Il dubbio amletico delle mamme expat a Dubai è proprio questo: lavorare o restare a casa? Quando mi sono trasferita a Dubai la mia situazione era questa: un figlio 5enne che non parlava inglese e doveva iniziare la scuola, e una bimba di 6 mesi che non mi andava di affidare a qualcun altro. Provenivo da una situazione lavorativa molto stancante per cui avevo deciso di prendermi una pausa di circa un anno per poter “sistemare” i bambini. Poi sono arrivati la pandemia e il terzo figlio. Nel frattempo, avevo osservato e parlato con altre mamme, lavoratrici e non. Avevo avuto contatti col mondo del lavoro e mi ero informata sugli asili, le babysitter e le nanny.
Risultato: ho deciso di non riprendere a lavorare e restare a casa. Perché?
A Dubai il lavoro part-time e quello full-time quasi coincidono. Nelle ore, non nella paga. Non esistono le stesse tutele che si hanno in Italia e i giorni di malattia, ferie e maternità, sono diversi. Ovviamente dipende dai contratti, e se si tratta di un lavoro nel pubblico o nel privato. Ma la differenza non è cosi sostanziale, ed esiste il licenziamento su due piedi. Giusta causa o meno, il datore di lavoro non ha obblighi di dimostrare nulla, licenzia e basta. Non esistono sussidi statali per gli expat, il che rende il mercato del lavoro ancora più competitivo. La fila per un impiego è lunga e gli stipendi non sono alti come in passato.
E se i figli ammalano? Come fanno le mamme expat a Dubai?
Qui entrano in gioco le numerose agenzie di babysitting e nanny create apposta per sopperire alla mancanza del supporto familiare. Pagando si trova quasi tutto. Esistono agenzie che forniscono babysitter e infermiere babysitter per badare ai bambini qualche ora, alcuni giorni a settimana o regolarmente ed è possibile richiedere sempre la stessa persona se si ha una preferenza. Il costo, però, è abbastanza elevato.
Nanny: si o no?
Molte mamme, però, optano per la nanny, cioè la persona che si occupa dei bambini dalla mattina alla sera. Esistono due tipi di contratto per le nanny, live in e live out. La nanny live in è colei che va ad abitare con la famiglia stessa, occupando una camera con bagno in casa e badando ai bambini secondo gli orari e le necessità stabilite e tenendo anche gli spazi comuni in ordine. La nanny non è una maid, cioè donna delle pulizie, ma spesso negli accordi si occupa anche di quello. La live out, invece, ha una casa propria e si reca dalla famiglia negli orari stabiliti, ma non alloggia con essa.
Visto e contratto di lavoro
Per entrambe le situazioni va fornito un visto di lavoro, un contratto di assunzione, uno stipendio mensile che si aggira attorno ai 3000 aed più un extra per il cibo, e un biglietto aereo per il paese di origine una volta all’anno. Il visto può essere fatto tramite un’agenzia (tadbeer) o in maniera indipendente. In questo caso la nanny viene sponsorizzata dalla stessa persona che sponsorizza tutta la famiglia (solitamente il marito).
Non è sempre facile
Non sempre l’assunzione va a buon fine. Leggo continuamente di casi di insoddisfazione da entrambe le parti, nanny poco efficienti, madri troppo esigenti, bambini confusi, oggetti smarriti, ferie prolungate senza permesso, ecc. Esistono ovviamente expat che hanno trovato una nanny affidabile e legata ai bambini, che li accudisce come fossero i suoi ed è attenta anche alla casa. Io, però, non ci ho nemmeno provato a cercarla questa gemma rara. Il lavoro che mi avevano offerto non pagava tanto da coprire le spese dell’asilo, che per me resta il supporto più grande ed affidabile che potessi trovare lontana da casa, e non pagava tanto da sopperire alla frustrazione di non essere con i miei figli nel quotidiano.
Quindi? Lavoro da casa, guadagno poco ma sono serena
Non sono ancora pronta ad affidarli ad una sconosciuta, non sono pronta a non essere li quando si sbucciano un ginocchio o vogliono essere coccolati. Ho preferito riprendere sul serio la scrittura, che paga poco ma mi permette di essere a casa, soprattutto quando mio marito è fuori. Più sacrifici economici ma meno grattacapi nella gestione dei bambini. Non lavorare e restare a casa con loro non mi crea alcun problema, anzi, ho anche tempo per me e le attività che amo.
Si tratta di una scelta personale non discutibile perché ogni madre ha le proprie ragioni, i propri desideri e la propria situazione. Il supporto per le madri che lavorano esiste, sta a noi decidere se usufruirne o meno.
Chi sono
2 Commenti
Essere genitori non è facile – ogni tua decisione influenza enormemente la vita dei tuoi figli e,tante volte, non ci sono risposte giuste o sbagliate. Come donne abbiamo conquistato tanto negli anni, ma le aspettative rispetto a quello che siamo e quello che facciamo si sono alzate enormemente a mio parere. Non c’è nulla di male ad essere una mamma lavoratrice così come non c’è nulla di male a non esserlo. Dal mio punto di vista, una mamma felice delle sue scelte è la migliore mamma per i suoi figli.
Totalmente d’accordo con te, non c’è nulla di male. Eppure…la pressione sulle donne che scelgono di non lavorare secondo me è tanta, come se lavorare dimostrasse forza e indipendenza e stare a casa no. Sono cresciuta con l’idea di donna che lavora, fa tutto in casa e gestisce la famiglia, ha tempo per sé ed è wonder woman. Solo di recente ho capito che possono esistere altre prospettive. E come dici anche tu, l’importante è trovare un equilibrio e provare ad essere felici.