sei mesi che non vedo i miei genitori e che sono venuti in America per condividere, con me e Federico, la futura nascita di Lorenzo.
Sì, sono incinta: trentotto settimane. Sono quasi arrivata al traguardo.
Arriviamo nel nostro appartamento di Plymouth e, dopo mezz’ora, mia mamma è già la regina della cucina e le sue mani d’oro iniziano a preparare piatti che sanno di amore infinito e di ricordi lontani. Mio papà dispensa buoni consigli e aforismi latini.
E poi tutto ha inizio. Porto i miei genitori a visitare tutti i luoghi che frequentiamo io e Federico: supermercati, musei, parchi; organizziamo cene con gli amici per farli conoscere a Luciano e Silvana.
Facciamo anche un giro all’Ikea, come quando andavamo insieme a Padova.
E corrono lacrime di gioia e stupore.
Sto vivendo questo con i miei genitori? Mi sembra un sogno. Niente skype, niente messenger, solo noi, noi insieme, ancora. Vorrei fermare il tempo.
I giorni passano veloci, l’ultima ecografia: ci siamo. Il parto sarà a breve.
Una domanda ricorrente a mio papà: “ma me ne accorgo vero? Quando sarà il momento di andare all’ospedale?”
“Certo, figlia mia, lo saprai bene”.
E il momento arriva puntuale il 23 dicembre, esattamente la data prevista.
Si rompono le acque alle 7 del mattino, alle 9 sono già in sala parto: felice, ci siamo. A breve, penso, conosceremo Lorenzo.
Invece il tempo questa volta si ferma davvero.
All’improvviso, scorrono lacrime di dolore.
È il dolore delle contrazioni, fitte indescrivibili, che mi tolgono il fiato.
Al mio fianco, Federico. Mi stringe le mani e mi abbraccia forte, ma ci vuole una ‘lacrima’ di epidurale, quello che basta per arrivare fino alla fine.
I miei genitori entrano spesso a trovarmi, in sala parto.
Le carezze di mia mamma mi cullano come se fossi ancora bambina, gli occhi dolci di mio papà mi infondono forza e coraggio.
E arrivano le 3 del mattino del 24 dicembre. La vigilia di Natale.
Sono pronta. Federico è lì. Comincio a spingere e ridere allo stesso tempo. Gli chiedo “ma cosa mi hai fatto mangiare ieri sera? Mai più una pizza così pesante da digerire!”
L’ostetrica e il medico mi guardano increduli, il mio buon umore è contagioso e alle 3:25 nasce felice Lorenzo.
Lo abbraccio.
Guardo Federico, è raggiante e incredulo.
E scorrono a fiumi lacrime di gioia, immensa, infinita.
Non ci credo, è lui, 3025 grammi di perfezione. Lo stringo al petto: ha gli occhi aperti, il cuoricino batte all’unisono con il mio. Lo bacio, lo annuso, lo accarezzo, tasto ogni centimetro della sua pelle.
“Piccolo mio, ma come abbiamo fatto tanto tempo senza di te?”
Lorenzo è bellissimo, è un miracolo.
Federico lo prende in braccio, si guardano: è amore, è protezione, è conforto, è magia.
Dopo 15 minuti entrano mamma e papà.
E ancora lacrime di emozione e commozione.
Ci stringiamo tutti e cinque, uniti da un amore intenso e irripetibile. Il momento è magico. Unico.
Questo amore ci accompagna nei giorni che seguono. Lorenzo è il Re, adesso, il nostro conquistatore.
Ci commuoviamo ogni volta che lo guardiamo, seguiamo attentamente ogni suo movimento e tutto ruota attorno a lui.
Il bagnetto è il rito serale immancabile e la notte stiamo attentissimi ad ogni suo sussurro. Culliamo il tenero Lorenzo per farlo assopire e lo coccoliamo a dismisura quando si sveglia.
Ogni tanto ci scappa una lacrima: è troppo bello questo bambino!
E io? Sono diventata mamma ma sono ancora figlia.
Condividere tutte queste emozioni con i miei genitori è impagabile.
Ma il tempo non basta. Arriva puntuale il 4 febbraio. Giorno della loro partenza per l’Italia.
Comincio a piangere di nascosto sotto la doccia.
Poi sulla spalla di Federico e infine con mia mamma. Non ci credo, sono già passati due mesi.
Quando i miei genitori escono di casa, mi manca il fiato.
Lo stomaco si stringe.
Non è giusto.
Il mio dolore è inconsolabile.
Le lacrime scorrono sul tenero viso di Lorenzo.
Ma è ora del suo pranzo, di coccole, di cambio pannolino. Mi asciugo il viso e prendo in braccio il nostro bambino. Trattengo le mie lacrime per asciugare le sue. E come mille altre volte, mi perdo nel suo sguardo.
Gli do un sacco di baci, lo accarezzo tutto. E lui sorride felice, appagato dal cibo e da tanto amore.
Federico teneramente ci abbraccia.
E realizzo che adesso siamo una famiglia.
Siamo forti, possiamo farcela.
Scorrono ancora lacrime, ma questa volta di speranza e di gioia, perché sono mamma, moglie e figlia.
E questo miracolo sta avvenendo qui, a Minneapolis, che un po’ ci ha adottato e che ha dato i natali al nostro grande amore: Lorenzo.
Chi sono
2 Commenti
Bellissimo e commovente, mi hai fatto rivivere la nascita del mio cucciolo.
Ci sono 3 immagini indelebili nella mia memoria: la prima volta che l’ho visto, urlante, in braccio al dottore; lui nella colletta dell’Ospedale accanto al mio letto e io che penso “è il mio clone”; il primo sorriso. Sono i miei ricordi piu’ preziosi
Emozioni vive, che echeggiano con quelle vissute 14 e 9 anni fa. Bel racconto di una nascita e di un percorso appena inaugurato che ti auguro ricco, infinto, intenso come queste tue righe!