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Natale tre, due, uno: via! 

di Laura Cavalcante

Natale tre, due, uno: via!

La città si è accesa!

Passeig de Gràcia vanta luci blu e bianche, gli hotel del centro sono ricoperti d’oro e rosso, il mercato di Santa Llúcia è lì come da tradizione con i suoi oggetti natalizi di tutti i tipi, Casa Batlló illumina tutto ciò che le sta intorno.

Non sarà Vienna e non siamo ricoperti dalla neve, splende un sole caldissimo e le temperature sono miti. L’inverno non è ancora atterrato da queste parti.

Barcellona non è la tipica meta natalizia; nonostante questo, in città l’atmosfera si percepisce, specialmente nelle persone.

Ci si inizia ad organizzare per cene e pranzi d’azienda, feste in casa di amici, regali e decorazioni varie.

O meglio, io mi inizio ad organizzare per tutto questo.

Ho comprato un albero di Natale di 1 metro e 20cm.

Sono andata nei più noti negozi della città ed in ciascuno ho preso un oggetto per decorarlo.

Sul muro della sala da pranzo ho appeso un festone di grandi dimensioni con la scritta Merry Christmas, rigorosamente in rosso.

Ho comprato un cerchietto da renna, un cappello da Papá Noel, dei tovaglioli con la forma della silhouette di Babbo Natale e delle altre luci che non so ancora bene dove metterò. Ma so che le metterò.

Il risultato non è il Rockefeller Center, ma adoro tornare a casa e vedere quel piccolo polo di luce che emerge dal salone. Fosse per me lascerei le decorazioni natalizie per tutto l’anno.

Il mio calendario natalizio è più o meno completo: pranzo d’azienda, festa a casa mia in cui chi non indosserà almeno un dettaglio natalizio non varcherà l’uscio della porta (nell’invito io e Fenia, mia amica e coinquilina siamo state molto chiare sul dresscode), cena con amiche.

In realtà, poi, ho un altro appuntamento, il 20 di Dicembre con un certo aereo.

Ma ne parleremo solo alla fine di questi miei pensieri sul Natale.

Non so se sia emerso o no, ma il nocciolo della questione è: io amo il Natale. Per cui, ho deciso quest’anno di fare del mio meglio per godermelo a tutto tondo.

Ho deciso che non aspetto che mi invitino alle feste, la festa la faccio io. Non aspetto che Babbo Natale mi bussi alla porta, da Babbo Natale mi ci travesto io: compro una barba bianca ed è fatta. Se le luci di Natale non sono sufficienti in città, ne riempio il mio salone.

Credo che questa sfavillante voglia di Natale mi sia stata trasmessa da mia madre e più cresco più non diminuisce.

Questa sfavillante voglia mi fa cercare film romantici in cui c’è sempre la neve (“L’amore non va in vacanza” non ha rivali); mi fa scrivere a chi amo che li amo con una media più elevata rispetto agli altri mesi dell’anno; mi fa guardare le vetrine dei negozi e pensare a chi potrei fare quel regalo; mi fa comprare cioccolato e me ne fa mangiare in quantità esagerate. Il tutto unito al fatto che è un periodo lavorativo particolarmente intenso, fatto di più viaggi e di più stanchezza (mentale) del solito. Capite adesso la necessità del cioccolato, vero?

Quella sfavillante voglia di cui sopra, mi fa pensare anche ai desideri.

Non solo per il fatto che per tanti anni ho pensato si potessero scrivere su un foglio con destinatario un uomo barbuto residente in Lapponia, ma anche perché Natale è un momento dell’anno in cui tra le luci, se vuoi, ti puoi specchiare.

“Che luogo comune” penserete, ma è così per me.

Negli ultimi mesi non ho più tanto tempo libero, per cui è diventato complicato per me scendere dalla giostra del caos quotidiano e fare quadrato su me stessa.

Mi capita di farlo, a volte, in treno o in aereo. Ma poi mi perdo ad osservare le persone che si alzano parlando a voce troppo alta o le nuvole che scorrono, oppure a ripassare slides e discorsi nella mia testa.

Il quadrato su me stessa è un’occasione che ho a Natale, che abbiamo tutti probabilmente. È qualcosa che la nostra cultura ci consiglia di fare, o forse ci obbliga, in un certo senso.

A Natale sai quante persone ci sono nella tua vita, dipende da chi ti guarda o ti abbraccia in quel modo lì.

Da chi ti fa quella telefonata lì. Da chi ti scrive quel biglietto lì.

Evito ed ometto social network, e-mail, siti vari con tutte le intenzioni del caso; a Natale non servono a nulla emoticons, messaggi fugaci, like.

A Natale vuoi la verità.

Probabilmente non solo dagli altri ma anche da te.

A Natale vuoi anche un po’ di cose belle, cose gentili.

Per la stessa ragione, i geni del Marketing (alias “del male”) lanciano gli spot natalizi: sanno che ne abbiamo bisogno, che siamo più vulnerabili rispetto ad altri momenti dell’anno.

La pubblicità di Scandinavian Airlines mi ha commosso poche settimane fa.

A proposito di aerei… quello che mi attende mi riporta in Sicilia.

Mamma mi ha anticipato al telefono che ha già tutto pronto. 

So che arriverò e troverò un bellissimo albero, superiore al metro e 20 del mio a Barcellona, ghirlande e cioccolatini in vari angoli della casa, Michael Bublé in sottofondo e quella salsa buonissima che sa fare solo lei, che mette sul panettone.

Permettiamoci un poco di sana vulnerabilità natalizia.

Lasciamoci andare.

Tanto dura solo un mese.

Che sia un buon Natale, ovunque voi siate.

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